#lang it #title RECENSIONE Carlo Frontone, *De Gustibus disputandum est* [Da "Canenero" - settimanale anarchico, n. 38, 8 novembre 1996] Carlo Frontone, *De Gustibus disputandum est*
(Il rovescio, Roma 1996, 56 pp.) "Chi desidera e non agisce ammorba”. Il libro di Frontone - il primo testo di una collana che s'intitola significativamente *Gli intolleranti* - si apre con questa revolverata di William Blake. Non a caso, perché il pamphlet è un attacco contro la sacra indiscutibilità dei gusti dietro la quale la democrazia, con il pretesto di salvaguardare la libertà di scelta, realizza il più totalitario livellamento dei desideri. Il precetto “non si deve discutere dei gusti” è diventato la giustificazione della miseria quotidiana, della continua guerra mossa all'intelligenza, della sofisticazione dei cibi e di ogni nocività sociale e ambientale; insomma, del ricatto e della soggezione. In nome dell'indice di ascolto e delle statistiche mercantili, il condizionamento psicologico e il controllo poliziesco si presentano come bisogni, oggettivamente documentabili, degli spettatori e dei consumatori, di quella bestia collettiva, anonima ed addomesticata che è il pubblico. I gusti, separati dagli individui concreti, circolano come merci. Le cause di questo spossessamento si allontano in un tutto misterioso e le responsabilità si assottigliano. Venduta la capacità di pensare e di agire, si può comperare qualsiasi cosa. “Si può trovare, fra tanti, il proprio canale televisivo preferito, oppure, meno dogmatici, passare ininterrottamente da un programma all'altro”. L'ideologia della tolleranza offre a questo spettacolo la sua base morale: l'insindacabilità delle scelte. Nessuna critica è permessa. Ognuno per sé e l'audience per tutti. Frontone, fuori dal coro, sostiene che il *pubblico* è una creazione preventiva della politica e dell'economia cui politici ed economisti fanno poi ritorno per confermare quello che già hanno deciso. Prima si preparano le risposte, poi si fanno le domande. Meglio, si impongono domande che hanno in sé le proprie risposte. Il parallelo tra le elezioni e le indagini di mercato salta agli occhi. “Quando lo Stato si prepara a legittimare il proprio potere, si fa chiamare popolo sovrano”. Allo stesso modo, il capitale ha bisogno, per dominare l'individuo, della sovranità del consumatore. Quella che si chiama “scelta” e che si ammanta di sacralità è una simulazione con cui si ribadisce soltanto l'impotenza di determinare la propria vita, di sottrarla alla tirannia del Numero e alla gerarchia della merce. Ed è proprio questa impotenza che ammorba l'aria. Ogni altro inquinamento è in fondo un corollario, un dettaglio per ecologisti. “Quando non riesco a respirare, non mi si venga a dire di essere tollerante. Sarebbe come dirmi che mi si vuole morto. I morti, infatti, sono gli unici tolleranti”. Contro questa tollerante società della morte, e contro l'antico adagio per cui dei gusti “disputandum non est”, nel pamphlet si dice che i gusti sono proprio ciò che va messo in discussione; che il cosiddetto bene collettivo in realtà è la somma dei malesseri individuali che pretende, in quanto tale, di essere difesa; che non esiste libertà senza abolizione dell'opinione pubblica. Questo libro è un esempio di come, anche su questioni di notevole portata, si possa dire tutto quello che c'è da dire in un piccolo testo. “Tutto quello che, di importante, su un argomento che lo è altrettanto, non può essere detto in cinquanta pagine, non merita di essere letto. Tutto il resto, non lo merita comunque”. Con buona pace dei grandi trattati sociologici e delle documentatissime analisi politiche. Tanta sicumera può forse infastidire, ma questo testo merita davvero, a mio avviso, di essere letto. Peccato che non sia mai stato scritto.