#lang it #title Le requisitorie del processo (17 febbraio - 24 maggio 2000) [[/library/guerra-sociale-condanne][Le condanne]] e la sentenza di primo grado (31 maggio 2000) 24-05-2000 - Ultimi sviluppi del processo Marini Lunedì 22 e mercoledì 24 hanno parlato rispettivamente gli avvocati Venturino e Petrucci.
Tutto lasciava presagire quindi la sentenza in tempi brevi, esperite anche le ultime fasi del processo, che lasciano alla difesa l'ultima parola.
Invece il p.m. Marini ha voluto controribattere: in pratica dopo la requisitoria del pm, le conclusioni delle parti civili e l'arringa della difesa si va alla sentenza, se le parti non intendono ribattere, in tal caso si rifà un altro giro del carrozzone.
Così è stato ieri.

Al quantomeno ridondante p.m. Marini, uno spazientito presidente della corte ha dovuto concedere il rinvio ad altra udienza, fissata per il 31 c.m., ammonendolo di non prendersi però più di un quarto d'ora.

Si vedrà.

Per ora poco da dire: nonostante tutto il clima è disteso e si aspetta la sentenza.
È appena il caso di ribadire che alla infondatezza delle accuse il magistrato cerca di riparare con la tracimazione incontenibile di vuota oratoria, già eccessiva persino per il collegio giudicante alle scorse udienze, adesso teoricamente un autogol per lo stesso Marini ...

Ma ci sono sempre i collaboratori di giustizia, imboccati dal suggeritore, come a teatro.
Aspettiamo la fine della farsa. 18-05-2000 Si è svolta a Roma un'altra udienza del processo Marini, la terza delle 5. Ha parlato l'avvocato Crisci che difende Emma Sassosi, Antonio Gizzo e Rose Anne Scrocco.

È partito facendo una discussione sull'associazione sovversiva, reato introdotto in epoca fascista e che prevede l'incarcerazione anche per chi dice semplicemente che vuole abbattere lo Stato.

Poi ha fatto una panoramica su come sono state costruite le prove in questo processo, evidenziando alcune contraddizioni dei collaboratori: Mojdeh Namsetchi e la famiglia Sforza. Ha ricordato scherzosamente come il pm abbia detto che gli anarchici hanno nel dna la propensione alle rapine; ha evidenziato poi le contraddizioni del reato di "strage" di cui è accusata la Scrocco, dicendo in pratica che il furto dell'auto usata per l'autobomba scoppiata al Prenestino e avvenuto il 23 luglio serviva a tendere un'imboscata alle forze dell'ordine in seguito alla morte di alcuni sequestratori di Belardinelli, avvenuta sulla bretella dell'autostrada; il furto era avvenuto il 23 luglio, la strage dei sequestratori una settimana dopo, per cui - secondo l'avvocato - non sussiste la motivazione del reato di strage. Ha poi operato una distinzione fra indizio e prova per quanto riguarda le rivelazioni dei collaboratori, che sono basate sul sentito dire e mai sulla partecipazione diretta al fatto: dichiarazioni di Antonio Sforza.

Anche qui contraddizioni: la descrizione della fuga dei rapinatori a Pescara fatta da testimoni oculari contrasta con quella dello stesso Sforza. L'avvocato si è soffermato sulla sentenza dei giudici di Trento per la doppia rapina avvenuta lì in zona, sentenza basata interamente sulle dichiarazioni della Namsetchi.

Ha fatto esempi concreti di montature di processi da parte dei carabinieri. In sintesi il metodo Riccio. Poi ha parlato dell'informativa dei Ros, recapitata a radio blackout e a radio onda rossa, parlando di "disonestà" del pm che delegò ai carabinieri le indagini circa la veridicità del documento Ros.

Infine l'avvocato ha concluso chiedendo l'assoluzione per tutti, ricordando che la Scrocco, già condannata a 30 anni per il sequestro Silocchi, sulla base delle sole dichiarazioni di Antonio Sforza ora rischia nuovamente l'ergastolo per reato di strage e 30 anni per la rapina di Pescara.

Lunedì 22 parleranno gli avvocati della difesa Venturino e Aricò e mercoledì 24 - sempre per la difesa - l'avvocato Petrucci. 13-04-2000 - Parla la difesa nel processo Marini Il processo è oggi proseguito con ulteriori interventi della difesa:hanno parlato due avvocati per singole persone, uno per un imputato marginalmente coinvolto nell’inchiesta e l’altro, l’avvocato Menzio, che ha evidenziato il caso della sua assistita, inserita nel processo con il metodo sintomatico di tutta l’inchiesta: anarchica da anni, nota per l’appoggio, la solidarietà e la presenza militante nel corso di decenni, compare tra gli imputati solo in quanto -nonostante incongruenze assolutamente inaccettabili- citata dalla ‘pentita’ come una delle persone con le quali avrebbe... cenato. Tanto vale, ha ribadito il suo difensore, per farne l’appartenente ad una organizzazione.

L’intervento dell’avvocato Di Maggio è stato senz’altro uno dei più incisivi e pesanti che si siano sentiti, assieme a quello dell’avvocato Calia, in questo dibattimento: ha iniziato difendendo la sua assistita dalle accuse di reati specifici (due rapine e la strage) attaccando l’accusa basata solo sulle testimonianze di uno degli Sforza (la famiglia di collaboratori di giustizia), testimonianze in evidente contraddizione con quelle rese ad esempio dai testimoni di una delle rapine, in contrasto con particolari materiali assolutamente verificabili, incredibili anche per senso logico, e giudiziario, tant’è che contrastano persino con quello delle sentenze già emesse per simili eventi da altre corti.

La Di Maggio ha quindi iniziato a evidenziare la stranezza dell’atteggiamento del pm Marini e degli inquirenti chiedendosi se quella dei "pentiti" sia stata solo compiacenza verso l’ipotesi accusatoria e in quel caso perché il pm non abbia rilevato tante e tali discordanze.

Citando anche lo zelo col quale il pm stesso si sia dato da fare per comparire sabato scorso dinanzi alle telecamere per ribadire il suo teorema accusatorio, ha insistito sul fatto che tutte le testimonianze rese di fronte alla corte fossero da verificare nei fatti, anche quelle rese dagli ufficiali inquirenti dell’Arma e del ROS (il maggiore Pagliccia in particolare) che altro non hanno fatto che ribadire tesi e supposizioni dell’accusa senza fornirne il minimo supporto probatorio. Ha quindi puntato il dito direttamente sull’accusa, ricordando, verbali alla mano, mostrando come sovente con i collaboratori di giustizia si sia insistito per avere nomi, nomi da citare e basta nonostante le reiterate negazioni degli stessi, come non siano state citati in aula particolari e indagini di senso opposto al teorema giudiziario, di come si siano taciute anche delle sentenze che contrastavano apertamente con la tanto declamata credibilità dei "pentiti".

Concludendo l’avvocato Di Maggio ha apertamente parlato di fraudolenza dell’accusa nella strutturazione non solo dell’inchiesta, ma anche nella conduzione del procedimento in aula volto canonicamente a dimostrare le accuse "al di là di ogni ragionevole dubbio" e ha ulteriormente ribadito il carattere fortemente antianarchico di questo processo che si è basato sulla aperta ed evidente ostilità degli imputati alle istituzioni, caratteristica non ancora punibile giuridicamente se non nel momento in cui non vengono provati specifici episodi criminosi.

