All’alba di una nuova guerra, dopo poco più di un anno dalla presunta fine del massacro in Afghanistan, i medesimi scenari di sterminio si ripresentano forti nella mente e agli occhi di tutti. L’Iraq sta per essere attaccato nuovamente dopo la guerra del ’91, nonostante i falsi sforzi diplomatici che saranno serviti a dare una parvenza di democraticità e civiltà a coloro che saranno protagonisti o complici di questo conflitto. Il motivo naturalmente, anche questa volta è economico. Agli Stati Uniti basterà “convincere” gli iracheni ad avere il controllo del transito del petrolio e la sua acquisizione in piena tranquillità.

D’altronde la guerra non è stata dichiarata certo in questi giorni, né lo sarà tra qualche settimana, in conseguenza dell’andamento delle borse che secondo alcuni sarà l’elemento fondamentale per determinare il suo inizio. L’economia capitalistica ha cominciato ad accaparrarsi tutte le risorse del pianeta già da molto tempo a favore di quelle poche potenze che come mostri famelici hanno proseguito la loro storia sulla medesima politica di arricchimento sfrenato e accumulazione, a scapito della popolazione mondiale restante, al contrario sempre più impoverita e depredata. Ma ciò che in realtà caratterizza, a mio parere, ogni nuovo conflitto, è che esso diventa sempre più parte della nostra vita quotidiana. Ed è per questo che ogni nuova dichiarazione di guerra non è più nei confronti degli afgani, degli iracheni, o dei coreani, ma è nei confronti di tutti noi. Queste popolazioni purtroppo hanno subito e forse subiranno bombardamenti, massacri, morte e devastazione e su di loro peserà maggiormente questa politica di dominio e distruzione del globo. Ma tutti noi continuiamo a subire ogni giorno l’attacco di chi non solo vuole appropriarsi delle risorse e utilizzare questa terra a suo uso e consumo, ma vuole anche dominare le nostre vite e le nostre menti; di chi vuole renderci esseri robotizzati, schiavi di un’esistenza fatta esclusivamente di merci. Ed è solo a questo che serve la continua propaganda mediatica, bellica ed economica.

In una vita fatta di terrore e insicurezza, certo non ci accorgeremo che coloro che vengono presentati come nemici da cui difendersi, sono solo “colpevoli” di non avere un documento. Non ci accorgeremo che essi vengono per questo rastrellati e deportati ogni giorno sotto la scusa della prevenzione al terrorismo. In una vita fatta di precarietà in cui si potrà facilmente essere sfruttati, sottopagati, ricattati, tartassati, derubati, come potremo accorgerci delle menzogne che ci vengono raccontate. Si potrà inventare e giustificare qualsiasi cosa, anche la morte di milioni di persone, troppo lontane da noi per sentire il rumore delle bombe che ne avranno dilaniato il corpo e distrutto la casa. Salvo poi chiudere la porta in faccia a chi sopravvissuto a quelle bombe, o sfuggitone cercherà, errando, un’altra possibilità di vita.

Anche il nostro tempo libero sarà troppo occupato a fare shopping la domenica o ad imparare tutte le straordinarie funzioni del nostro telefonino di ultima generazione. Mi chiedo se l’ultima generazione sia quella del telefonino o quella delle persone che lo useranno. Saremo perfettamente vinti perché non più in grado di reagire e convinti di vivere nel miglior mondo possibile, come i lavoratori della pubblicità dell’UniEuro, grosso rivenditore di elettrodomestici, che al dirigente sul palco che domanda: «Chi sta meglio di noi?», rispondono: «Nessuno!». Angosciante ed esemplificativo di ciò che il potere statale ed economico aspirano ad ottenere, sia durante le dittature dichiarate, sia durante le tanto sbandierate democrazie: la sottomissione totale degli individui; fisica e morale, consapevole e inconsapevole. Ed è per tali motivi che noi tutti siamo parte di questa guerra contro cui è ora di agire in fretta con ogni piccolo gesto.

Così come è parte integrante della nostra vita, così l’economia può essere facilmente colpita; il boicottaggio può esserne un esempio.

Per evitare di ritrovarci un giorno completamente subordinati e piegati, credendo di essere uomini liberi.

(Febbraio 2003)

 
 

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