#lang it #title RECENSIONE Otto Gross, *Senza freni*
**(Ed. Gratis, 2006 - pp. 104 )**
*Se si vede nell’adeguamento all’ordine esistente un segno di normalità, allora si potrà considerare l’insoddisfazione nei confronti di questo ordine un sintomo di squilibrio psichico.* *Ma se si considera come norma l’estrinsecazione di tutte le possibilità innate nell’uomo, ben sapendo per intuizione e per esperienza che l’ordine sociale esistente rende impossibile la massima realizzazione dell’individuo e dell’umanità, solo chi è soddisfatto dell’ordine esistente può essere ritenuto malato.* **Otto Gross**
Opera meritevole la pubblicazione, per la prima volta in italiano, di alcuni scritti di questo psichiatra e psicanalista di inizio Novecento. Otto Gross, figura anomala e ribelle, avulsa dai canoni classici della psicanalisi ufficiale, ragione per cui non trova spazio all’interno di essa ma è stata del tutto rimossa. Austriaco, cresciuto in ambienti dell’alta borghesia, figlio di un notissimo criminologo che sarà padre autoritario e figura ingombrante nella sua vita, Otto Gross è considerato fin da ragazzo un prodigio, tanto che giovanissimo si laurea in medicina con risultati eccellenti. Si avvia allo studio della psichiatria e quindi della psicanalisi, avvicinandosi alle teorie di Freud, che arriverà a considerarlo il migliore allievo dopo Gustav Jung. Ben presto però Gross si scontra con Freud sulle cause dei disturbi nervosi: il problema non è sessuale, afferma, bensì sociale; secondo Gross, l’affermazione dell’individualità tende ad essere soppressa dall’autorità esterna, soprattutto tramite l’educazione che viene impartita nel periodo dell’infanzia. La famiglia ed il patriarcato, dunque, e poi tutte le altre istituzioni repressive che l’individuo incontra sul suo percorso di vita, sono forme da abolire per la libertà e la riaffermazione di se stessi. La psicanalisi, quindi, come *«conoscenza di sé»*. Egli pensa che l’indagine psicanalitica di Freud si sia fermata ad un certo stadio per evitare la piena presa di coscienza della propria individualità, cosa che porterebbe in rotta di collisione con l’autorità ed il potere costituito, e quindi a conseguenze rivoluzionarie. Gross parla del conflitto tra *«ciò che è proprio»* e *«ciò che è estraneo»*, concetto che ricorda quello stirneriano de *«l’individualità propria»*, e che tra le letture di Gross ci siano anche quelle di autori anarchici, lo prova la citazione de “Il mutuo appoggio” che si trova in un suo scritto. Del resto, egli affronta anche la critica del parlamentarismo come mezzo per il conseguimento di un vero progresso, che si può raggiungere esclusivamente per mezzo della rottura rivoluzionaria. L’idea rivoluzionaria è sempre presente in Gross, tanto che in alcuni scritti troviamo le sue idee per una educazione pre e post-rivoluzionaria, che permetta di superare la sottomissione e la “volontà di potere”; è proprio scrivendo in merito all’educazione, attraverso cui «si perverrà finalmente a superare la contrapposizione che separa l’altruismo dall’egoismo. Occorre che l’individuo arrivi a vivere l’espansione del proprio essere in una libera relazione con esseri liberi» (pp. 99) che troviamo ancora accenni a Stirner. Destinato alla carriera ed al successo, Otto Gross rimane uomo conseguente a se stesso e alle sue idee favorevoli alla droga ed alla libertà sessuale, che portano alla caduta dei freni inibitori e quindi alla liberazione. Questo farà di lui un tossicomane consapevole dedito ad una vita dissoluta, che lo farà scivolare sempre più verso la marginalità, alternando cure disintossicanti a ricoveri in manicomio, fino a quando, fuggendo da questo, non verrà marchiato da Gustav Jung come affetto da demenza precoce. Lo stigma della malattia mentale come mezzo per bandire la sua vita e le sue idee; il concetto di pazzia come catena per legarlo indissolubilmente, più di quanto potesse fare il marchio di drogato o sovversivo. Tutto ciò porterà il padre a farlo interdire e rinchiudere in manicomio, da cui uscirà solo grazie ad una enorme campagna lanciata in suo favore dagli ambienti libertari, dadaisti in particolare. Morirà a 43 anni, dopo essere stato ritrovato privo di sensi in una strada di Berlino.