Regina Pacis, San Foca, Lecce.

Luogo di carcerazione, di abuso e di sopraffazione. Luogo in cui esseri umani, senza distinzione di età e di sesso vengono reclusi perché, da stranieri, si trovano in Italia senza un documento, diretta conseguenza della loro povertà o della disperazione da cui fuggono, provocata da guerre, miseria, carestie, licenziamenti di massa e quant’altro. Se avessero la possibilità di rispettare tutti i requisiti previsti dalla legislazione italiana, probabilmente non rischierebbero la propria vita pur di attraversare il mare o varcare la frontiera, ma sceglierebbero forse di fare i turisti.

Ma in questo mondo chi fa le regole, il Capitale e gli Stati, decide chi ci deve vivere e chi ci deve morire, magari sotto le bombe. Chi può abitare tranquillamente nel luogo dove è nato, e chi è costretto ad errare, non avendo nessun’altra alternativa. Stabilisce che pochi privilegiati possono starsene sereni a godersi il proprio congruo stipendio, e molti altri precarizzati invece debbano vivere sotto una minaccia.

Sotto la minaccia di non trovare lavoro, o di rischiare in continuazione di perderlo; sotto la minaccia di non potersi permettere un tetto, a causa dell’alto costo degli affitti; sotto la minaccia di un "nuovo terrorismo", che per gli Stati e i suoi portavoce è il motivo che deve farci accettare qualsiasi sottomissione e controllo, pur di essere "difesi". Di certo un buon alibi per nascondere i misfatti di chi da sempre si nutre come un parassita della vita e del lavoro dei suoi cittadini. Molto più tragicamente la minaccia che maggiormente incombe è quella di perdere la libertà. Chiunque si opponga oggi alle imposizioni e alle violenze del potere, è considerato un criminale, così come chi non viene ritenuto un ingranaggio utile al suo funzionamento, è considerato un indesiderabile. Gli uni e gli altri vengono rinchiusi o deportati in carceri, centri di permanenza temporanea o case di cura, alla faccia della retorica dei diritti umani e del progresso della civiltà. Chi continua a sfruttare, a uccidere, a rendersi complice di questa guerra contro l’umanità, gode invece del massimo rispetto. Uno di questi sciacalli è proprio Mons. Ruppi, vescovo di Lecce, che gestisce insieme a Cesare Lodeserto il Regina Pacis.

In esso vi reclude le persone, le priva del loro tempo e della loro libertà; decide per loro della loro vita e specula sulla loro speranza e disperazione che permette solo di fuggire alla ricerca di una vita migliore; eppure è considerato un benefattore. Una persona che continua a dare lezioni agli altri su ciò che è bene e su ciò che è male, mentre consapevole di avere le mani sporche di sangue, scarica la propria colpa sulla legge. Ma non è forse più immorale applicare una legge palesemente iniqua - semmai equa possa essere una legge emanata dallo Stato -, piuttosto che opporsi alla sua attuazione?

Qualcuno ha deciso di spezzare questa catena di menzogne e non intende fermarsi neanche di fronte alla meraviglia di chi si indigna per l’interruzione di una messa da parte di alcuni manifestanti, avvenuta pochi giorni fa, intenti ad esprimere la loro disapprovazione per l’operato del vescovo Ruppi; indignazione che non appare così forte invece di fronte alla morte di migliaia di persone, avvenuta nel tentativo di raggiungere le nostre coste, per via della militarizzazione delle frontiere.

Non ci sarà pace fino a che tutti gli esseri viventi non saranno padroni della loro vita.
Il Regina Pacis deve chiudere.


Nemici di ogni frontiera
Donne e uomini innamorati della libertà

c/o Capolinea Occupato Via Adua – Lecce

 
 

Il sito guerrasociale.org non è più attivo da molto tempo. In queste pagine sono stati raccolti e archiviati in maniera pressoché automatica tutti i testi pubblicati. Attenzione: gli indirizzi (caselle postali, spazi occupati, centri di documentazione, email, ecc.) sono quelli riportati nella pubblicazione originale. Non se ne garantisce quindi in nessun modo l'accuratezza.