Solo da pochi giorni, si è chiuso un processo a carico di numerosi ufficiali del regime nazista, rei di aver massacrato, sessant’anni fa, centinaia di persone a Sant’Anna di Stazzona, nei pressi di Lucca, per rappresaglia nei confronti di un paese che secondo loro era un “covo di partigiani”. Quasi contemporaneamente, gli sbirri della democrazia italiana attuavano una rappresaglia nei confronti di alcuni anarchici salentini, ed in seguito anche di altre città italiane, che secondo loro formano una “associazione sovversiva con finalità di eversione dell’ordine democratico”. I tempi non sono cambiati poi tanto: un filo rosso di continuità lega la dittatura nazi-fascista, agli Stati democratici che ad esse sono subentrati. Certo, adesso non sparano più ai familiari, ma arrestano i diretti interessati. Certo, adesso non ci strappano più le unghie dalle mani e dai piedi, ma ci infliggono la deportazione e l’isolamento. Una volta, uomini e donne venivano spesso arrestati senza neanche la certezza che fossero partigiani, ma solo perché dal loro aspetto trasandato, o da barba e capelli incolti, si supponeva che fossero nascosti sui monti. Oggi, uomini e donne non vengono rinchiusi perché hanno “commesso qualche reato”, ma perché pensano e agiscono in un certo modo e non hanno paura a dichiararsi anarchici . E’ cambiata la forma, ma la sostanza è rimasta uguale.

Le prove, oggi come allora, sono solo un aspetto secondario. Quello che conta è mettere a tacere ogni critica ed ogni dissenso. Quello che conta è mettere fuori gioco chi alza il velo sul disastro sociale in cui viviamo, e ne indica a voce alta i responsabili. Quello che conta è dare una bella lezione a chi non accetta di chinare la testa, a subire nel silenzio della rassegnazione. Tutto il resto, ieri come oggi, sono solo chiacchiere e le prove, beh se non ci sono si possono sempre inventare. “Con ogni mezzo necessario”, come hanno scritto alcuni compagni solo pochi anni fa.

A legittimare queste sporche operazioni e dar loro apparenza di realtà, poi, ci penseranno i fiancheggiatori storici delle dittature e degli Stati, promotori di quella Neolingua che bene aveva intuito Orwell -guarda caso anche questo sessant’anni fa-, secondo cui “La guerra è pace” e “La libertà è schiavitù”. Oggi possiamo aggiungere “La verità è menzogna”.

Secondo un copione già troppe volte visto-e smentito-, questi anarchici sovversivi si associano su un doppio livello: uno pubblico e legale, e l’altro clandestino e illegale. E’in questo modo che le relazioni tra compagni diventano una struttura organizzata, con capi e sottoposti, e le sedi anarchiche diventano “covi” E’ in questo modo che le riunioni redazionali di un bollettino si trasformano in “riunioni strategiche per progettare attentati su tutto il territorio nazionale”, ed i rapporti personali con compagni di altre zone divengono “collegamenti con altre associazioni sovversive”. E’ sempre così le casse di solidarietà ai detenuti si trasformano in “casse che finanziano l’organizzazione”, e che articoli apparsi sui giornali di movimento, espressione di opinioni e pensieri personali, diventano “rivendicazioni”.Ed ancora è così che le intercettazioni cambiano di significato col trascorrere del tempo-quando non vengono addirittura costruite con un “taglia e cuci” neanche ben fatto-, e che una costante attività di propaganda e diffusione delle proprie idee con volantinaggi, manifesti, giornali e manifestazioni, diviene “proselitismo”.

La realtà non è quella che è, ma quella che si vuole fare apparire.

