UN TAGLIO AL TUTTO. INCONTRO/DISCUSSIONE CON JOHN ZERZAN

anarchico americano, autore di vari saggi sulle comunità primitive e di critica della civiltà industriale, attivo in quel movimento libertario antitecnologico protagonista degli scontri di Seattle.

GIOVEDI' 23 MAGGIO ORE 20.30 TRENTO

PRESSO LA FACOLTA' DI SOCIOLOGIA Piogge acide, desertificazioni, avvelenamento dei cibi e delle acque, carestie, guerre, scontri etnici e religiosi... Il mondo dominato dalla merce e dal potere è in liquidazione. In una spirale sempre più frenetica, la perdita dell'autonomia umana si trasforma in disastri ambientali, e ogni disastro crea ancora più dipendenza. Viviamo in città opposte ai nostri bisogni, siamo ignari dl tutto quello che trangugiamo, ci spostiamo sempre più rapidamente per ritrovare ovunque gli stessi spazi anonimi e sorvegliati.

Questo modo di vivere non è riformabile con qualche governo illuminato, con qualche ridicola tassa, con controlli dal basso... Si può solo dare un taglio al tutto, per assaporare una vita libera dal denaro, dal produttivismo, dalla gerarchia.

[Testo diffuso in occasione dell'incontro]

L' ECONOMIA CI DISTRUGGE, DISTRUGGIAMO L'ECONOMIA

Attualmente le nostre vite dipendono dal successo dell'economia.

Dal momento che la nostra società è guidata dalla produzione e dal consumo di merci, siamo continuamente costretti a comprare la nostra esistenza su questo pianeta da coloro che lo controllano. Per avere di che pagarci casa, cibo, vestiti e altre necessità dobbiamo cercare un ruolo nell'interminabile processo di espansione commerciale. La produzione di massa trasforma paesaggi ed ecosistemi brulicanti di vita in piantagioni agricole omogenee, in desolate lande industriali inguardabili e cancerogene, in distese urbane socialmente distruttive. Prendiamo parte al processo non solo consumando, ma anche lavorando. Per la maggior parte di noi, il lavoro non è un'attività creativa che ci permette di esplorare i nostri interessi individuali, bensì un'autonegazione, una stressante paralisi mentale, spesso una fatica nociva compiuta solo per guadagnare un salario.

Tuttavia non ci interessa mettere in discussione l'intera desiderabilità dell'industria e del commercio, incuranti del nostro odio verso i capi, della nostra tristezza allorché siamo testimoni della conversione degli spazi aperti in quartieri residenziali, della nostra solitudine quando siamo chiusi in casa senza niente di meglio da fare che guardare la televisione, oppure dei disturbi fisici e mentali che ce ne derivano. Anche chi percepisce la negatività di un'economia in continua espansione le darà il benvenuto, perché solo lei può fornirci i lavori di cui abbiamo così disperatamente bisogno per pagare le bollette.

E se non ci fossero le bollette da pagare? Questo è stato il caso per più del 99% della storia umana. Solo di recente le società sono giunte a basarsi sulla produzione forzata di massa. Le culture indigene che sono state assimilate o distrutte dalla civiltà industriale (insieme alle poche che ancora lottano per resistere alla sua influenza) sono state contente di soddisfare i propri bisogni direttamente, cacciando, pescando, coltivando, raccogliendo e pascolando greggi.

Per loro non c'è mai stato bisogno di sfruttatori intermediari quali capi, proprietari terrieri, poliziotti, politici, sedicenti "esperti", eccetera. Lungi dal vivere una vita di fatica, hanno goduto di un'esistenza di relativo agio, lavorando raramente più di 3-4 ore al giorno. Inoltre, cercare cibo o coltivare in compagnia di persone amiche godendo del paesaggio naturale è una forma di "lavoro" molto più significativa e soddisfacente che l'attività lavorativa meccanizzata e irregimentata tipica dei nostri giorni. Sebbene per l'attuale popolazione di sei miliardi di persone non sia possibile vivere come cacciatori-raccoglitori, è stato dimostrato da alcune comunità alternative che è possibile coltivare un'esistenza autosufficiente e sostenibile attraverso mezzi differenti (permacoltura, orticoltura organica, eccetera), riducendo così il bisogno di economia industriale su vasta scala, insieme alla devastazione ecologica e ai metodi coercitivi di organizzazione che questa comporta. Sfortunatamente, per la maggior parte delle persone risulta difficile vivere in maniera autosufficiente (o imparare come fare), perché devono dedicare tempo ed energia al lavoro salariato per pagare l'affitto e l'ipoteca della casa. Anche quelli che riescono a evitare il lavoro, oggi lo possono fare solo entro i confini di un pianeta devastato a livello ecologico e in un ambiente politico autoritario. Saremo liberati dalla necessità di lavorare solo quando avremo rifiutato con forza l'obbligo di pagare per la libertà di occupare e usare le terre che ci sono state sottratte. Il mondo naturale può essere preservato e ristabilito solo quando saranno smantellati gli strumenti della produzione di massa.

Se riconosciamo che l'economia è un male non necessario, non dobbiamo solo scoprire modi creativi per sopravvivere senza di essa, ma anche distruggerla!