Ha quindi chiesto l’assoluzione per tutti i suoi assistiti. Le udienze riprenderanno in queste date:
17, 18, 19, 22 e 24 maggio 2000

Durante la mattinata si è svolto in Piazza di Spagna, sotto l’ambasciata spagnola presso il Vaticano, un presidio non autorizzato di protesta in solidarietà con i detenuti del FIES (regime carcerario speciale) in lotta. 11-04-2000 - Processo Marini: aggiornamento L'intervento della difesa è proseguito con l'intervento di tre avvocati tra i quali l'avvocato Pisauro che ha tecnicamente attaccato la formulazione delle accuse relative ai reati associativi contestando la alternanza possibile delle accuse variabili dalla costituzione alla partecipazione a banda armata (o associazione sovversiva) e ha chiesto quindi l'assoluzione dei suoi assistiti e successivamente l'avvocato Mattei che, avendo già difeso alcuni degli imputati di rapina a Trento ha nuovamente intaccato la credibilità della cosiddetta "pentita" Mojdeh Namsetchi illustrando le numerose incongruità delle sue testimonianze sulle rapine, sui particolari tecnici generali e specifici.
Ha citato infine la Corte di Cassazione secondo la quale la credibilità non dipende solo dalla chiamata di correo, ma deve essere verificata personalmente, fatto a suo avviso non rilevabile nelle testimonianze dirette della Namsetchi. Anche lui ha chiesto l'assoluzione dei suoi assistiti.

Per impegni della Corte l'udienza del 12 aprile (oggi) non si è tenuta, quindi il processo riprenderà giovedì 13 aprile.

Da segnalare l'intervento televisivo del pm Marini che, apprendo in una lunga intervista sulle reti Mediaset nei giorni scorsi, ha praticamente ripetuto (sintetizzando) la sua requisitoria su questa famigerata banda di anarchici sanguinari dedita alle più svariate attività criminali; per l'occasione Marini si è fatto concedere l'uso dell'aula bunker per le riprese.

In questi giorni a Roma ci sono state diverse iniziative interne alla tre giorni "Prendiamo aria": ieri ci sono stati diversi volantinaggi con blocchi volanti del traffico e oggi pomeriggio si è tenuta presso l'Università di Roma un dibattito sul tema della repressione molto partecipato soprattutto per l'eterogeneità delle situazioni e delle persone presenti. Le iniziative continueranno domani con un'iniziativa sui prigionieri in lotta dei moduli FIES in Spagna. 09-03-2000 - Avvocato Calia chiede assoluzione per tutti i suoi assistiti Oggi è ripresa l'udienza per permettere al primo avvocato della difesa di proseguire la sua requisitoria; l'avvocato C. Calia ha esaminato la posizione dei suoi 13 assistiti operando nel contempo una sistematica destrutturazione e delegittimazione dei collaboratori di giustizia. Indicate le prossime scadenze delle udienze (aprile).

Difendendo i suoi imputati l'avvocato Calia non ha potuto fare a meno di riesaminare la credibilità degli accusatori generali di questo processo. ha quindi parlato della Namsetchi e di come indichi nell'oggetto del sostentamento tramite le rapine delle non meglio indicate tipografie (una in Sardegna e una in Sicilia) in fallimento o in gravi condizioni economiche (quando si parla parallelamente di rapine da 700 milioni); la Namsetchi parla di giornali da finanziare (clandestini secondo CC e pm, in realtà in pubblica vendita e distribuzione, Gas, Anarchismo e Canenero) quando quello specifico di cui parla (Canenero) iniziò ad uscire dopo il suo "pentimento".

In questo caso sia il direttore responsabile del settimanale che due dei redattori nella cui casa veniva stampata la rivista sono stati inquisiti senza alcuna prova: sono anarchici e tanto basta. Non c'è né prova diretta né testimonianza diretta su alcun presunto crimine da parte loro. Così pure per altri imputati che sono stati chiamati in causa dalla Namsetchi solo in risposta affermativa a domande del pm tipo "Conosceva Tizio?". Vengono inclusi nell'accusa di banda armata quindi familiari dei detenuti, persone che la N. ritiene colpevoli di eventi peraltro mai avvenuti a causa di domande banali (accusa alcuni di attentati alla Standa perchè altri gli hanno chiesto dov'era la filiale più vicina).

La "sudditanza psicologica" dei testi dell'accusa raggiunge qui il suo parossismo nella volontà di "favorire", per dirla all'acqua di rose, l'impianto accusatorio degli inquirenti.

Per gli imputati di reati specifici (per quelli di reati associativi il legame organico risulta essere alla fine qualsiasi tipo di frequentazione, conoscenza o amicizia) sia le deposizioni della Namsetchi che quelle dei membri della famiglia Sforza.

La N. chiama in causa per le rapine di Trento persone come conviventi o conoscenti degli arrestati il tutto per "sentito dire" o tramite supposte confidenze del suo compagno.
In realtà continua a non riferire alcun particolare sulle rapine o su altri eventi criminosi, anche rispetto allo stesso cui sarebbe stata protagonista. Confonde nomi e supposti "nomi di battaglia" solo per giustificare la propria confusione rispetto a persone mai viste ma "nominategli". E ancora, la frequentazione dei procedimenti penali da parte dia chicchessia si trasforma in appartenenza alla "banda", i presunti bottini della banda si moltiplicano o dividono a seconda delle esigenze accusatorie, i contatti tra anarchici detenuti (anche dopo il suo "pentimento"), i gestori nominativi delle casse e comitati di solidarietà divengono prova di strutturazione organica, e soprattutto vengono citati diversi episodi criminosi senza che si sia trovato il benché minimo riscontro da parte degli inquirenti né in questo né in altri procedenti.

Tutte le accuse in merito all'appartenenza all'associazione, alla "banda" e relative alle rapine, ai sequestri provengono, oltre che dalla Namsetchi, dai membri della famiglia Sforza: vengono indicate come correi di rapina persone mai viste né direttamente sentite nominare ma indicate tramite supposti soprannomi che mai hanno trovato riscontro. Gli eventi cui fanno riferimento gli Sforza sono raccontate in modo da non trovare alcun riscontro nella realtà dei fatti come verificati sia dagli inquirenti sia dai testimoni oculari. Viene sottolineato dalla difesa come gli Sforza si siano sempre attenuti ad una linea di comportamento che implicava la loro testimonianza come prova decisiva per la condanna nei confronti di altre persone ma nello stesso tempo li scagionava sempre da serie conseguenze penali in virtù della loro collaborazione.

In generale la linea che ne consegue indica che l'inchiesta nel suo insieme, spogliata dai suoi episodi specifici, molti dei quali non in oggetto del presente procedimento, si regge esclusivamente sulle testimonianze di persone psicologicamente duttili, ricattabili, facilmente assoggettabili comunque alle volontà di chi possa condurre un'inchiesta in cui gli imputati possano essere coinvolti con semplici citazioni - basta che siano anarchici.

L'avvocato Calia ha coerentemente chiesto l'assoluzione per tutti i suoi assistiti.

Le udienze proseguiranno con gli interventi della difesa i giorni 11, 12, 13 aprile 2000, sempre nell'aula bunker del Foro Italico di Roma alle ore 9.00. Il pubblico può assistere. Domani alle ore 18.30 nello spazio liberato di Torremaura è stata convocata un'assemblea cittadina per discutere del processo.

Per avere notizie sul processo si può anche fare riferimento a Radio Onda Rossa di Roma (06-491.750) e Radio Black Out di Torino (011-58.06.888) 07-03-2000 - Primo intervento della difesa Fine della requisitoria dell'accusa; il primo intervento della difesa (avvocato Calia) contro l'affidabilità dei collaboratori di giustizia.

L'accusa ha stamane terminato ribadendo la qualifica delle accuse dei reati associativi in quanto provati in tutti i termini giuridici: per la banda armata è sufficiente provare la disponibilità delle armi per i membri, non il possesso. Tra il delitto di banda armata e quello di associazione sovversiva c'è un rapporto strumentale di mezzo e fine: l'uno è lo strumento per realizzare l'eversione dell'ordine democratico con la violenza. L'accusa di parte civile ha chiesto un risarcimento di 5 miliardi più le spese processuali ma non si costituirà parte civile contro i collaboratori di giustizia.

La difesa, nella persona dell'avvocato Caterina Calia ha quindi iniziato inquadrando la vicenda nei suoi termini generali, cioè le accuse sui reati associativi. Suddetti reati, ha evidenziato, sono corroborati esclusivamente da prove indiziarie, basate esclusivamente sulle confidenze della "pentita" Mojdeh Namsetchi e sulle dichiarazioni dei membri della famiglia Sforza.

