Sono ormai diversi anni, pur se non con ferrea regolarità, che "Porfido", ora anche centro di documentazione, espone e diffonde libri, opuscoli, riviste tramite un banchetto nell'atrio di Palazzo Nuovo. Il centro di documentazione "Porfido" si propone di raccogliere, rendere disponibile e diffondere quel materiale teorico che riteniamo necessario e utile allo sviluppo della critica radicale dell'attuale organizzazione sociale; di partecipare, nei limiti delle possibilità, all'elaborazione di una consapevolezza critica all'altezza della trasformazione radicale che la moderna decadenza sociale richiede.

Da diversi mesi, tutti i mercoledì, il banchetto di "Porfido" è presente nell'atrio di Palazzo Nuovo. Lo scorso mercoledì, il 5 marzo, qualcosa è cambiato. Tristi funzionari ministeriali, accompagnati da altrettanto tristi funzionari della DIGOS, ci hanno cortesemente intimato di uscire, rispolverando una qualche regola finora trascurata che vieta la vendita di libri nell'atrio dell'Università. Se mercoledì scorso l'effetto sorpresa, l'inferiorità numerica e la giornata di sole, ci hanno convinti a spostare il banchetto all'esterno dell'edificio, oggi, non vinti, siamo tornati a difendere la posizione.

Con ciò, non ci interessa disquisire sulle norme che regolamentano gli spazi di Palazzo Nuovo, o giustificarci col fatto che la nostra è tutt'altro che un'attività di vendita commerciale, perché è palese che il problema è tutt'altro: precisamente che ciò che fino a ieri poteva essere tollerato, era in un certo senso garantito, da oggi non lo è più.

Piuttosto riteniamo che un tale precedente non può essere lasciato passare, e che la banalità dell'episodio non può nascondere la gravità del clima di cui è segnale.

Sulle ragioni di tale clima, di tali "cambiamenti", di cui negli ultimi giorni la recrudescenza della repressione poliziesca a Torino ci ha dato un'ulteriore conferma, non è arduo "azzardare" qualche ipotesi.

Il clima di guerra fomentato dalla minaccia di un attacco militare all'Iraq permea prepotentemente anche le metropoli della fortezza occidente; la guerra internazionale al terrorismo si traduce in un attacco ad ogni spazio di libertà e autonomia in tutto il pianeta, dove frontiere fortificate per i migranti non esistono più per le polizie; gli Stati baluardo delle libertà democratiche, candidamente, costruiscono lager, applicano la tortura sistematica sui prigionieri, calpestano i trattati internazionali, ecc. In questo clima avvelenato la tensione sociale si taglia col coltello, mai come ora le menzogne ideologiche finora maschere dello sfruttamento di classe, mostrano il loro vero volto; in tutto ciò il Capitale non ha più gran che da offrire agli sfruttati del pianeta: sfruttamento, miseria, disastri ecologici, guerre, malattie.

In un simile scenario, non ci stupisce la preoccupazione di chi questo ordine sociale è chiamato ad amministrare, non ci stupisce il timore per la possibilità di rivolte generalizzate, e il terrore per la eventuale saldatura di una palpabile collera sociale con la consapevolezza delle sue cause e dei suoi nemici reali, di classe.

Certo, non abbiamo la presunzione di dare al nostro banchetto un qualche ruolo determinante in questa possibile saldatura, saremmo dei mitomani; abbiamo però il sentore di questo clima di guerra diffuso, di questa situazione sociale potenzialmente esplosiva; e, se è vero che prevenire è meglio che curare, allora per chi ha da "fare la guardia" a questo mondo, meglio incominciare a togliere spazio a chi non fa mistero della propria inimicizia nei confronti dell'esistente, a chi lo critica in maniera radicale.

Questa stessa preoccupazione ci spinge, dall'altro lato della barricata, a difendere ogni spazio di libertà e autonomia e a diffondere il gusto per la curiosità intellettuale e la consapevolezza critica, anche e proprio in questo tempio della cultura mummificata.

Torino, mercoledì 12 marzo 2003

 
 

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