[Volantino diffuso all'iniziativa contro il presidio della Lega del 31 maggio 2003]

CRIMINALI, SECONDINI, O ... ?

La solidarietà, prima di ogni altra cosa, è un sentimento che nasce alla vista di ciò che ci circonda in tutto il suo orrore, che non conosce pregiudizi morali e non accetta ricatti. Non si manifesta nell’assistere con la propria partecipazione affettiva alle disgrazie altrui, non è compassione. Non è neanche l’atto caritatevole con cui si nutre per un giorno chi soffre allo scopo di nutrire per sempre la propria coscienza, non è beneficenza. La solidarietà è sì faccenda di cuore, ma non fa scorrere lacrime né pulsare il portafoglio. Non è singhiozzo soffocato o calcolo bottegaio, ma grido di collera e slancio di generosità. Chi è solidale non sa chiudere gli occhi, non li abbassa per non vedere, non si volta dall’altra parte, ma guarda, si arrabbia e interviene, perché tutto lo riguarda. E c’è un solo modo per intervenire a favore di chi si trova in difficoltà, senza ipocrisie assistenzialiste, senza opportunismi propagandistici, senza secondi fini: agendo contro chi mette in difficoltà.

Nobile gesto quando attacca il sopruso individuale, la solidarietà diventa crimine non appena attacca il sopruso istituzionale, quando cioè mette in discussione le decisioni dell’autorità. Chi critica ad alta voce, chi protesta senza accettare mediazioni, chi si oppone apertamente al volere dello Stato ed alla violenza con cui viene imposto, non è considerato un individuo solidale ma un criminale da reprimere. L’autorità, che diffonde ovunque la lebbra dell’obbedienza, non può tollerare l’individuo coi suoi burrascosi sentimenti, ma solo il cittadino a cui offre un’unica alternativa: l’applauso del consenso o il silenzio dell’indifferenza. È per questo che non ammette e non può consentire che qualcuno si ribelli di fronte ai suoi sbirri che strattonano, picchiano, arrestano, uccidono, torturano… Chi osa farlo si ritrova sospettato e indagato e la sua reazione viene perseguita e sanzionata come reato.

In questo ultimo periodo si stanno moltiplicando in tutta Italia i piccoli processi contro liberi individui che hanno scelto di non essere fedeli cittadini. Intervenendo per criticare l’operato delle forze dell’ordine, partecipando a iniziative di solidarietà coi detenuti, protestando contro le retate di persone colpevoli solo di non avere in tasca il pezzo di carta giusto… è anche così che ci si ritrova in tribunale incriminati con i più svariati capi di accusa, che aumentano via via che crescono gli abusi e le sopraffazioni degli uomini in divisa.

Per avere un’idea del delirio raggiunto dalla sistematica criminalizzazione di ogni comportamento che non sia di rassegnata accettazione dell’ordine sociale, basta pensare che dopo le infuocate giornate di luglio genovesi di due anni fa il non impedire che altri infrangano vetrine (e con esse la legge), è addirittura diventato un crimine chiamato “compartecipazione psichica”. I magistrati, ferrati in logica poliziesca, sono giunti alla conclusione che persino chi rifiuta di farsi sbirro non possa che essere anch’egli un “criminale”. Ridicole eppur pericolose capriole di chi esige sempre più persone da condannare per alimentare la propria carriera.
Ma è tutto inutile. Sia che si esprima per aiutare chi è in difficoltà di fronte all’autorità, sia che si manifesti contro chi incarcera e assassina in nome dello Stato, sia che si affianchi a chi osa dar corpo alla propria ribellione per scongiurare una esistenza arida fatta di miseria materiale e affettiva, la solidarietà non può essere eliminata. Almeno finché le lacrime non avranno preso il posto del sangue, almeno finché il portafoglio non avrà preso il posto del cuore.

E voi? Cosa scorre nelle vostre vene, cosa batte nel vostro petto?

[Volantino distribuito a Porta Palazzo - Torino, il 1° giugno 2003]

Un altro colore

Ormai non è solo più l’aria che ci manca; anche le parole, di fronte a ciò che accade, ci si inceppano nella gola. Vediamo i gendarmi che rastrellano le strade, derubano i più poveri, abusano delle prostitute, deportano centinaia di persone che hanno come unica colpa quella di non avere denaro, di essere nati in un altro Paese: e non una parola, non un gesto, non un aiuto da parte degli “onesti cittadini”, da parte degli ipocriti con la bandiera della pace appesa al balcone, dei tanti indignati della “società civile”.