è costei che qualche tempo dopo l'arresto di 5 rapinatori nei pressi di Trento si presenta all'autorità giudiziaria accusandosi di aver compiuto un'altra doppia rapina nella zona assieme ai 5 (tra i quali l'uomo con cui stava all'epoca) e ad altre persone che in seguito alla sua denuncia saranno poi condannate. Ma già al processo di Trento la sua deposizione sulle modalità della rapina appaiono poco credibili (un opuscolo dal titolo "Con ogni mezzo necessario", stampato in decine di migliaia di copie ne riporta ampi stralci), non ricorda particolari assolutamente fondamentali della sua prima e unica rapina, nemmeno viene riconosciuta dai testimoni: l'unica cosa che ricorda sono i nomi di coloro che avrebbero partecipato e collaborato alla rapina. Ma c'è di più, ovviamente: costoro sono tutti anarchici e farebbero parte di un gruppo che, suddiviso in varie sezioni, compirebbe rapine e sequestri per finanziare la propria attività sovversiva di attentati, sabotaggi, etc.

Tra l'altro queste informazioni vengono da lei riportate come confidenze della persona con la quale aveva un rapporto sentimentale, nemmeno da lei direttamente udite, anche se parla di riunioni in Centri Sociali dove si progettavano vari atti criminosi. Dice di aver visto recandosi in case di anarchici persone come la rapita (e scomparsa) Mirella Silocchi, parla di armi che avrebbe visto moltiplicando l'esito di un unico ritrovamento a proposito. Da ogni e qualsiasi rapporto di amicizia evince vincoli di natura strutturale di questa strana banda di cui non sa indicare nemmeno l'orientamento politico (Fascisti? Comunisti? Anarchici? - "Non saprei"). Addirittura arriva ad incolpare i membri della "banda" di reati come degli omicidi senza saper spiegare come sia arrivata a simili conclusioni; ad es. incolpa un'anarchica milanese dell'omicidio di un poliziotto a Milano: in realtà si tratta di un caso di omonimia (l'accusata, facente parte di una famiglia mafiosa -e comunque poi assolta- aveva lo stesso cognome).
Chissà da chi aveva avuto l'informazione di questo delitto.

Le uniche cose precise che ricorda sono i nomi. Le case diventano covi, così come non meglio precisati Centri Sociali (in realtà ne ha visto solo uno, il Clinamen di Rovereto, nella città dove era recluso il suo uomo). Ammette di non aver mai fatto parte della banda, e quindi il suo pentimento non deriva da rimostranze ideologiche ma solo dal fatto di aver preso parte ad una rapina - della quale, come collaboratrice di giustizia, sarà quindi assolta.

La difesa - sempre nell'ottica di mettere in risalto la scarsa credibilità della teste - ha quindi ripresentato la famosa "Informativa dei ROS" arrivata per posta anonimamente a Radio Black Out di Torino (e successivamente a Radio Onda Rossa di Roma) e quindi presentata dai difensori durante il processo: nell'informativa i CC parlano di come, non avendo dato nessun esito positivo le indagini su anni e anni di attentati in Italia (si calcolano circa 2000 attentati) da parte degli anarchici nel tentativo di riunificare il tutto addossandolo ad un solo gruppo omogeneo, si intravede, dopo l'arresto dei rapinatori a Trento, la possibilità di operare sulla giovane Namsetchi, definita eufemisticamente "personaggio duttile", "economicamente in difficoltà" e quindi "certamente disponibile". La difesa ha dato quindi lettura di qualche passo del documento, attaccando l'accusa che lo aveva dato per falso dopo aver affidato le indagini sulla veridicità del documento ai CC stessi e ribadendo comunque che alla luce delle testimonianze della Namsetchi, che anche di fronte alla corte di questo procedimento aveva mostrato le stesse lacune, il contenuto di questa "Informativa" è più che credibile.

Definito dallo stesso pm Marini il "battesimo dell'attuale procedimento", il processo di Trento, che aveva secondo lui sancito la credibilità della Namsetchi, aveva però scritto nella motivazione che l'appartenenza della N. all'organizzazione non era affatto provata. Inoltre, evento ben più rilevante per comprendere fino a che punto si sia spinta quella Corte nell'appoggiare la (nascente?) inchiesta, si scrisse che il fatto che la N. incredibilmente non rammentasse molti particolari determinanti era la riprova che nessun teorema o complotto per motivi politici fosse stato ordito contro gli anarchici che venivano quindi giudicati come semplici rapinatori (il ragionamento è degno dell'Inquisizione: se non ricorda è perché non è stata "istruita" da nessuno, se l'avesse fatto sarebbe stata credibile tout court).

La difesa ha proseguito analizzando la personalità degli Sforza e le loro testimonianze. Cercare di riportare qui le tali e tante discrepanze, o meglio, menzogne messe in evidenza sarebbe impossibile per brevità. Nomi di battaglia ingiustificati (gli Sforza accusano gente che frequentava casa loro), date improbabili, persone viste in case / covi che invece erano in carcere, e soprattutto cose "sentite dire", risposte monosillabiche a domande imbeccate dalla A alla Z dall'accusa, contraddizioni con le precedenti dichiarazioni... Gli Sforza furono già al centro del processo Silocchi: con la loro testimonianza (assieme a quella di un altro "pentito" che non ha mai confermato le proprie dichiarazioni e che non sono mai state verbalizzate ma riportate da personale della polizia) è stata emessa la pesantissima condanna che ha colpito anche alcuni dei presenti imputati, nonostante alcune precedenti assoluzioni e annullamenti di condanna (sul processo Silocchi ci sarebbe da scrivere per ore: la difesa ha solo e brevemente ricordato il comportamento quanto meno "anomalo" della polizia in quella inchiesta).

C'è da dire che gli Sforza sono elementi estremamente ricattabili, appartenenti alla cosiddetta "criminalità comune", quindi la difesa ha anche fatto notare come fosse estremamente difficile che una banda organizzata per sovvertire l'ordine democratico con la violenza tramite un disegno insurrezionale non provvedesse al reperimento delle armi autonomamente ma si affidasse a criminali di piccolo cabotaggio. Anche il numero delle armi trovate nella cantina di Via C. Colombo a Roma fa pensare più ad un normale arsenale di rapinatori che a quello di una banda di 54 persone (molte di più a sentire Marini).

La difesa ha quindi concluso questa parte generale mostrando come i reati associativi non siano stati assolutamente stati provati se si escludono quindi queste evidenti testimonianze falsate o false del tutto e se non si considerano prove della sussistenza di un rapporto organico criminale i giornali citati (Anarchismo, Canenero, Gas) peraltro in pubblica vendita, le usuali frequentazioni e i vincoli di amicizia, la appartenenza a un'area politica definita qui come "anarchica insurrezionalista".

Il resto degli eventi citati dall'accusa sono già stati oggetto di precedenti procedimenti giudiziari contro persone precise, molti dei quali già passati in giudicato e scontati.

La difesa ha quindi iniziato le richieste specifiche per i propri imputati ma l'udienza è stata interrotta verso le 16.

Per dare modo almeno all'avvocato Calia di terminare le richieste per i suoi assistiti ci sarà una breve udienza giovedì 8 alle ore 11, sempre nell'aula bunker del Foro Italico di Roma, quindi, per impegni precedentemente fissati della Corte, le udienze riprenderanno con ogni probabilità nell'aprile di quest'anno.

Ricordiamo che alle udienze il pubblico può assistere. Nei prossimi giorni si terrà a Roma un'assemblea pubblica (faremo sapere tempestivamente data ora e luogo).

Per avere notizie sul processo si può anche fare riferimento a Radio Onda Rossa di Roma (06-491.750) e Radio Black Out di Torino (011-58.06.888) 03-04-2000 - Parla l'avvocato dello Stato Stamane sabato 4 marzo ha preso la parola l'avvocato dello Stato che si è costituito parte civile contro gli imputati.