Quello che realmente ha preso corpo nel Salento, il 12 maggio 2005, appare invece chiaro e non arriva per nulla inaspettato; dopo le dichiarazioni fatte dal Procuratore Antimafia nel corso dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, infatti, era palese che di lì a poco sarebbero stati effettuati un po’ di arresti di compagni e compagne, e così è stato. Ma non è casuale il momento in cui ciò è accaduto, e cioè proprio mentre il direttore e molti operatori e sbirri che operavano nell’ex Cpt “Regina Pacis”, stanno affrontando ben quattro diversi procedimenti penali, con accuse anche molto gravi quali violenza privata, sequestro di persona, abuso dei mezzi di correzione, ecc. Non era accettabile che questi fedeli servitori della democrazia fossero processati e addirittura arrestati, mentre i loro più acerrimi nemici continuassero ad andare in giro a smascherare le malefatte e il loro vero di questa – stavolta per davvero- “associazione a delinquere di stampo statale”. Molto meglio ribaltare la situazione: spostare l’attenzione sugli anarchici cattivi e far calare il silenzio su chi vanta importanti amicizie nelle alte sfere istituzionali, con il sottosegretario agli Interni, Alfredo Mantovano, in prima fila. Infatti, non è una coincidenza neanche che il giorno dopo gli arresti si tenesse la festa della polizia, e a Lecce intervenisse Mantovano, mentre altrove Pisanu. Un’ottima occasione per un governo ormai agonizzante: buttare fumo negli occhi di una già cieca “opinione pubblica”, cercando di recuperare consensi in vista della prossima tornata elettorale, puntando tutto su “sicurezza e repressione”. Ma ancora, non è tutto. Neanche può essere una coincidenza la presenza a Lecce, in quei giorni, di Vigna –noto persecutore di anarchici- e di agenti mascherati provenienti da Roma. Da anni ormai lo Stato cerca di sbarazzarsi degli anarchici con accuse di reati associativi, senza esserci ancora riuscito. A ben vedere, le operazioni nel Salento e poi in Sardegna, a Roma, Viterbo, Pescara e Bologna, possono far parte di un unico disegno repressivo, ma suddiviso a livello locale per poterlo meglio gestire. In tal senso sono da interpretare le acquisizioni delle ordinanze di custodia cautelare, effettuate in Sardegna e a Viterbo, da parte del P.M. salentino. Lecce rischia di diventare solo un banco di prova, un trampolino di lancio per più ampi accanimenti giudiziari, come già accaduto in passato: si parte da una piccola città di provincia, che non sa esattamente come muoversi, essendo impreparata di fronte ad accuse simili, per poi estendere ovunque i tentacoli repressivi.

I futuri sviluppi di questa inchiesta potrebbero quindi non riguardare solo una manciata di anarchici salentini, ma tutti coloro che credono sia giusto opporsi e lottare contro questo stato di cose iniquo e assassino.E’ allora compito di tutti gli amanti della libertà battersi affinché questa ennesima manovra, questo assurdo castello di carta, non si tramuti da menzogna in realtà, diventando solo una sentenza di cassazione da poter citare in futuro ad opera di altri pubblici ministeri.

Da parte mia, l’unica associazione – stavolta senza virgolette- cui mi sento di appartenere, è quella degli esclusi, degli sfruttati, quella di chi ogni giorno è espropriato della propria esistenza ed a fianco a cui sono a lottare da molti anni, con chiarezza, nelle strade, nelle piazze. Il mio essere anarchico che pone l’individuo e l’aintiautoritarismo come priorità, è una discriminante più che valida per evitare qualunque altro tipo di “associazione” che sarebbe, veramente, troppo poca cosa.

Salvatore, in isolamento, ma da tempo fuori dalla “zona grigia”.

 
 

Il sito guerrasociale.org non è più attivo da molto tempo. In queste pagine sono stati raccolti e archiviati in maniera pressoché automatica tutti i testi pubblicati. Attenzione: gli indirizzi (caselle postali, spazi occupati, centri di documentazione, email, ecc.) sono quelli riportati nella pubblicazione originale. Non se ne garantisce quindi in nessun modo l'accuratezza.