Sorveglianza speciale: come quando c’era Lui?

“Non si può fare alcuna assegnazione sul ravvedimento dei confinati politici”

Buzzi, ispettore del ministero dell’Interno, 1934

Dopo arresti, espulsioni, fogli di via e diffide, forze dell’ordine e magistrati hanno estratto dalla pattumiera delle passate tirannie un altro strumento per colpire gli anarchici: l’articolo 1, ovvero la sorveglianza speciale. In base a questo articolo, un individuo la cui condotta risulti “pericolosa per la sicurezza e la moralità pubbliche” può essere sottoposto, per un periodo che arriva fino ai tre anni, alle seguenti misure: ritiro della patente, divieto di espatrio, obbligo di dimora nel comune di residenza, divieto di uscire di casa prima dell’alba e di rientrare dopo il tramonto, divieto di frequentare locali pubblici, obbligo giornaliero di firma presso carabinieri o polizia.

L’articolo 1, insomma, è l’esatta fotocopia di ciò che al tempo del fascismo si chiamava “ammonizione”. Gli antifascisti “ammoniti”, talvolta anche solo per una battuta o un discorso ostile al regime, venivano sottoposti a restrizioni identiche (a cui si aggiungeva, in alcuni casi, anche il divieto di camminare sul marciapiede).

Venerdì 15 luglio, presso il tribunale di Trento, si svolgerà un’udienza per decidere se applicare o meno questo articolo a un anarchico di Rovereto.

Questo nostro compagno è sempre stato in prima fila nelle lotte degli ultimi anni. Raggiunto, come altri anarchici residenti in Vallagarina, da un foglio di via per tre anni da Rovereto, ha continuato, “insuscettibile di ravvedimento”, a partecipare alle iniziative cittadine. Ora vogliono fargliela pagare, con ogni mezzo necessario. Se questa misura passerà, sarà un grave precedente per tutti i diffidati, i non sottomessi, i dissidenti.

Al di là dell’orgoglio di “meritare” le stesse vessazioni poliziesche che colpivano quei lontani ribelli e antifascisti, sarà ancora il caso di sottolineare che quest’ulteriore attacco alla libertà è un avvertimento per tutti? È il segno che viviamo in una democrazia totalitaria da cui è bandito ogni dissenso.

Mentre la società intera si trasforma in un carcere, la stretta per chi non si adegua si fa sempre più minacciosa. Il potere ha paura perché il confine tra la passività e la ribellione non gli sembra mai abbastanza solido. E allora colpisce, isterico e vendicativo, chiunque disturbi i suoi sogni di pacificazione totale.

Farci vivere da carcerati in una città, proibirci di frequentare luoghi pubblici o incontrare altri “pregiudicati” (cioè tutti i nostri compagni) – ecco come le autorità vogliono risolvere il “problema anarchici”. Così facendo, sperano, niente più manifestazioni, occupazioni, lotte autogestite: solo il rumore degli applausi o il silenzio delle pantofole. E questo, è soltanto un problema nostro?

Non accetteremo da vittime una simile dichiarazione di guerra. Per toglierci di torno, dovranno riesumare anche il confino sull’isola di Ventotene. Non è una ragione per piegare la testa. La rassegnazione, ai nostri occhi, è un’isola ben peggiore.

anarchici e amici di Gino Lucetti

VENERDÌ 15 LUGLIO, A PARTIRE DALLE ORE 8.30 PRESIDIO DAVANTI AL TRIBUNALE DI TRENTO

COMUNICATO DA ROVERETO

Ogni tanto una buona notizia. La richiesta di sorveglianza speciale contro un anarchico roveretano – che sarebbe stata, se accolta, la prima di una lunga serie – è stata respinta dal tribunale di Trento. Il gioco era un po’ troppo scoperto.

La questura, infatti, aveva chiesto l’applicazione dell’articolo 1 non per impedire “condotte delittuose in sé, bensì scelte esistenziali che collegate a un certo stile di vita possono turbare la sicurezza e la tranquillità pubblica”. Più chiaro di così. Sembra la teoria di cui la repressione che si sta abbattendo ovunque su rivoluzionari, dissidenti, marginali, immigrati è la pratica.

Non adatteremo mai la nostra vita alle esigenza di quest’ordine sociale.

Solidarietà a tutti i compagni colpiti dalla repressione.

alcuni anarchici di Rovereto

 
 

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