**D.A.F. de Sade, *La Verità***

pp. 16 - 1,00 Euro

«Sii tollerante. Conserva fermamente la tua fede o la tua convinzione, ma consenti che si abbia una fede o una convinzione differente. Non far niente, non dir niente che possa ferire la credenza di un altro: è cosa intima della coscienza umana, così delicata che si sgualcisce, sfiorandola» Paul Doumer

Scritta nel 1787, La Verità è sicuramente l'opera più violenta e passionale che Sade abbia mai scritto contro la religione. Sono testi come questo ad aver spinto alcuni suoi critici - Klossowski in testa - a considerare Sade non un ateo ma un "credente", dato che insultando ferocemente Dio finiva col legittimarlo. Sebbene questa tesi sia in seguito venuta meno, mostrando tutta la sua superficialità, non si può di certo affermare che l'ipotesi di fondo sulla quale poggiava - che ha sempre svolto un ruolo nefando nella produzione di pace sociale - sia stata debellata.Tale ipotesi stima ogni trasgressione come una legittimazione dello stesso oggetto "infranto". La cosa, a prima vista, appare ovvia. Solo chi riconosce un divieto può trasgredirlo, solo chi crede in Dio può bestemmiarlo. Ne deriva che il vero ateo non bestemmia, in quanto non accetta l'esistenza di Dio. Ecco perché chi si scaglia contro la religione in genere guarda con sospetto l'uso della bestemmia come arma; perché la lotta contro Dio viene considerata una sorta di scontro fra la Ragione e il Pregiudizio, che è assai più "costruttivo" circoscritto all'ambito della riflessione filosofica e morale, in cui non può esserci spazio per gli eccessi. Questo spiega come mai la propaganda anti-clericale sia stata sempre limitata alla dimostrazione dell'inesistenza di Dio, o magari agli effetti nocivi della sua fede, o ancora alla denuncia dei misfatti dei suoi rappresentanti in terra, e mai, o quasi mai, servendosi di toni blasfemi. Per noi la trasgressione non è necessariamente il riconoscimento di ciò che si infrange. Non cadremo più in questo tranello, non scambieremo più l'ateismo con la lotta anti-religiosa. Indubbiamente l'individuo non ha bisogno di insultare Dio per negarlo, per diventare ateo. Ma se ad un certo punto un ateo non si accontentasse di professare il proprio ateismo e decidesse di intraprendere una lotta contro la religione, cosa succederebbe? Ecco che dovrebbe pur attaccare proprio nemico, colpirlo al fine di distruggerlo. Allora, perché rinunciare alla bestemmia? Dio non è un semplice fantasma che si agita nella coscienza degli individui, è un pilastro dell'oppressione sociale e si manifesta continuamente attraverso persone ed oggetti concreti. Perché mai un nemico della religione dovrebbe risparmiarli, evitando di offenderli? Perché un ateo sceso sul piede di guerra dovrebbe rispettare i propri nemici, le loro certezze, la loro fede? Forse per rimpinguare la cancrena della tolleranza sostenuta dai ciarlatani della vita? La lotta contro la religione non deve affatto limitarsi alla speculazione filosofica, quando il suo scopo non è solo quello di dimostrare l'errore in cui cadono i credenti, ma di spazzare Dio fuori dalla faccia della terra.

«Distruggere tutti i mezzi la religione, cancellare fino agli ultimi resti questi monumenti di tenebra davanti a cui gli uomini si sono prosternati, annientare i simboli che un pretesto artistico cercherebbe inutilmente di salvare dal gran furor popolare, disperdere la pretaglia e perseguitarla fin nei suoi estremi rifugi.. Tutto ciò che non è violenza, quando si tratta della religione, dello spauracchio di Dio, dei parassiti della preghiera, dei professori della rassegnazione, dello spauracchio di Dio, dei parassiti della preghiera, dei professori della rassegnazione, è assimilabile al venire a patti con questa innumerevole canaglia del cristianesimo, che deve essere sterminata» Benjamin Péret

 
 

Il sito guerrasociale.org non è più attivo da molto tempo. In queste pagine sono stati raccolti e archiviati in maniera pressoché automatica tutti i testi pubblicati. Attenzione: gli indirizzi (caselle postali, spazi occupati, centri di documentazione, email, ecc.) sono quelli riportati nella pubblicazione originale. Non se ne garantisce quindi in nessun modo l'accuratezza.