Sogni che non si possono rinchiudere, legami che non si possono spezzare

Le stanno provando tutte.

A fine febbraio il nostro amico e compagno Juan è stato estradato in Italia dalla Spagna. Già al suo arrivo nell’aeroporto della Malpensa ha trovato ad aspettarlo alcuni funzionari della Digos e del Ros dei carabinieri di Trento. Dopo qualche mezza frase, così tipica del mondo mafioso, gli hanno proposto di collaborare con loro in cambio della scarcerazione o di qualche beneficio. Juan li ha mandati a fare in culo senza nemmeno aspettare che terminassero la loro infame proposta.

Evidentemente i funzionari dello Stato pensano che tutti siano disposti a vendere la propria dignità e i propri compagni per uscire dal carcere. Ma stavolta sono cascati male.

Queste losche manovre – ripetutesi più volte negli ultimi anni – rivelano le grandi difficoltà in cui si dibattono i difensori del potere. Non sono bastati arresti, fogli di via e, da ultimo, la sorveglianza speciale applicata ad un nostro compagno, per liquidare le lotte a Rovereto e dintorni. Non sono bastate le microspie collocate in ogni dove. Non è bastato arrestare Juan con l’accusa di “associazione sovversiva con finalità di terrorismo”. Non è bastato arrestare una compagna spagnola (Nuri) con l’accusa di “banda armata” per aver espresso solidarietà a Juan. Le mire del PM trentino Paolo Storari sono ben più ampie. Vorrebbe, questo Pubblico Mercenario della repressione, fare piazza pulita del dissenso non addomesticabile, soprattutto ora che alcune lotte (ad esempio contro l’inceneritore di Trento e contro il TAV del Brennero) stanno facendo incontrare persone molte diverse fra loro, non più disposte a lasciarsi avvelenare per i profitti di pochi e non più rassegnate a delegare la difesa della propria vita e del proprio territorio a istituzioni e partiti. L’ambizioso PM sa che non ha uno straccio di prova per le sue fantasiose associazioni, quindi è alla disperata ricerca di collaboratori.

Per questo tenta in ogni modo di spezzare i legami affettivi, di isolare e di ricattare chi si trova nelle sue grinfie. Così, dopo aver passato tre giorni costantemente ammanettato, Juan è stato portato nel carcere di Opera e di qui trasferito nella sezione ad Elevato Indice di Vigilanza (E.I.V) del carcere di Teramo, in isolamento sia in cella che durante l’aria, sottoposto a continue provocazioni.

Ma certi legami non si possono spiegare né spezzare. Chi si batte per cambiare questo mondo di cemento industriale e affettivo trova le proprie complicità in uno strano universo, fatto di lotte presenti e di storie che vengono da lontano, di amici fraterni con cui sognare e di sconosciuti per cui continuare ad insorgere, di urla di amore e di rabbia che oltrepassano le mura e le sbarre, di barricate a cui unirsi durante la rivolta che verrà.

Tutto ciò si chiama solidarietà, una parola sconosciuta per chi compra e vende negli uffici di un aeroporto e nei sottoscala di un tribunale.

Per chi volesse esprimergli la propria solidarietà, l’indirizzo di Juan è:

JUAN ANTONIO SORROCHE FERNADEZ - C.C CRT / COSTROGNO - 64100 TERAMO

anarchici roveretani