I grigi, così li chiamava un “noto” sfuggito ai lager nazisti. Sono tutte quelle persone che girano gli occhi, che fanno finta di non vedere o, forse in maniera più onesta, plaudono la polizia e invocano l’esercito per le strade. E il grigio è forse il colore più indicato per definire quanto sta accadendo in questa città, per riassumere quanto è rimasto nel cuore alla maggioranza dei suoi abitanti.

Così, fra massaie terrorizzate dalla propria ombra e pensionati spioni che — con la bava alla bocca — prestano aiuto alla polizia nei suoi più turpi compiti, il quieto sopravvivere della miseria va avanti; con esso le retate, i rastrellamenti, le torture e le incarcerazioni. San Salvario e Porta Palazzo, la loro quotidianità, sono l’esempio dell’orrore totalitario a cui stiamo andando incontro.

Mentre i padroni — dagli speculatori immobiliari ai ricchi bottegai — avanzano a colpi di propaganda e manganello, la nostra vita, quella di tutti gli sfruttati, piomba in un baratro di precarietà e terrore. Non ci rimane nemmeno la solidarietà reciproca, la forza di combattere. L’abbiamo visto qualche giorno fa [26 maggio 2003] in via Galliari quando cinque anarchici hanno provato a mettersi in mezzo durante un rastrellamento, hanno cercato di far fuggire qualcuno dei malcapitati presi dalla polizia: loro sono stati arrestati, gli immigrati presi e deportati nel lager di Corso Brunelleschi.

I passanti? Ecco, loro plaudivano la polizia, inneggiavano al controllo e alla repressione, godevano sotto la forca innalzata in onore dei ricchi. È un peccato che molti di quei passanti ricchi non lo fossero nemmeno. È un peccato, per loro, che i cinque ragazzi arrestati dopo due giorni di carcere siano tornati liberi, pronti a minacciare ancora con la solidarietà il loro quieto grigiore. Già, perché è la solidarietà che fa paura, sono la complicità e la consapevolezza che da essa possono scaturire che minacciano da vicino gli interessi dei bottegai, dei politici e degli speculatori. Questo tutti i padroni lo sanno bene, la storia glielo ha insegnato a colpi di sanpietrini.

Dunque è per proteggere la sopraffazione e lo sfruttamento dalla minaccia mossa dal sentimento d’ingiustizia che tutti scendono in campo: dalla sinistra alla destra. I primi, più scaltri, mascherano il proprio progetto totalitario con grandi parole sulla pace e sui diritti umani, nel frattempo fanno a gara nel chiedere più sicurezza, più controllo — e quando ne hanno il potere nel fabbricare lager. I secondi, più beoni, invocano l’esercito e assumono poliziotti.

È in questa logica che ieri [31 maggio 2003] i militanti della Lega Nord hanno organizzato un presidio a San Salvario per protestare contro la scarcerazione degli arrestati e per chiedere ancora più retate. Ma nella strada hanno trovato solo gente disposta a fischiarli, e si sono dovuti nascondere dietro i cordoni della polizia. Intanto, anche gli infami redattori di Torino Cronaca hanno avuto la loro, ricevendo la visita di anonomi arrabbiati non più disposti a sopportare l’organo ufficiale del razzismo più becero e triviale [*].

Mettersi in mezzo durante le retate, attaccare gli strateghi e i propagandisti del terrore: è questa la solidarietà che fa paura. È questa l’arma nelle mani degli sfruttati, il preludio alla resistenza contro i progetti che i padroni hanno nei nostri quartieri come in ogni dove, l’arma che può cambiare il grigio della sopravvivenza nel nero della rivolta.

Basta con le espulsioni, i lager per clandestini, i blindati e le telecamere ovunque!

Niente polizia nei quartieri, nessun quartiere per la polizia!

Associazione contro la miopia volontaria


[] Dalla stampa. Alcuni anarchici hanno compiuto un blitz nella redazione del quotidiano locale "Torino Cronaca", al termine della manifestazione organizzata per contrastare il presidio della Lega Nord. Sono stati spaccati vetri, buttati a terra computer e schedari e fatte scritte con la vernice nera contro il quotidiano. La sede del giornale - che il sabato e la domenica è chiuso perché non va in edicola la domenica e il lunedì - si trova all'interno di uno stabile in via Principe Tommaso, insieme alle sedi di alcune società di servizi. Con uno stratagemma, tre giovani si sono fatti aprire il portone e poi sono entrati, sfondando a calci una porta a vetri, nella segreteria di redazione del giornale. Davanti ad una dipendente atterrita, i giovani hanno devastato il locale e, dopo avere fatto su una porta il simbolo dell'anarchia, una A con un cerchio intorno, sono scappati. Altre scritte contro il giornale e il suo direttore sono state fatte all'interno dell'androne e sul muro esterno dello stabile.

 
 

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