IL SENSO DI UNO SCIOPERO
IL SENSO DI UNO SCIOPERO
Che cosa succede in città? È semplice: alcuni lavoratori hanno deciso finalmente di reagire all'odioso sfruttamento a cui tutti i lavoratori vengono sottoposti quotidianamente.
A partire dallo sciopero selvaggio del 1° dicembre scorso, gli autoferrotranvieri si sono coraggiosamente ribellati contro l'arroganza dei padroni e contro una logica aziendale, privata e pubblica, il cui unico scopo è il profitto e che pretende oggi di assimilare a se stessa qualsivoglia attività umana.
Ma non solo. I tranvieri hanno mandato al diavolo i sindacati, denunciandone la connivenza coi padroni. Si sono rifiutati di delegare ad altri le proprie rivendicazioni, perché hanno capito che la delega è una truffa e che è venuto il momento di autorganizzarsi attraverso assemblee, anche non autorizzate, per discutere e decidere autonomamente le modalità e i tempi della propria lotta.
Infine, i tranvieri ci hanno fatto un regalo tanto prezioso quanto inatteso: ci hanno mostrato nei fatti che lo sciopero selvaggio (cioè illegale) è nuovamente possibile. Se le regole e le leggi vengono stabilite non dalla maggioranza del "popolo sovrano" (la grande finzione su cui pretende di reggersi la democrazia rappresentativa), ma da una minoranza di privilegiati che controllano il potere politico, economico e mediatico, allora la legalità è un'impostura bella e buona, e la lotta reale (non la messinscena di finti conflitti da parte dei burocrati sindacali) non può che trasgredire le regole. Non a caso le autorità hanno tentato di intimidire i lavoratori con misure poliziesche (queste sì terroristiche!) quali la precettazione.
"Rischio caos" hanno titolato alcuni giornali. E se il "caos" non fosse un rischio, ma un'opportunità? L'unica opportunità concreta per fermarci, almeno un attimo, a riflettere sul nostro modo di vivere, e soprattutto su rapporti sociali che giorno dopo giorno ci abituano alla paura della precarietà e alla rassegnazione.
Per queste ragioni salutiamo con gratitudine il nuovo sciopero degli autoferrotranvieri. E ci auguriamo che le loro pratiche di lotta diventino irresistibilmente contagiose.
Appiedati solidali
Torino, 10 gennaio 2004
Blocchiamo tutto...
...tutti!
I tranvieri in lotta in tutte le città italiane non sono soli. Da Parigi a Bucarest, da Los Angeles a Roma scioperi selvaggi, blocchi delle città e sommosse si stanno diffondendo su tutto il pianeta, segno di un’insofferenza diffusa alle condizioni di vita imposte a tutti gli sfruttati. Quando i padroni hanno sempre meno da concedere, stretti in una crisi che non è crisi ma normale funzionamento dell’economia, quando l’insicurezza e la paura divengono la norma sociale, non c’è più alcuna distinzione di categoria che tenga. Quando non c’è niente da mediare, ai sindacati da sempre impegnati a garantire ad aziende e governi la rassegnazione dei lavoratori - non rimane che indossare le vesti della polizia, come a Milano due anni fa, quando hanno consegnato alle forze dell’ordine i nomi dei partecipanti ai blocchi della stazione durante lo sciopero dei pulitori ferroviari.
Se sono stati i tranvieri a far riemergere con tanto clamore il gatto selvaggio nel nostro paese, i blocchi stradali e gli scontri dei lavoratori dell’Alitalia a Fiumicino hanno dimostrato che questo contagio è pronto ad estendersi. Se sono stati i tranvieri ad intasare le città, gli abitanti di Scanzano hanno evidenziato come la radioattività dell’economia aggredisca tutti, e in tutti gli aspetti della vita.
In un gioco infinito di rimandi, è la realtà stessa che riscopre e riattualizza alcuni vecchi metodi di lotta e disegna l’abbattimento delle distinzioni di categoria e del metodo della concertazione. Ai pendolari dell’Abruzzo che bloccano l’autostrada e si rifiutano di acconsentire al rincaro dei pedaggi, così, rispondono i molti che, nelle città bloccate a dicembre hanno intravisto la possibilità di un’esistenza non più sottomessa alle esigenze della produzione. Agli “esuberi” dell’Alfa Romeo che occupano i binari a Milano, rispondono i precari del Mc Donald’s di Parigi che da mesi tengono sequestrati locali e attrezzature, e i tranvieri di Los Angeles che hanno paralizzato la metropoli per trentadue giorni consecutivi.
È per questo che i tranvieri non sono soli: tutt’attorno ci sono orecchie pronte a cogliere i loro suggerimenti, e bocche complici pronte a sussurrarne di nuovi. Quando i sindacati e le regole decise dai padroni vengono scavalcati e si fa largo l’insubordinazione diffusa, non esistono più né precari né garantiti, né ferrovieri né disoccupati, né operai né tranvieri né hostess. È un mondo intero che non ne può più e comincia a riscoprire la voglia e la gioia di riprendere in mano la propria vita e rivoltarsi.
Appiedati solidali
C/o Centro di documentazione Porfido - Via Tarino 12/c - Torino
[12 gennaio 2004]
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