Il consumo energetico aumenta sempre. È un dato di fatto banale quanto allarmante, quello che il fabbisogno energetico, su scala planetaria, cresca in maniera esponenziale col trascorrere del tempo.

Schiavi di uno sviluppo industriale governato e gestito da una casta di tecnocrati, incapaci di intuirne semplicemente il senso, impediti anche a lavarci i denti senza dipendere da altra energia se non quella sviluppata col nostro braccio, ci dicono ci sia l’esigenza di escogitare di continuo nuovi modi di produrre energia.

Negli ultimi due anni, nel Salento, si è fatto un gran parlare di inceneritori, ed anche su queste pagine ce ne siamo occupati. Di recente è tornato a parlarne il sindaco di Martano, Pasquale Conte, in seguito ad una proposta ricevuta da una non meglio specificata multinazionale svizzera, che avrebbe avanzato una offerta di un milione di euro annui al comune, in cambio dell’installazione di un impianto di termo-distruzione dei rifiuti, da cui produrre energia. La notizia, col trascorrere dei giorni, è rientrata.

Intanto, a Brindisi una multinazionale inglese – la British LNG – ha avviato i lavori per la realizzazione di un rigassificatore, nonostante l’alt imposto dal comune, in quanto ancora non si conosce con esattezza la città che lo dovrà “ospitare”. Si parla anche di Taranto, e si è fatto avanti anche il comune di Barletta, fiutando evidentemente l’affare di diversi milioni di euro tra appalti, indennizzi, ecc. Difficile comunque pensare che, tra i rigassificatori previsti dal piano energetico nazionale – si parla di cinque –, almeno uno non tocchi alla Puglia, considerando l’estensione delle sue coste e la posizione “privilegiata” che occupa all’interno nel bacino del Mediterraneo. I rigassificatori, sono strutture che servono a riconvertire allo stato gassoso il gas, trasportato nei porti con navi gasiere in forma liquida, ad una temperatura di 163° C sotto lo zero; da qui, il gas viene immesso nei gasdotti del territorio nazionale. Ne esistono circa cinquanta in tutto il mondo, e tutti in zone non servite da gasdotti. Naturalmente, in ogni località potenzialmente interessata all’installazione, sono in corso proteste, il cui intento è quello di non fare impiantare la nocività, portando a sostegno della propria richiesta il fatto che l’aria di casa propria… è già abbastanza inquinata!

Quanto ai mezzi a cui si fa ricorso, sono sempre gli stessi: le consuete parate monopolizzate dai soliti noti personaggi locali, le consuete richieste alle solite autorità competenti… eppure, dal ricordo della beffa per l’installazione della centrale a carbone di Cerano (BR) – quando un referendum popolare la bocciò a larghissima maggioranza, ma fu realizzata lo stesso –, si dovrebbe trarne insegnamento utile.

Tuttavia, queste proteste sono ugualmente scomode per i signori del vapore, non fosse altro perché i fastidiosi ricorsi al TAR, che di solito ne conseguono, allungano i tempi di avvio della nocività di turno. Oltre a ciò, si consideri che la possibilità di continuare a produrre energia dagli idrocarburi, la cui curva di sfruttamento ha iniziato la fase discendente, sarà economicamente vantaggiosa ancora solo per pochi decenni, quindi bisogna iniziare a pensare ad altro, a nuove forme di produzione energetica.

Le chiamano “fonti rinnovabili” o “energie alternative”. Tra esse, c’è quella prodotta sfruttando il vento.

Nel Salento, sono in corso i lavori per la realizzazione di uno di questi impianti eolici, nella campagna attorno all’abbazia di Cerrate, vicino Squinzano. Questo genere di impianti incontrano molta meno opposizione popolare, anche tra i gruppi dell’ecologismo istituzionale, forti del fatto che il loro impatto ambientale e l’inquinamento prodotto è – ci dicono – praticamente nullo. L’unico problema può sorgere, come è stato il caso proprio di questo impianto a Cerrate, dalla eccessiva altezza delle pale, che fanno gridare allo sfregio del paesaggio naturale o dei beni architettonici nei paraggi.

Nessuno sembra invece porsi l’interrogativo del perché, del chi e del a che cosa serva una sempre maggiore produzione di energia, che si crede utile a soddisfare i tanti bisogni indotti, fatti di microonde e condizionatori, e non a garantire l’esistenza di un mastodontico apparato tecno-industriale, costretto a rincorrere se stesso per non crollare miseramente sotto il suo stesso peso, ed a cui siamo attaccati come escrescenze tumorali. Ci viviamo in simbiosi, e non possiamo più farne a meno. Non ne comprendiamo il significato, ma gli scienziati ci garantiscono che ne esiste uno.

Per farci accettare di buon grado le nocività che vengono ad impiantare fuori dalle nostre finestre, intanto, hanno prima bisogno di terrorizzarci, e lo fanno agendo come da tempo ci hanno ormai abituato: creando, fomentando e sostenendo l’emergenza. Negli ultimi anni i pretesti non sono mancati: dal black-out del settembre 2003 a quello di inizio novembre scorso, passando per la cosiddetta “crisi del gas” nella contesa Russia – Ucraina dell’inverno 2005 - 2006.

Forti di queste “emergenze”, accanto alla preoccupazione, ed all’interesse, per le energie rinnovabili, è tornata prepotentemente la possibilità del nucleare; da alcuni anni, eminenti specialisti ci garantiscono che è sicuro ed economico, e importanti enti economici e governativi fanno forti pressioni per un suo utilizzo sempre più massivo. Lo spauracchio di Chernobyl è ormai lontano nel tempo e nella memoria per continuare a fungere da deterrente, e rispetto agli anni ’80 una generazione è passata e cambiata, ed anche su questo punteranno per provare a far breccia. Probabilmente, nel prossimo futuro, una nuova dura lotta per opporci al nucleare ci attende: parlarne ora, può essere utile per non farci trovare impreparati.

Quanto alle energie rinnovabili, si tratta solo di un palliativo, dell’ultima foglia di fico per tentare di nascondere la vergognosa nudità di un mondo che, di rinnovabile, non può più avere nulla.

L’unica possibile soluzione, è ripartire radicalmente da zero…

 
 

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