L'accusa ha praticamente ripercorso l'accusa generale del pm Marini, attenendosi alle accuse più generali contro gli imputati, quelle associative. Ha intanto ribadito il carattere non politico del processo, dicendo ovviamente che non è un processo alle idee anarchiche (questione che vedremo poi a fine processo come sia assolutamente falsa, stando anche alle dichiarazioni stesse dell'accusa) ma che è la semplice applicazione del codice penale democratico, che ha allargato l'articolo (dell'era fascista) contro le associazioni socialiste e anarchiche a quelle eversive contro i poteri dello Stato. Ha così disquisito a lungo sulla bontà dello Stato attuale e sulla sua permissività in materia di tolleranza dell'opposizione politica eccetto quella che si propone il sovvertimento dello stesso con metodi violenti.

C'è anche spazio per un volo pindarico riguardante l'ordine democratico definito "non sacrale" come ai tempi di re ed imperatori, un potere "non rigido ma al servizio della nazione", che può tollerare quindi qualsiasi cosa resti nell'ambito della dialettica.

Le altre questioni fondamentali che sono state toccate sono state quelle del "capo" della banda, che secondo l'accusa, a differenza delle organizzazioni armate di stampo marxista-leninista, può non porsi nel caso di gruppi anarchici; viene però riconosciuto ad A. Bonanno un ruolo particolare per la sua "posizione predominante" escludendo qualsiasi struttura verticistica per gli anarchici, a differenza delle organizzazioni di cui sopra.

Per B. si parla quindi di "autorevolezza", di "punto di riferimento", di "personalità carismatica" e si citano delle lettere in cui allo stesso si chiedono pareri e consigli su questioni teoriche (per l'accusa quindi non è necessario dimostrare che la banda si fondasse su una strutturazione gerarchica).

Teoriche e non solo, continua l'accusa, dato che lo stesso Bonanno, come da lui predicato, come da prassi autenticamente anarchica e rivoluzionaria, non può disgiungere la teoria dalla pratica, come si evince dal suo arresto a Bergamo durante una rapina. L'accusa ribadisce questo punto più volte, rifacendosi ancora una volta alle tesi esposte in svariate pubblicazioni anarchiche dell'area definita "insurrezionalista" e soprattutto al *Manuale dell'anarchico esplosivista*.

Per coloro che condividono le idee espresse in questi testi (cita ancora parte dell'introduzione del Manuale in cui si criticano i cosiddetti rivoluzionari da salotto) non si può contrapporre teoria e prassi, per cui è automatico il passaggio superiore che prevede la disponibilità delle armi per passare all'azione, armi che devono essere nella disponibilità di tutti i membri della banda.

Come aveva già anticipato Marini, anche la questione del nome della banda sembra essere superfluo. Presentata inizialmente come ORAI (sigla comparsa in una lettera dell'estate scorsa di minacce al medico del carcere delle Vallette di Torino presentata da Marini solo nelle ultime udienze), associata a numerose altre (ARC , AR, MRA, etc), questa banda secondo l'accusa che sembra trovare perfettamente logiche tutte le prassi anarchiche purché si adattino all'applicazione del codice penale, non ha nome, o può averne diversi, non importa.

L'accusa ha poi ripercorso a grandi linee alcuni degli episodi criminosi più eclatanti di quelli contestati agli imputati, ha parlato ancora della corrispondenza tra i detenuti e gli anarchici fuori per dimostrare l'organicità dei rapporti nei progetti di autofinanziamento.

In sostanza si sono sentite, sebbene più sinteticamente- le stesse tesi esposte da Marini. L'accusa doveva concludere in un'ora. La seduta è stata sospesa verso l'una quando ancora non aveva finito.

Per oggi era previsto il primo intervento della difesa (avvocato Calia) che ovviamente non ha neppure iniziato.

A questo punto ci si aspetta che lunedì finisca l'accusa (tra l'altro l'udienza comincerà un'ora dopo perché prima si svolge un altro procedimento) perché la difesa almeno inizi; ricordiamo che dovranno parlare diversi avvocati che, anche se si sono coordinati minimamente per non ripetersi - dovranno avere qualche giorno a disposizione. Il calendario dell'udienza sarà quindi protratto ben oltre martedì 7 marzo, ma lo sapremo solo allora.

La prossima udienza sarà quindi alle ore 10 di mart. 7 marzo sempre nell'aula bunker del Foro Italico di Roma.

Ricordiamo che il pubblico può assistere. 23-02-2000 - Requisitoria conclusa: chieste le pene per il processo Marini La requisitoria dell’accusa è finalmente terminata e con essa abbiamo la richiesta delle pene. Marini ha prima concluso la requisitoria parlando dell’attentato a Milano, poi ha parlato delle attività generali dell’organizzazione, della sua personalità politica, della pericolosità delle idee anarchiche (di ‘questi anarchici’), quindi la lista delle pene richieste.

La documentazione reperita nelle perquisizioni dimostra, secondo l’accusa, come fosse intenzione dell’organizzazione compiere attentati: l’esempio lampante è il ritrovamento in numerose copie del "Manuale dell’anarchico esplosivista", della cui introduzione è stata data ampia lettura ("...la distruzione è in cima ai pensieri degli anarchici...") A completare il quadro della trama eversiva spicca la falsificazione della casa editrice e del luogo di stampa (inesistenti), elemento comune a molti degli altri reperti sequestrati in cui si ravvisa la virulenza sovversiva (i manifesti contro Marini in tutta Italia, quelli contro Vigna, il dossier sul processo di Trento...). Inoltre ricorda altro materiale sequestrato.

Marini descrive anche -a dimostrazione della pericolosità evolutiva del pensiero anarchico di questa banda - le polemiche e gli attacchi alla FAI, brani della deposizione di A. Bonanno ("...noi non vogliamo cambiare lo Stato, lo vogliamo abbattere..." come riassume Marini). Continua il p.m. dicendo che "queste persone non facevano chiacchere, noi abbiamo riscontrato l’utilizzo delle indicazioni del suddetto manuale negli attentati alla caserma dell’Aereonautica a Roma e alla caserma dell’Euroforce a Firenze, rivendicati da lettere scritte a normografo e inviate a Radio Popolare come è stato fatto a Milano per l’attentato a Palazzo Marini (e cita l’anarchica Patrizia Cadeddu che è stata condannata a 5 anni e rotti per aver recapitato la lettera).

Ricorda ancora la dichiarazione in aula letta da Stasi e Garagin in cui annunciano di appartenere ad una organizzazione armata anarchica e poi si lancia in un volo pindarico collegando ideologicamente gli imputati agli altri estremisti da lui processati (processo del 7 aprile) che fanaticamente interpretavano i sogni degli altri e intanto uccidevano (ricorda Guido Rossa, il caso Moro). Lamenta il rifiuto ideologico di "questi anarchici" ad accettare il metodo democratico del dialogo, del sindacalismo, del sociale; ricorda la stagione "che ci ha fatto piangere", quella degli anni '70, evocata a posta per recitare una retoricissima speranza affinché non vi siano altri pronti "a recepire questi inviti di morte".

Poi si entra nel vivo, nel cuore del processo: Marini spiega come abbia proceduto a elaborare l’inchiesta dividendo appunto gli imputati in due blocchi, quello delle attività palesi apparentemente legali e quello delle attività clandestine (naturalmente ha subito aggiunto che nessuno poteva garantire che gli appartenenti al primo non avessero mai fatto nulla attinente alle attività clandestine, anzi). Questo è il cuore dell’inchiesta, del processo, perché l’accusa spiega in termini evidentissimi cosa si intenda per attività sovversive, come si può essere indagati per associazione sovversiva.

Inizia facendo il mea culpa per non aver insistito nel produrre prove per indagare Silvano e Baleno ("forse ora non sarebbe finito così..."). No comment.

Il teorema: associazione sovversiva, banda armata sono reati permanenti, tuttora esistenti. Lamenta la scarcerazione degli arrestati per vizi procedurali, altro elemento che a suo vedere concorre alla costante attuale attività della banda, e comunque ha dichiarato che anche in carcere gli imputati hanno continuato le loro attività sovversive, hanno evidenziato il permanere del vincolo associativo: prova ne sia la vasta corrispondenza intercorsa tra loro e i membri rimasti liberi (legge brani di varie lettere, molte delle quali assolutamente inesistenti).

