["Canenero" - settimanale anarchico, n. 42, 6 dicembre 1996]

Domenico Tarantini, Contro lo Stato e contro la politica

(La fiaccola, Ragusa 1996)

Un pamphlet rivoluzionario, scritto quasi alla fine degli anni '70, è facile che venga abbandonato in quel santuario cadente propriamente detto memoria storica. Avvoltoi d'ogni risma si premureranno di far sapere a destra e a manca che i tempi sono cambiati, condannando, col funereo rigore degli archivisti, queste pagine al contesto in cui l'opuscolo è stato pensato e realizzato.

Se è vero che la tecnologia ha determinato profondi mutamenti nella realtà e che rispetto a vent'anni fa non si possono più descrivere le differenze di classe con vocaboli quali borghesia e proletariato, questo nulla toglie all'efficacia con la quale Tarantini tratta i termini dello scontro. Già dal primo capitolo non lascia spazio a letture di comodo, l'essenzialità della rivolta si coglie appieno, essa è «fatto ininterrotto, una condizione permanente», è individuazione del nemico, è l'atto violento con cui l'affrontiamo. Questo nemico siamo anche noi stessi, perché preparandoci all'attacco dobbiamo fare violenza su quella parte che in noi «è conservazione e rinuncia, vale a dire morte». Ed è proprio la morte che risiede nelle parole di quegli anarchici che, timorosamente solidali con le fanfare democratiche, si affannano tutt'oggi a pronunciare condanne assolute della violenza, senza più distinguere da quale parte proviene. Meglio per queste oneste persone parlare di un immaginifico esodo dal capitalismo oppure di erosione graduale delle quote di potere dello Stato. Meglio rintanarsi nella nicchia del sindacalismo di base che naviga nell'asfissiante palude della rivendicazione di categoria, affermando, sottovoce per non farlo sapere agli iscritti, che è pur sempre rivoluzionario. Per Tarantini questo termine applicato al sindacato diventa «più un'etichetta che una realtà concreta»: sotto qualunque forma si presenti è uno strumento del capitale poiché promuove «un'azione che non solo rientra nelle prospettive, nel programma del capitale, ma è addirittura da esso voluta e promossa». Quanto somigliano certi anarchici all'intellettuale di sinistra descritto nel capitolo dedicato al «nemico degli sfruttati». Proprio come chi tuona oggi dalle pagine dei propri giornali – non disdegnando ogni bassezza, dalla calunnia alla delazione, o anche adoperando ragionamenti raffinati – contro chi si ostina a ribellarsi, che posso persino immaginare a cosa potrà ricorrere domani di fronte ad episodi insurrezionali.

 
 

Il sito guerrasociale.org non è più attivo da molto tempo. In queste pagine sono stati raccolti e archiviati in maniera pressoché automatica tutti i testi pubblicati. Attenzione: gli indirizzi (caselle postali, spazi occupati, centri di documentazione, email, ecc.) sono quelli riportati nella pubblicazione originale. Non se ne garantisce quindi in nessun modo l'accuratezza.