Lacrime e sangue scendono sui volti di ceceni, russi, palestinesi, iracheni…quanto è lunga la lista? Sono tempi bui, in cui un secolo di sterminii perpetrati dagli Stati sta raccogliendo i suoi frutti, a suon di bombe su autobus e treni, e di sequestri di bambini.

Sequestrare dei bambini e circondarli con l’esplosivo è una pratica infame che nessuna disperazione può giustificare. Ma limitarsi a dire questo, senza denunciare ciò che lo Stato russo sta facendo da anni in Cecenia, è un’insopportabile ipocrisia. Quello che i “guerriglieri ceceni” hanno messo in campo è quanto il governo russo ha insegnato loro fin dalla nascita uccidendo i loro figli, stuprando le loro mogli, bruciando interi villaggi con il Napalm. E cosa dimostra lo stesso intervento dei corpi speciali russi? Una strage freddamente compiuta, a due anni di distanza da quella nel teatro di Mosca. In nome della liberazione degli ostaggi, in nome della “guerra al terrorismo”, un massacro di una brutalità quasi burocratica. “Guardate che disprezzo hanno per la vita questi terroristi ceceni...” ci dicono i mass media. Il rispetto per la vita che contraddistingue l’esercito russo, invece, è apparso al mondo intero in tutta la sua potenza. Quando gli ostaggi sono industriali, banchieri e diplomatici (come è successo qualche anno fa in Perù) i corpi speciali fanno tutto per evitare la carneficina. I bambini della povera gente, al contrario, possono crepare come mosche, se la ragione di Stato lo richiede. Chi sono i terroristi? Come altro chiamare il democratico e ben accolto Putin, responsabile dei bombardamenti e delle esecuzioni in Cecenia, zona strategica per le risorse?

Invece di intrupparsi in ipocrite fiaccolate “contro il terrorismo” (quale?), da cui sono banditi tutti i pensieri critici, sarà il caso di chiedersi, ad esempio, perché i familiari delle vittime dell’Ossezia hanno rifiutato i funerali di Stato. Sarà il caso di riflettere sui contesti e sul mondo in cui viviamo.

Quale sforzo deve compiere chi è vissuto con la promessa del genocidio per distinguere fra la vita di un bambino russo e quella di chi governa lo sterminio del suo popolo? Cosa abbiamo fatto noi perché la rabbia degli oppressi non venisse e non venga stritolata dal nazionalismo e dalla violenza indiscriminata?

In Cecenia come in Iraq, in Palestina come in Algeria, questo sistema di dominio non fa che accumulare ghetti e cancrene sociali. L’unica via d’uscita da una situazione che ci vede tutti ostaggi potenziali non è certo appoggiare la violenza legalizzata dello Stato, ben più assassina di tutte le altre, bensì capire chi sono i responsabili diretti dell’odio che cova nella società, della disperazione, della morte. Allora cominceremo a capire qual è la differenza fra sfruttatori e sfruttati, oppressori ed oppressi, terroristi e terrorizzati.

Allora cominceremo a capire qual è l’unica violenza eticamente accettabile (quella che distrugge il potere e non lo riproduce, quella che libera l’infanzia e non l’immola). Allora capiremo che non siamo spettatori di fronte all’orrore del mondo, ma parte in causa.

individui contro lo Stato d'assedio

[15 sett. '04]

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