In questa banda non ci sono capi, non c’è bisogno di dimostrare l’esistenza di capi, dirigenti, solo ispiratori, non ci si può far bloccare dalla formulazione legale del codice penale. Di fatto ci si trova davanti una progressione criminale: il gruppo inizialmente si delinea ideologicamente attorno all’idea dell’abbattimento delle istituzioni (ass. sovversiva), quindi si evolve eseguendo atti violenti volti per sovvertire l’ordine costituito ("..anche contro di voi, signori giurati popolari!"), quindi si arma per autofinanziarsi e compiere altri attentati (banda armata).

"Il gruppo è composto con il collaudato metodo composito della compartimentazione secondo lo schema del doppio livello, uno palese e apparentemente legale (rivolto alla propaganda, al proselitismo, i Centri Sociali come terreno di reclutamento), l’altro occulto e illegale ("Senza garanzie che gli appartenenti al primo livello non si calassero, come abbiamo sentito dire inquest’aula in celebri processi negli anni ’70, il passamontagna in faccia e andassero anche loro a compiere rapine!"). Chiamiamola pure organizzaione informale: non cambia nulla. Chiamiamola ORAI, abbiamo qui una lettera di minacce al povero medico del carcere di Torino comunque. Chiamiamolo AR. Cosa cambia? Nulla. Basta organizzazione anarchica. Non è la sigla che fa cambiare la sostanza, non ci barrichiamo dietro gli equivoci. Se la sigla non esiste non cambia. Indipendentemente da quel che si fa sussistono i vincoli associativi."

Marini spiega che questa legge, creata apposta nel ’79, si basa sul concetto di punibilità anticipata, lo stesso tipo di reato di ‘cospirazione politica’. Articolo di legge - rivendica lui - nato non dal cosiddetto codice fascista Rocco, ma dalla legislatura democratica.

Qui sta il succo di questa imputazione, di questo processo: ce lo ha detto Marini stesso: BASTA IL PROPOSITO. Perché come anarchici, sempre usando le sue parole, "non si può non far seguire le azioni alle idee"; e lo Stato non può stare a guardare mentre dei violenti dichiarati attaccano o si preparano a farlo le sue stesse strutture. Questa è l’unica cosa che uno Stato democratico non può, non deve tollerare. Basta la PRESUNZIONE DI PERICOLO.

"Quello che vuole Bonanno e gli anarchici insurrezionalisti è questo, e non è necessario che gli atti di violenza si manifestino, non devono necessariamente assumere valenza di reato: basta l’atteggiamento politico."

Questo è quanto di più chiaro e sincero si sia sentito dire in un aula di tribunale: secondo Marini non bisogna attendere che l’individuo si metta a infrangere le leggi. Basta scrivere cose come quei volantini da lui citati, quei manifesti, quegli opuscoli perché sia chiaro che gli autori esplicitano in maniera radicale - quindi inevitabilmente destinata a sfociare in atto pratico e violento - il loro radicale contrasto col metodo costituzionale e democratico. Basta aderire a simili tesi. Il reato di partecipazione ad una associazione sovversiva non richiede un rapporto con tutti e con ogni episodio: basta manifestare, anche senza aderire o esplicare alcuna attività particolare.

Sono parole estremamente chiare e inequivocabili, non prive di una loro logica: quella della Ragion di Stato. Tutto può ammettere lo Stato tranne ciò che lo può abbattere.

La richiesta del Pubblico Ministero Marini, divisa in tre gruppi: gli appartenenti alla banda armata, cioè coloro che avrebbero promosso, costituito, organizzato e partecipato alla banda armata, senza divisioni tra capi, dirigenti gregari etc. Il secondo, gli imputati della partecipazione ad associazione sovversiva. Il terzo, imputati marginali accusati di reati specifici (furto, ricettazione e simili, reati estranei alla sfera politica). NB: per motivi di tempo non compaiono, nel primo gruppo, i reati dei quali sono accusati per i singoli episodi riconducibili alle attività della ‘banda’, quindi rapine, omicidi, etc. Facciamo solo notare che le richieste di ergastolo sono relative al reato di strage (sarebbe quella inesistente, cioè l’esplosione sul Prenestino dell’autobomba in cui trovò la morte l’anarchico De Blasi che la stava preparando). Gli appartenenti al secondo gruppo sono imputati del solo reato associativo.

Imputati del reato di banda armata:
ANDREOZZI 4,8 (4 anni e 8 mesi)
BERLEMMI 6
BONANNO 14
BUDINI 10
CAMENISCH 8
CAMPO ergastolo + 10 anni + 6 mesi di isolamento diurno
CORTEMILIA 4,8
FANTAZZINI 8
GIZZO 8
GARAGIN ergastolo + 30 anni + 1,6 mesi di isolamento diurno
GUGLIARA 4,8
LO FORTE 4,8
LO VECCHIO 30
MANTELLI 10
MONREALE 5
NAMSETCHI 2,6
NANO 10
PORCU F. ergastolo + 30 anni + 1,6 mesi di isolamento diurno
RICCOBONO 8
RUBERTO 30
SASSOSI 8
SCROCCO ergastolo + 30 anni + 1,6 mesi di isolamento diurno
SFORZA A. 18
SFORZA F. 3
SFORZA M. 3
STASI 10
STRATIGOPULOS 8
TESSERI 10
TZIOUTZIA 8
WEIR 8
per tutti l’aggravante di finalità di terrorismo

Partecipazione ad associazione sovversiva:
ANZOINO 2,6
AVENALE 1,6
BENIAMINO 1,6
CAVALLERI 3
COSPITO 3
DE PASCALI 1,6
DI MARCA 1,6
FRISETTI 2,6
MASCHIETTO 1,6
PALAMARA 3,6
PORCU P. 3
RANERI 1,6
SCAPUZZO 1,6
SCOPPETTA 3
SFORZA R. 1,6
SGARAMELLA 1,6
per tutti l’aggravante di finalità di terrorismo.

Imputati di reati specifici:
DI FAZIO 3
FALCO 4,8
FONTE 4
MAROTTA 3,6
MARTINO 4,6
PIO 8 mesi
RICCI 3,6

Queste le richieste. Le prossime udienze che precedono la decisione della Corte prevedono l’intervento della difesa (inizierà l’avvocato Calia) e saranno il 4 e il 7 marzo 2000, sempre nell’aula bunker del Foro Italico di Roma. 22-02-2000 - Quarta giornata processo Marini: non è finita... Nonostante il proposito manifestato ieri, anche oggi Marini ha parlato di episodi specifici. Ma non sono certo mancate le... sorprese. Intanto l'elenco delle rapine fatte dal "gruppo operativo" attorno alle quali ha collocato le posizioni di diverse persone indagate: della rapina di Pescara già si è detto e almeno noi non ci ripeteremo. Diremo solo che secondo Marini è collegata a molte delle altre dalle testimonianze degli Sforza e della Namsetchi nonché dal modus operandi: stesse armi, almeno una persona travestita da finanziere, manette e nastro per immobilizzare i rapinati; gioielleria Giansanti di Roma, ditta Fast Cargo di Roma, oreficeria Danieli di Milano, quindi la Banca Nazionale dell'Agricoltura di Roma (m.op. diverso, complicità di una guardia giurata) e a parte le due rapine di Serravalle (Tn).

Tra rapinatori, basisti, organizzatori, logistici, ricettatori etc. sono stati citati a vario titolo (dai collaboratori di giustizia o tramite gli atti di altri procedimenti): De Blasi, Campo, Scrocco, barcia, Lo Vecchio, Lo Forte, Ruberto, Porcu, Fantazzini, Tesseri, Sassosi, Gizzo, Mantelli, Nano, Liborio, Marotta, Weir, Riccobono, Bonanno, Moreale, Di Fazio, Forte, Stratigopulos, Tzioutzia, Budini.

Naturalmente anche qui il pm non ha mancato (in maniera plateale come al solito) di ricordare il sequestro Silocchi e anche quello Perrini (fucile a canne mozze usato nella foto spedita ai famigliari e ritrovato nella cantina di Via C. Colombo) e di citare Garagin oltre ai "sardi" F. Porcu, Goddi chiamati in causa nei suddetti procedimenti dall'altro collaboratore Mele.

