SIAMO TROPPO GIOVANI PER ASPETTARE

novembre 2005

La rivolta esplosa con decisione e perseveranza nelle banlieues francesi (con qualche fiammata in Belgio, a Berlino e ad Atene) è animata dalla viva rabbia di giovani casseurs, esseri umani che come tanti in giro per il mondo subiscono l’ergastolo di una vita quotidiana che non è altro che insoddisfazione, miseria, umiliazioni e sfruttamento. Gli atti di questa gioventù selvaggia, liquidati semplicisticamente e con disprezzo dai “ben”pensanti borghesi come violenza fine a se stessa, rivelano un significato ben più sottile, mettendo a nudo la violenza di un sistema economico-sociale che per i suoi propri interessi e per i pochi che godono dei suoi benefici impone obblighi sempre più disumani: un lavoro inutile e dannoso in cambio di un salario da restituire a padroni di case, di merci o di tempo “libero”. E così come questa violenza legalizzata non è cieca, ma vede benissimo contro chi esercitarsi, anche i casseurs ci vedono bene quando sfogano il loro odio contro sbirri, auto, negozi, centri commerciali e altri simboli dell’isolamento e del potere.

Le sommosse in corso attaccano contemporaneamente i due piani dell’intervento statale: la polizia schierata per sorvegliare e punire i poveri, e l’auto da pagare a rate, simbolo dell’“indipendenza” individuale, del consumo, del tempo a credito.

Tirare in ballo – come si fa a destra – motivi religiosi è un tentativo patetico di arginare la rivolta: le scomuniche delle autorità islamiche non hanno fermato questi arrabbiati che non riconoscono alcun mediatore. Ecco allora che, a sinistra, qualche politico od opinionista più democratico arriva a concedere, se non una giustificazione, almeno una motivazione agli episodi che stanno sconvolgendo la sconvolgente normalità delle banliueues: queste periferie invivibili sono un esempio di degrado di cui cattive amministrazioni non si curano lasciando così che i loro abitanti, per lo più immigrati che la società non vuole integrare, covino la rabbia più incontrollabile. Occorrerebbe allora un piano di “riqualificazione” urbana, magari affidando il progetto a qualche insigne architetto e seguendo i princìpi della bioarchittettura (o più semplicemente quelli di un più efficace controllo sociale). Ma da New York a Parigi, da Londra a Ramallah, i ghetti sono sempre più la forma stessa del mercato e della politica. Le ultime illusioni di integrazione dei poveri sono bruciate assieme agli incendi di Clichy-sous-Bois.

Nessuno sembra chiedersi cosa sono diventate le città. Nessuno si è ancora accorto che i “più razionali” piani urbanistici servono a cancellare l’ambiente naturale – e con esso l’uomo – asfaltando ed edificando unicamente per dare priorità alla circolazione delle merci e dei lavoratori-consumatori, a discapito della circolazione e comunicazione umane? Le città sono contenitori di capitale e risorse umane da investire e sfruttare. E allora cosa sono qualche centinaio di auto bruciate e altri tristi luoghi danneggiati in confronto ai milioni di persone che giornalmente vengono danneggiate e distrutte da chi impone loro la solita vita insensata e noiosa?

Ciò di cui si sente la mancanza è che questa rivolta si trasformi in qualcosa di più generalizzato, ma a tal fine occorrerebbe che ognuno dei comuni mortali, travet meccanizzato dagli stereotipi e dai ritmi quotidiani, si decidesse a prendere coscienza della necessità di farla finita con questo sistema – unica vera causa della miseria a cui siamo sottomessi –, sabotandolo una volta per tutte.

Salutiamo con gioia queste manifestazioni di rifiuto e distruzione di tutto ciò che rappresenta e contribuisce allo sfruttamento, all’abbrutimento e alla distruzione dell’uomo.

VIVA LA GIOVENTU’ SELVAGGIA FRANCESE!

GUERRA SOCIALE CONTRO IL CAPITALE!

alcuni amici della “feccia”

[Novembre 2005]