Sabato 14 febbraio si è svolta a Trento una manifestazione contro la repressione, più specificamente su questi punti:

· Contro le cariche della polizia, per il ritiro delle denunce ai danni dei manifestanti anti-Moratti

· Basta precettazioni e denunce contro i lavoratori in lotta, per lo sciopero autorganizzato

· Basta espulsioni e fogli di via, per la libertà di movimento.

All’iniziativa, indetta dal coordinamento autorganizzato contro la repressione, hanno partecipato un centinaio di persone. Si è trattato della prima risposta di piazza chiara contro i pestaggi e, più in generale, contro gli attacchi repressivi. Come prevedibile, la partecipazione non è stata ampia. Oltre al linciaggio mediatico e alle intimidazioni poliziesche ha pesato la continua opera di isolamento e di falsificazione realizzata, soprattutto nelle scuole, dai capetti del Social Forum e dintorni. Comunque la manifestazione è stata vivace e improntata a quello spirito di libertà (dialogo in piazza, nessuna censura degli interventi, assenza di portavoce mediatici, niente sbirri né giornalisti all’interno del corteo) tanto osteggiato dai politicanti di ogni risma. Davanti al commissariato del governo si sono ricordate non solo le cariche, ma anche le precettazioni e le denunce ai danni degli autisti che hanno scioperato a dicembre, senza trascurare le pesanti responsabilità dei dirigenti sindacali nel difendere solo i propri iscritti e nel dare in pasto alla repressione i lavoratori più attivi. Sotto la sede della Rai si è insistito sulla complicità tra le forze repressive e l’apparato mediatico, ribadendo che i terroristi sono gli Stati e i padroni. In un piccolo esperimento di critica dell’urbanistica, diverse strade hanno cambiato nome (Via la polizia, Largo allo sciopero selvaggio, Piazza Barricate…). Il corteo si è poi trasformato in una lunga assemblea all’interno della facoltà di sociologia.

La manifestazione è stata solo un primo momento. L’autorganizzazione conta sulle proprie forze, senza rappresentazioni mediatiche e appoggi istituzionali. Si tratta di continuare. Sono in programma due prossime iniziative del coordinamento:

· GIOVEDÌ 26 FEBBRAIO, ORE 20.30 A TRENTO (sala da definire), INCONTRO – VIDEO E DISCUSSIONE – CON ALCUNI AUTO-FERROTRANVIERI DI MILANO SUGLI ULTIMI SCIOPERI AUTORGANIZZATI

· A MARZO (data e sala da definire), sempre a TRENTO, SERATA CON VIDEO E PRESENTAZIONE DI UN OPUSCOLO SULLA RIVOLTA CONTRO IL G8. A marzo, infatti, si apre a Genova il processo contro diversi compagni accusati delle azioni dirette e degli scontri con la polizia avvenuti in quei giorni. Un processo importante, le cui conseguenze potrebbero essere pesanti, innanzitutto per gli accusati, ma anche rispetto ad altre inchieste. Ne riparleremo. Memoria e solidarietà.

Le riunioni del coordinamento si tengono ogni lunedì e giovedì, dalle ore 18 alle 20, nell’aula caffè di sociologia, in via Verdi 6 a Trento.

Riportiamo di seguito il volantino distribuito durante la manifestazione di sabato.

IN PIAZZA, ANCORA

Quando scioperare senza preavviso diventa un reato, mentre licenziare senza preavviso è solo «legge di mercato» (come ha fatto la Filtrona di Rovereto con 114 operai)

Quando degli autisti in lotta vengono definiti «terroristi urbani» e le forze dell’ordine sono pronte a salire sugli autobus (è successo a Milano e in tante altre città)

Quando viene caricata a freddo e in modo premeditato una manifestazione di studenti dalle mani alzate (è successo a Trento, due settimane fa)

Quando la polizia sgombera scuole occupate, scheda, chiude aule autogestite e denuncia per qualche striscione contro la guerra in Iraq (è successo a Torino e a Roma)

Quando migliaia di immigrati vengono rinchiusi ed espulsi – se non affogati – per il solo motivo che non hanno i documenti giusti per fuggire la guerra, la miseria, la disperazione

Quando si finisce in galera per aver occupato uno stabile inutilizzato da anni (è successo a Rovereto, nel mese di novembre)

Quando fioccano le espulsioni e i fogli di via contro chiunque venga definito semplicemente «insofferente alle leggi» (è successo a 14 anarchici roveretani)

Quando non si contano più, in tutta Italia, le maxi-inchieste per «associazione sovversiva» contro i rivoluzionari e i ribelli

Quando scompaiono i luoghi di incontro alla velocità con cui spuntano gli apparecchi di video-sorveglianza o i cantieri di nuove carceri vuol dire che le attuali condizioni di vita (salari, affitti, pensioni, spazi sociali, eccetera) possono essere imposte solo con il terrore. Vuol dire che ciò che chiamano Diritto è solo una foglia di fico dietro cui altro non c’è che la Forza (della propaganda e delle armi). Vuol dire che è una tragica illusione pensare che gli stessi che hanno permesso tutto ciò – partiti, sindacati e movimenti istituzionali – possano far qualcosa al posto nostro. Vuol dire che le distinzioni di categoria (autisti od operai, studenti o disoccupati) sono delle gabbie per impedire le lotte. Vuol dire che la guerra contro intere popolazioni in nome del profitto e del dominio esiste anche qui, sia pure in forma diversa. Vuol dire che diventa strisciante un vecchio pericolo – quello di attribuire le responsabilità del presente disastro sociale non più ai padroni e ai loro servitori, bensì al capro espiatorio di turno (l’immigrato, l’anarchico, il comunista, il diverso). Vuol dire che è tempo di resistere, di agire direttamente, di autorganizzarsi. Di cosa c’è bisogno ancora? Di quali attacchi liberticidi, di quali accordi-truffa sindacali, di quali maneggi dei partiti e dei loro cloni?

Lavoratori, studenti e precari, abbiamo indetto questa manifestazione perché altre lotte seguano, non per autorappresentarci. Siamo in piazza contro la repressione, a dispetto delle intimidazioni poliziesche, del linciaggio mediatico, delle miserabili censure dei racket politici. Invitiamo tutti a continuare la discussione e a pensare ad iniziative future:

al termine della manifestazione

ASSEMBLEA

nell’aula caffè di sociologia

coordinamento autorganizzato contro la repressione

 
 

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