Poi, c'è stata una pausa doverosa in quanto nella sua foga lievemente alterata Marini, cercando di dimostrare un altro elemento anomalo di questa banda, ha detto che l'impiego di donne durante delle rapine è non solo tipico, ma esclusivo dei gruppi terroristici: a questo punto persino il Presidente della Corte l'ha interrotto ed è seguito un breve ma acceso battibecco indispensabile per sedare le psichedelie del pm.

A udienza ripresa il Presidente ha dovuto ricordare a uno scornatissimo pm come gli fosse concesso dal codice di moderare gli interventi. Marini ha ripreso annunciando di voler passare ai reati associativi. Anche in questo caso, programma assolutamente non mantenuto. Ha infatti parlato dell'attentato avvenuto nell'88 (archiviato dalla Procura di Milano e da Marini riaperto) alla questura di via Fatebenefratelli di Milano: un autobomba. Partendo dalle parentele francesi di Garagin e dal nome di Condrò, sempre fatto da uno degli Sforza, e col solo sostegno oggettivo del furto delle auto avvenuto a Roma e quello incredibile di un pacchetto di fiammiferi francesi ha cercato di dimostrare come questa autobomba fosse stata preparata appunto dai succitati, esibendo prove di viaggi all'estero ("... cosa andavano a fare all'estero? Ce lo hanno fatto vedere Barcia e Pontolillo in Spagna, cosa andavano a fare..."), la concomitanza di bombole di gas dello stesso tipo vendute a Latina: insomma: l'autobomba fu preparata dagli appartenenti al "gruppo romano".

Parlando a ruota libera e tra lo sgomento degli affaticati spettatori (come al solito quasi solo imputati oltre ai 6 distrutti giurati popolari) ha citato, non si sa a quale titolo, anche altri attentati avvenuti in Francia ad opera del Fronte di Liberazione Armeno (Garagin è armeno).

Quindi ha prodotto un volantino di rivendicazione dello stesso attentato (uno dei tanti) arrivato circa 3 mesi dopo all'Ansa, in cui un’organizzazione siglata MRA rivendicava l'attentato in concomitanza con l'arresto di Sofri, Bompressi e Pietrostefani per il delitto Calabresi. In questo frangente numerosi sono stati i moti personali di indignazione sentendo il nostro affabulante pm ricordare la figura del poco compianto commissario come "quella brava persona", ovviamente facendo solo accenno al personaggio principale della vicenda parlando della "morte di Pinelli". Ha cercato di illustrare i contenuti del volantino in questione come tipici di una certa frangia anarchica, interpretando poi la sigla come Movimento Rivoluzionario Anarchico. Tutto questo citando le dichiarazioni dell'indagante Pagliccia dei ROS, che ha anche illustrato i legami intercorrenti tra molti dei personaggi citati nell'elenco sopra con corrispondenza sequestrata durante varie perquisizioni.

Si è poi lanciato in una difesa dalle accuse di aver fabbricato un teorema anti-anarchico spiegando che i CC hanno iniziato ad indagare dopo l'arresto dei rapinatori a Trento quando non poterono non notare la mobilitazione sotto forma di pubblicazioni, dossier e presenza alle udienze processuali ("...quindi ci rendemmo conto di non avere di fronte una semplice banda di rapinatori").

è inutile ricordare tutte le innumerevoli, irritanti ripetizioni dell'accusa che non sono mancate anche oggi e che hanno portato via ore, tra silenzi ad effetto, urla e mani al cielo e invocazioni all'Onnipotente: le mani sporche di sangue, il pericolo per la gente onesta, la scelleratezza degli Stati stranieri protettori dei latitanti che non si riescono a estradare in Italia, i seppellitori di bambini, i sequestratori di povere donne, i massacratori delle autobombe, i terroristi che si nascondono dietro le sigle, i rapinatori imbroglioni che si vestono da finanzieri, eccetera.

Anche oggi Marini non solo non ha concluso, ma non ha affrontato la parte -per quanto meno gravosa dal punto di vista penale rispetto a questi episodi- più interessante per questi e (se questo metodo passa) futuri indagati: cioè quella relativa agli imputati dei soli reati associativi.

Marini ha promesso che se ne occuperà domani e che domani concluderà. Le giornate a sua disposizione erano giovedì e venerdì scorso. Si è preso non solo il giorno dedicato alle parti civili, ma anche i due della difesa. Il Presidente oggi non è stato in grado di fornire un calendario delle prossime udienze al di là di domani. C'è chi parla addirittura di udienze fino ad aprile.

In aula si è sentito ironicamente qualcuno dirsi pronto a confessare qualsiasi cosa purché questa barbarie interminabile abbia fine. 21-02-2000 - La requisitoria del processo Marini: 3a giornata Nella mattinata di oggi, sempre riservata all'accusa, il pm Marini, ha presentato gli eventi giuridicamente più rilevanti, cioè la rapina (in cui ci fu anche una morto) alla gioielleria Giletti di Pescara, l'autobomba sul Prenestino e il ritrovamento del "covo" di Via C. Colombo; i soggetti trattati -non a caso come gruppo- sono quelli definiti gli anarchici del "gruppo romano".

Anche in questo frangente, data l'assenza di qualsiasi altro riscontro, ha citato le sentenze di altri procedimenti e le deposizioni di diversi "collaboratori di giustizia": da G. Mele per il processo Silocchi alla famiglia Sforza fino, naturalmente, alla Mojdeh Namsetchi.

Sono costoro quelli che a vario titolo, anche con chiamata di correo, dichiarano l'esistenza di un'organizzazione criminale sovversiva che si autofinanziava con le rapine per commettere attentati. Secondo queste testimonianze il provento dei colpi veniva suddiviso solo in parte tra gli esecutori e il resto veniva investito in una cassa comune (testimonianze della Namsetchi sulle rapine a Trento, di uno degli Sforza su quella di Pescara); questo, ha detto Marini, "..li rende assai più pericolosi dei normali rapinatori, perché mentre quest'ultimi rapinano per fare la bella vita, costoro, che addirittura vestono in modo dimesso, non spendono, usano i soldi per finanziare attentati".

Quando mancano i soldi, infatti, secondo Marini, si usano altri metodi, mezzi minori, ha detto citando il ritrovamento a seguito di un fermo a Roma di esplosivo, carte topografiche in cui erano segnalate delle caserme, istruzioni sul confenzionamento di ordigni casalinghi etc.

Sempre con queste "confessioni" Marini ha cercato abilmente di ricostruire la struttura di questo cosiddetto "gruppo romano" che, in collaborazione col "gruppo siciliano di Bonanno" e in sodalizio con la criminalità comune (gli Sforza, usati per rubare auto, ricettare, etc) e l'anonima sarda, avrebbe affittato la famosa cantina in via C. Colombo dove sono state trovate armi, armi da guerra, esplosivi, detonatori, documenti, divise e pubblicistica anarchica.

Il gruppo sarebbe poi stato compromesso dall'episodio, relativo al sequestro Berardinelli, quando si sarebbero dovuti vendicare 4 sequestratori caduti sotto i colpi dei NOCS (cita la linea dura del v.procuratore di Firenze Vigna) con un autobomba-trappola, in cui trovò la morte De Blasi preparando l'attentato.

Secondo il pm la scossa emotiva dovuta alla perdita di un militante oltre che amico ("questa è un'organizzazione particolare, non può permettersi di perdere un militante, perché dalla morte di uno si può risalire all'identità degli altri...") sarebbe all'origine di confidenze fatte da alcuni membri del "gruppo romano" agli Sforza, impiegati solo marginalmente in queste attività, che si sarebbero quindi scaricati la coscienza dopo il morto di Pescara. Tutta la cronaca degli eventi e rapporti tra questo gruppo, i "siciliani di Bonanno" e i "sardi" è basata solo sulle "confessioni" dei personaggi di cui sopra.

