Sentenza del processo “Nottetempo”
Giovedì 12 luglio, alle ore 23.30 è stata pronunciata la sentenza di primo grado del processo contro gli anarchici di Lecce e provincia. Vi è stata l’assoluzione per associazione sovversiva ma quattro compagni sono stati condannati per associazione a delinquere (art. 416 c.p.). Salvatore ha subito la pena più pesante a 5 anni, perché considerato il promotore di questa associazione; Saverio e Cristian, considerati partecipanti, sono stati condannati a 3 anni, mentre Marina, sempre considerata partecipante, a 1 anno e 10 mesi. Gli stessi compagni, in maniera differente sono stati condannati anche per alcuni reati specifici: danneggiamento delle pompe di benzina di un distributore Esso, occupazione del Capolinea, manifestazioni non autorizzate, violenza a pubblico ufficiale, istigazione a delinquere nei confronti degli immigrati che si trovavano all’interno del centro di detenzione, una scritta murale, diffamazione, minacce telefoniche nei confronti dell’ex direttore torturatore dell’ex Centro di Permanenza Temporanea di San Foca, Cesare Lodeserto, e nei confronti di due medici che vi avevano prestato servizio e che avevano redatto dei certificati falsi per occultare le violenze procurate dallo stesso prete e da alcuni carabinieri a molti immigrati che avevano tentato di fuggire; ai medici e a Lodeserto sono state riconosciute alcune migliaia di euro di risarcimento per le minacce telefoniche che avrebbero ricevuto, mentre a uno dei due medici, dott.ssa Cazzato, è stato riconosciuto un risarcimento di 50.000 euro per diffamazione.
Per alcuni di questi reati sono stati condannati altri compagni; Sandro ad 1 anno, Massimo a 4 mesi e Laura a 100 euro di multa. Altri 8 anarchici imputati sono stati assolti completamente. Tutti i reati sono sottoposti ad indulto. È sicuramente chiaro il messaggio che da questa sentenza deriva: punire pesantemente la lotta che è stata condotta in questi anni a Lecce contro il Centro di Permanenza Temporanea “Regina Pacis”, e un monito agli anarchici che nonostante la galera e la repressione non hanno abbassato la testa; si è trovato così lo strumento dell’associazione a delinquere, non avendo elementi per poter applicare l’associazione sovversiva, per dare una lezione a coloro che hanno toccato i nervi scoperti di alcuni intoccabili potenti leccesi.
La difesa ha presentato ricorso in appello, e lo stesso ha fatto anche il P.M. per provare a far passare l’accusa di associazione sovversiva.
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