L’uomo dell’anno!!!

Il Centro di Permanenza Temporanea situato a San Foca (Le) è ormai chiuso dal marzo 2005, ma i suoi gestori continuano a far parlare di sé e ancora emergono le brutalità che in esso sono state compiute. Neppure la magistratura ha potuto evidentemente chiudere gli occhi di fronte agli episodi denunciati nel corso degli anni, nonostante le amicizie di vari potenti che hanno sempre sostenuto la Curia leccese in questa attività. Così il 27 settembre scorso, l’ex direttore del Cpt “Regina Pacis”, don Cesare Lodeserto, ha subito una nuova condanna di primo grado, a cinque anni e quattro mesi con rito abbreviato. Insieme a lui sono stati condannati alcuni operatori dello stesso centro, Luca Lodeserto – nipote del prete – a tre anni e due mesi, Natalia Vieru e Armando Mara a due anni e otto mesi e 30000 euro di pena pecuniaria. Il prelato è stato condannato per sequestro di persona e abuso dei mezzi di correzione nei confronti di cinque ragazze straniere che si trovavano nel centro per un programma di protezione previsto dalla legge Turco-Napolitano, per il quale è esclusa la reclusione; per aver calunniato un ex dipendente del centro, indicato come l’autore di un furto all’interno dello stesso, a pochi giorni dalla sua testimonianza nel processo che ha visto don Cesare condannato per violenza privata nei confronti di alcuni immigrati che avevano tentato di fuggire dal “Regina Pacis”. Inoltre, il prete è stato condannato per aver cercato di costringere una ragazza a denunciare, per violenza sessuale, un medico del centro che avrebbe dovuto testimoniare nel processo già citato. Ed ancora: condanna per estorsione per aver costretto alcune ragazze ad andare a lavorare in nero in un mobilificio, dietro la minaccia che se si fossero rifiutate sarebbero rimaste recluse nel centro e sarebbero state private del documento. Altra condanna per ingiurie e minacce nei confronti di un albanese accusato ingiustamente di molestie nei confronti delle ragazze. Infine, calunnia nei confronti di un carabiniere. È stato assolto invece dall’accusa di aver trattenuto una bambina di quattro anni e di aver minacciato la madre di non fargliela più vedere se si fosse allontanata dal centro.

Altri cinque processi attendono ancora l’ex direttore; nel primo lo si accusa di aver affidato una bambina al fratello Giuseppe senza coinvolgere il Tribunale dei Minori. Sono imputati anche lo stesso fratello, e due collaboratori del centro, Luca Lodeserto e Natalia Vieru. Nel prossimo febbraio invece avrà luogo l’udienza preliminare in cui don Cesare è accusato di truffa per i fondi erogati dal Ministero delle Pari Opportunità per i progetti di recupero delle ragazze sottratte alla prostituzione. Inoltre la Cassazione deve ancora esprimersi sull’accusa di peculato per la quale finora è stato assolto. Si trovano in Appello i due processi per i quali è già stato condannato in primo grado per violenza privata e simulazione di reato.

A fronte di questo quadro la Fondazione Regina Pacis ha deciso di spostare le sue attività in Moldavia, per continuare a svolgere la sua opera di speculazione senza questi fastidiosi disguidi giudiziari. E così lo scorso 7 dicembre il benefattore Lodeserto è diventato ufficialmente missionario e trasferirà lì la sua residenza. Tra qualche tempo gli anni di galera da scontare potrebbero risultare concreti e così si potrà sempre dire che nessuno è profeta in patria, e che esiliato dalla propria terra non potrà farvi ritorno perché non è stato compreso.

Di fatto questa mossa dà l’idea di un’uscita di scena con la faccia e le mani ripulite, per tutelare quell’immagine che la Fondazione Regina Pacis si è sempre premurata di conservare. Essa ormai ha varcato le frontiere per continuare a svolgere la missione della carità, ed è proprio questo che ci fa terrore.