Parlando del "gruppo romano" ha citato De Blasi, Garagin, Del Vecchio, Barcia, Campo, Scrocco, Condrò e parzialmente Berlemmi, per quello siciliano Bonanno, Stasi, Ruberto, Cortemilia, e F. Porcu per i "sardi"; quindi Gizzo, Sassosi, Andreozzi come elementi di collegamento e esperti d'esplosivi in contatto con Budini, Gugliara, Mantelli, Nano e Camenisch (di cui ha ricordato l'arresto dopo un conflitto a fuoco coi CC e la condanna per l'attentato a un traliccio dell'Enel).

Ha quindi ricordato le "centinaia e centinaia di attentati tutti a chiara matrice anarchica a simili strutture senza mai trovare nessun responsabile, quelli alla catena della Standa", nonché il rinvenimento durante diverse perquisizioni a casa degli ultimi citati di svariata pubblicistica in merito, in particolare del nr. 55 di Anarchismo e di Gas dove sono dettagliatamente pubblicate istruzioni su come sabotare i tralicci. Nuovo rilievo sull'anarchismo "pericoloso" di questo gruppo se comparato a quello "civile e democratico" della FAI che "è tutta un'altra cosa"; "...dallo spontaneismo eversivo diffuso si passa ai gruppi d'affinità..."

Marini ha colto ancora l'occasione per citare altri eventi estranei al processo come i sequestri di persona citando quindi le sentenze di Bologna e Perugia per Silocchi e Perrini, oltre a Megni e Ricca. Si è nuovamente richiamato agli anni '70, gli "anni di piombo", dicendo che questa banda è diversa, lamentandosi dei molti latitanti, di quelli ancora in giro, non inquisiti, che certamente stanno continuando l'attività sovversiva e violenta ("...questa è solo la punta dell'iceberg, solo una minima parte, quella che ha trovato riscontro...").

In relazione al "gruppo romano" ha urlato che per questi gravissimi delitti (strage, rapina armata e omicidio) chiederà il massimo della pena, lamentandosi ancora della latitanza di alcuni imputati, in un paio di casi, come dice lui, difesi "dalla Francia"‚ (si tratta quindi di Passamani e Condrò) nonostante i pareri favorevoli dei giudici locali all'estradizione.

Marini sta procedendo, secondo la sua teoria che ricerca la condanna di una banda anche quando non c'è, cercando di sostituire alla figura giuridica quella dei gruppi d'affinità, quindi per la richiesta delle condanne tratta l'argomento in tal senso, dividendo gli imputati in gruppi a seconda degli episodi o delle conoscenze e frequentazioni. Questo, oltre alla scomparsa del nome della banda, rivela chiaramente la modifica strategica della sua inchiesta.

Avrebbe dovuto finire la requisitoria con le richieste venerdì. Neanche oggi ha terminato nonostante l'udienza si sia protratta fino alle 15, quindi continuerà domani.

A questo punto, oltre a mercoledì, non si sa quali saranno le prossime scadenze processuali, che potrebbero (per altri impegni della corte) slittare verso il 17 marzo.

Ricordiamo che l'8 marzo sempre a Roma si terrà la prima udienza del processo contro 3 redattori di Radio Black Out, processo assolutamente contiguo a questo (documento ROS). 18-02-2000 - Seconda giornata di requisitoria per il processo Marini Stamane 18 febbraio è proseguita la fase finale del processo Marini con la seconda giornata riservata all'arringa finale del pm Marini. Marini ha continuato il discorso di ieri riprendendo fondamentalmente la deposizione in aula di Alfredo Bonanno e la "confessione" di Mojdeh Namsetchi, quindi si è concentrato sul ritrovamento del cosiddetto covo di Roma di Via Colombo e sul "gruppo romano".

Intanto, cercando di dimostrare il carattere sovversivo e violento dell'organizzazione, ha citato Alfredo Bonanno stralciando alcune sue affermazioni a proposito di giudici e giurie definiti servi delle istituzioni, quindi l'avversione verso carceri e carcerieri (da abbattere) e ribadendo quindi l'atteggiamento violento di quello che secondo lui è l'ispiratore - riferimento della banda, citando altri articoli di Bonanno e il suo libro "La gioia armata", definito un invito a uccidere poliziotti e magistrati, libro per il quale l'autore è stato condannato. Ha sottolineato la necessità ideologica della banda di sviluppare coerentemente teoria e pratica, motivo per il quale secondo lui tutti sono stati spinti ad atti criminosi, perfino lo stesso capo arrestato nell'87 dopo una rapina a Bergamo assieme a uno dei futuri fautori della cosiddetta "linea dura" (così ha cercato di dimostrare che sia stata tutta una mossa concordata).

Marini ha poi espresso nuovamente la tesi secondo a quale Bonanno si sarebbe assunto, anche tramite la sua deposizione in aula, il compito di portare avanti una tesi imbroglio, quella della linea morbida, rapportandola a quella del documento letto durante le passate udienze in aula da Stasi e Garagin. Ha proseguito, sempre leggendo brani della deposizione di Bonanno, indicando come consequenziale e irridente alla tesi-imbroglio le dichiarazioni dell'imputato favorevoli all'insurrezione di massa contrapposta all'accusa di banda armata, citando anche un articolo di Anarchismo critico su tali pratiche di BR etc.

Secondo l'accusa gli imputati anarchici non si definiscono certo né sindacalisti, come lo stesso B. scrive, né preoccupati di trovar lavoro alla gente (è seguita qui una teatrale digressione sugli imputati di cui non si conoscono le occupazioni, le fonti di reddito ... "non sappiamo cosa fanno, come vivono, dove prendono i soldi...") il cui scopo è attaccare lo Stato in senso insurrezionale e violento.

Marini con grande capacità teatrale ha cercato di colpire l'attenzione dicendo cose tipo "certo, il Bonanno, questa gente attacca alle spalle, attacca la gente inerme, abbatte gli individui nella notte, seppellisce donne e bambini..." (riferendosi a diversi sequestri di persona a parer suo operati dall'organizzazione) e ha proseguito evocando gli anni di piombo e le relazioni della Commissione Stragi lamentandosi di essere rimasto solo a non indietreggiare dinanzi al terrorismo, si è appellato ai giudici, ha lamentato la mancanza di tempo sufficiente a illustrare dettagliatamente la personalità e la pericolosità degli imputati che, per la maggior parte, si sono rifiutati di rilasciare dichiarazioni o di rispondere alle sue domande volte a dialogare per sapere, capire, in nome della Giustizia.

Ha detto che è sufficiente dimostrare che il Bonanno è l'ispiratore, non il capo della banda o delle bande o dei gruppi sparsi per tutta l'Italia per dimostrare la fondatezza dei capi d'accusa, e ne sottolinea la disponibilità ad accettare il contraddittorio in aula col quale l'imputato avrebbe dato mostra della pericolosità delle sue tesi.

Quindi è passato alle deposizioni rese dalla "pentita" Mojdeh Namsetchi, sulle quali non si basa, a suo modo di vedere, l'attuale processo, ma evocando la sua credibilità stabilita dalla Corte che l'ha giudicata (Trento, le rapine). Questa tecnica di far parlare le varie corti che hanno giudicato in passato gli attuali imputati o degli anarchici ricorrerà in tutta questa udienza. Marini dirà: non lo dico io, non li accuso io ma le sentenze indiscutibili di tale e talaltra Corte.

Comunque ribadisce la credibilità accertata dalla C. di Trento sulle dichiarazioni della Namsetchi: riscontri precisi, dichiarazioni confutate, confessione e pentimento spontaneo sincero e disinteressato. Dice che la credibilità confermata da quella Corte è stata la base dell'attuale processo, "il battesimo dell'attuale dibattimento".

Ha ripetuto che il suo non è un processo contro le idee anarchiche, che rispetta le leggi che garantiscono anche ai nemici dello Stato di esprimersi, che gli anarchici hanno piena libertà di parola e espressione alla quale si dovrebbero però limitare come fanno gli anarchici della FAI e che quelli di cui s'è macchiata la banda sono crimini sanguinosi e pericolosi operati assieme a criminali comuni. Questa banda parla sì di insurrezione, ma ne parla pericolosamente. Si lamenta perciò di essere stato chiamato ipocrita e di essere accusato di aver costruito un teorema giudiziario.

