La vera vita è altrove
In occasione del prossimo referendum, due armate di esperti di ogni sorta si contendono il controllo sulla procreazione assistita. Entrambi paladini della ricerca scientifica, questi San Giorgio dalle diverse armature ma dagli stessi interessi si pongono tutti come difensori della Vita. Ma quale vita?
La legge in vigore sulla fecondazione artificiale, voluta da un ampio fronte cattolico, è un esempio di come sia impossibile applicare princìpi morali a una ricerca scientifica che, divenuta il centro della società capitalista, si impone ormai come un valore in sé. Da una parte, infatti, si sostiene che l'embrione è un soggetto di diritto al pari della madre e del padre, dall'altra si autorizza l'impianto nell'utero di tre embrioni per volta, due dei quali verranno poi distrutti. Da un lato, insomma, si dice che l'embrione è una persona (nell'evidente tentativo di arrivare ad abrogare la legge sull'aborto), dall'altro si autorizza ciò che questa stessa legge definisce come un crimine. Perché? Semplice: perché nessuno che aspiri a governare questa società può dichiararsi contrario alla procreazione artificialmente assistita, dal momento che si tratta di un gigantesco programma di ricerca e di un altrettanto gigantesco mercato.
"Piuttosto che buttare nella spazzatura gli embrioni in sovrannumero, perché non li congeliamo per la ricerca?" – chiedono con rigore filosofico i sostenitori del referendum, al fine di legalizzare la sperimentazione sulle cellule staminali e la clonazione terapeutica. Ciò che entrambi questi cavalieri del Progresso tacciono è che siamo di fronte ad un assoggettamento che trasforma il corpo umano in una semplice unità produttiva, ad un progetto di controllo sui processi vitali della specie umana – in breve, alla creazione di un essere artificiale.
Il desiderio degli uomini di superare i limiti che la natura impone loro fornisce un campo infinito per fare mercato delle loro aspirazioni. Abituati ad una catastrofe scientificamente amministrata, allevati in un mondo di merci, troviamo ormai scontato che un apparato tecnologico soddisfi il desiderio di avere dei bambini. Invece di interrogarci sulle cause reali di una sterilità sempre più diffusa, ci affidiamo religiosamente agli scienziati della vita. Invece di affrontare umanamente un problema umano – capendo che l'impossibilità di avere figli non fa di una donna un essere inferiore, come invece sostiene una martellante Propaganda insieme cattolica e scientista –, si cerca di adattare il corpo alla tecnica, il vivente alla macchina, l'organico all'inorganico. Non potendo cambiare il "migliore dei mondi possibili", si cambia la specie. In questo progresso nella sottomissione, siamo espropriati di tutto, persino delle nostre facoltà biologiche. Quanto alla nostra libertà, cosa ne rimane quando simili problemi vengono sottratti a qualsiasi dibattito sociale e riservati unicamente agli specialisti o a qualche referendum degno di un quiz televisivo?
Tra il NO del regressivo oscurantismo clericale e il SÌ del progressivo oscurantismo scientista, in gioco non è affatto il se, ma soltanto il come. L’esistenza di un processo scientifico totalitario non è oggetto di scelta. La parte riservata al cittadino-elettore, questo essere democraticamente modificato, è infatti sempre la stessa: mettere la crocetta a partita conclusa, ovvero rivendicare come diritto ciò che l’alienazione industriale ha già trasformato in fatto. Così, in queste funeste nozze tra esigenze del dominio e richiesta dei dominati, ciò che la tecnica rende possibile diventa poi desiderabile, quindi si deve fare : se sono sterile devo rimediare, se ho il ciclo durante il periodo di vacanza devo rimandarlo a tempi più opportuni, se non ho il corpo alla moda devo rimodellarlo chirurgicamente, se non faccio carriera devo individuare il gene malato e sostituirlo.
Riporre ancora fiducia in un apparato di conoscenze in serie che produce disastri in serie non assomiglia forse a una vera e propria superstizione moderna? Dopo Hiroshima, dopo Seveso, dopo Chernobyl, dopo la "mucca pazza", dopo gli OGM, dovremmo capire che in questo mondo-laboratorio abbiamo tutti il ruolo di prigionieri, di cavie, di macchine. Che l’unica scelta è quella di attaccare le basi stesse dell’addomesticamento, con i suoi apprendisti stregoni e le sue nefaste promesse.
Prima che alla nascita in provetta segua solo la morte nel carcere sociale.
alcuni nemici del migliore dei mondi
[giugno 2005]
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