Ha illustrato la difficoltà di illustrare le attività della banda non riuscendo ad individuare tutti i gruppi e gruppetti sparsi (tuttora) su tutto il territorio nazionale, caratteristica che ne acuisce la pericolosità. Tira in ballo come parallelo la mafia e Falcone mettendone in parallelo la diffusione capillare e quindi la difficoltà d'individuazione.

Ha poi letto brani della sua richiesta di rinvio a giudizio per legare le sue tesi ai fatti riferiti dalla Namsetchi: che le rapine servivano a vivere ma che una parte del bottino veniva messa da parte per l'organizzazione, che le armi erano indispensabili per la banda e che le aveva comperate al mercato clandestino estero essendo quelle ritrovate in via C. Colombo a Roma armi da guerra, che l'attività di proselitismo e arruolamento, la cui fucina sono i Centri Sociali doveva necessariamente proiettarsi in azioni pratiche anche se non c'erano bisogni materiali (cita il fatto che secondo gli atti ad es. la pistola con cui Bonanno avrebbe rapinato la gioielleria di Bergamo sarebbe stata pagata un milione e mezzo, fatto questo che indica secondo lui la presenza di motivi più ideologici che pratici nell'atto), e quindi la strutturazione dell'organizzazione in due livelli, quello palese e quello clandestino. Ha ricordato come anche le BR si servissero di persone definite "insospettabili" per conservare e custodire le armi, fatto questo che ha permesso la scoperta di un solo arsenale di armi ("certamente ve ne sono altri").

Si è poi concentrato sugli imputati accusati di far parte del "gruppo romano" che avrebbe avuto la disponibilità della cantina, che avrebbero compiuto svariati sequestri di persona (Berardinelli, Perrini, Megni, Silocchi, Ricca), e che in seguito al fallimento di uno di questi (sequestro Berardinelli), risoltosi con l'uccisione di due dei rapitori, avrebbe deciso di compiere un attentato con autobomba a Roma contro la polizia, episodio nel quale morì De Blasi. Parla di legami con la criminalità organizzata sarda e con criminali comuni (la famiglia Sforza, collaboratori di giustizia). Parla anche a lungo dell'arsenale trovato a Roma nella suddetta cantina e di come gli esplosivi trovati siano risultati compatibili con quelli usati per un fallito attentato alla Questura di Milano.

Ha definito gli imputati anche subdoli, e imbroglioni, accennando alla falsificazione dei biglietti del treno e alle dichiarazioni di Garagin che durante il primo grado del processo di Bologna per il sequestro Silocchi aveva enunciato il proprio dissenso verso azioni come i sequestri di persona e definendosi pacifista.

L'udienza si è conclusa attorno alle 13.30. Come si prevedeva, per la prolissità del pm, i tempi slitteranno: Marini parlerà anche lunedì 21 febbraio, la difesa il 22 e il 23, quindi ci sarà un'udienza straordinaria sabato prossimo 25 febbraio. 17-02-2000 - Comincia a Roma la requisitoria del processo Marini
Si è aperta stamane la fase finale del processo Marini: queste prime due giornate sono riservate all'arringa dell'accusa, quindi al pm Antonio Marini. Durante questa udienza, protrattasi sino alle 14, Marini ha illustrato in termini generali le fondamenta della sua accusa, basata sui reati associativi di "banda armata" e "associazione sovversiva", prima dipingendo a tinte fosche vari eventi -tra i quali molti estranei al procedimento in corso - che hanno visto protagonisti anarchici o presunti tali, cercando quindi di impressionare una giuria stremata, quindi dimostrando la validità della formulazione delle accuse, operazione per lui fondamentale in quanto tecnicamente labili.

Senza mai rinunciare a una spiccata vena istrionica (toni della voce ora sussurranti, ora ammiccanti, quindi stentorei, indignati, esaltati), ha cercato di dimostrare il carattere prettamente criminale della fantomatica organizzazione, benché fortemente politicizzata; a questo proposito, dopo aver abbondantemente insistito sull'episodio del sequestro Silocchi aggiungendovi anche altri due sequestri di persona, ha ripetutamente tirato in ballo un documento prodotto da Pippo Stasi e Gregorian Garagin durante la loro detenzione (ricordiamo che Garagin è tuttora in carcere con condanna definitiva per il sequestro Silocchi) nel quale annunciavano l'esistenza di un'organizzazione anarchica chiamata ARC, sigla peraltro mai apparsa né prima né dopo, e le polemiche a riguardo culminate in alcuni articoli apparsi su "Cane Nero".

Marini, che ha definito queste delle "false scissioni tra linea morbida e linea dura" ha proseguito dicendo che questa non sarebbe stata altro che una tattica della stessa organizzazione per eludere l'evidenza, cioè il fatto che esistesse una banda armata organizzata su due livelli, uno palese e uno clandestino. A questo proposito ha citato anche alcuni imputati inserendoli di volta in volta nelle due categorie.

Citando le supposte attività criminose dell'organizzazione Marini ha elencato diversi eventi, tra i quali l'arresto e la condanna di Patrizia Cadeddu in merito all'attentato del 25 aprile a Palazzo Marino a Milano, la recente condanna di Silvano Pelissero a Torino (ha anche lamentato come lui stesso avesse chiesto il rinvio a giudizio di Edoardo Massari, rinvio che gli fu negato), la rapina in Spagna, l'autobomba al Prenestino, la rapina ad una gioielleria a Pescara e quelle in Trentino.

Naturalmente ha nuovamente smentito le accuse di aver intentato un processo contro gli anarchici (a questo proposito ha ricordato la differenza con la FAI, anarchici da lui definiti pacifisti e non violenti), ribadendo il naturale corso della Giustizia verso semplici criminali in combutta con anarchici insurrezionalisti dichiaratamente avversi allo Stato.

Marini ha cercato di superare l'ostacolo (giuridicamente obbligatorio per il riconoscimento dei capi d'accusa dei reati associativi) della mancanza di organigramma, sigla e programma della supposta banda armata anarchica in diversi punti. Prima ha citato il famoso documento di Alfredo Bonanno estratto dall'opuscolo *Nuove svolte del capitalismo* nel quale si parla di nuclei d'affinità informali secondo la sua interpretazione sinonimo di cellule clandestine (a questo proposito ha più volte citato anche la deposizione in aula di Bonanno nella quale l'imputato dichiarava che un gruppo, un nucleo d'affinità può essere costituito anche da una sola persona, dando a questa affermazione un accezione derisoria in quanto secondo lui si tratterebbe di un semplice escamotage per evitare di citare direttamente strutture clandestine).

Quindi ha parlato della divisione degli imputati nei due livelli a seconda delle accuse e condanne presenti e passate, infine ha confusamente cercato di spiegare l'assenza di una sigla vera e propria (lui stesso citando vari reati attribuitici ha dovuto menzionare varie sigle, ognuna diversa) dicendo che appunto data la eterogeneità della formazione della struttura clandestina ogni gruppo avrebbe nel particolare cercato di evidenziare la propria attività con nomi diversi.

Marini ha infine difeso in termini indignati i suoi collaboratori dell'Arma e del ROS in merito al documento - da lui definito falso - venuto alla luce durante il processo e dichiarandolo un'ulteriore prova della persistente attività criminosa della banda sul livello "palese".

Non insisteremo in questo report nell'elencare le infinite - chiaramente volute al fine di sommergere i giurati con descrizioni altamente emotive di fatti sanguinosi - inesattezze, invenzioni e scorrettezze di cui è stato capace.

Per quanto riguarda i tempi, appare chiaro come due giornate per l'accusa non saranno certo sufficienti a Marini per espletare tutta la sua arte oratoria (non dimentichiamo che la semplice esposizione delle richieste di condanna per quasi 60 imputati, uno per uno, porterà via probabilmente una giornata intera), quindi avrà o chiederà come minimo un'altra giornata, per cui il calendario previsto potrebbe mutare (inizialmente doveva essere 17 e 18 requisitoria dell'accusa, 21 e 22 la difesa e il 23 la corte si ritira).

L'udienza proseguirà quindi domani alle 9 nell'aula bunker del Foro Italico di Roma.