Una questione comune. A proposito di un inceneritore

    Alcuni solidali

Negli ultimi mesi numerose sono state le proteste e tanto il malumore e l’insofferenza che hanno manifestato i cittadini di Surbo e Giorgilorio, per il progetto di costruzione di un inceneritore di cui si parla da anni e che ora pare essere arrivato alla fase esecutiva. Proprio in virtù di tali proteste, la costruzione di un inceneritore dove bruciare tutti i rifiuti del Salento in località "Fondo D’Aurìo" a Giorgilorio pare stia per essere accantonata, ed una nuova area sembra sia stata identificata come idonea per la realizzazione dell’impianto di incenerimento, area sita nel Comune di Melpignano, e questo anche grazie - o sarebbe più giusto dire per colpa - del Sindaco di questo paese, che si è dichiarato favorevole alla sua installazione, per motivi che è fin troppo facile immaginare. Le proteste e l’opposizione che si sono create a Surbo e Giorgilorio e quelle che speriamo si leveranno a Melpignano e comuni limitrofi, non possono e non devono restare isolate e circoscritte agli abitanti più direttamente coinvolti dal progetto per mere questioni territoriali. Quelle che sembrano nascere come delle semplici lotte locali di pochi residenti - e che come tali vengono fatte passare da giornali e tv -, devono inevitabilmente trasformarsi in lotte comuni, capaci di coinvolgere tutti coloro che ritengono intollerabile la realizzazione di una nuova struttura nociva nel Salento - ovunque si decida di realizzarla -, già abbondantemente devastato da abusi edilizi, privatizzazione e cementificazione delle coste, discariche di ogni genere - lecite e meno lecite -, giungla di ripetitori e altro ancora.

La realizzazione di un inceneritore - o "termovalorizzatore" come amano chiamarlo i suoi difensori - dentro cui riversare e bruciare tutta la spazzatura prodotta nella provincia, vorrebbe significare l’immissione nell’atmosfera, a ciclo continuo, di impressionanti quantità di diossina, gas nocivo derivante appunto dalla combustione dei rifiuti, con tutto ciò che una cosa del genere comporterebbe, e cioè la ricaduta di tale gas sulla vita della popolazione attraverso l’aria, l’acqua ed il cibo ingeriti. Non possono certo bastare le rassicurazioni degli specialisti - che abitano nelle loro lussuose ville in campagna - che ci descrivono questo mostruoso progetto come sicuro in quanto gioiello della più avanzata tecnologia a rassicurarci, né tantomeno la promessa politica di qualche nuovo posto di lavoro a rincuorarci, o la prospettiva di produrre energia da ciò che giornalmente buttiamo ad affascinarci. La costruzione di un inceneritore è un progetto di morte, distruzione e devastazione ambientale e sociale a cui bisogna opporsi con ogni mezzo necessario, e farlo tutti assieme.

Neanche può essere la soluzione, come già qualcuno ha ipotizzato, costruire l’inceneritore in un altro luogo, perché la ricaduta in termini di salute e distruzione è comunque sull’intero territorio (non bastano certo 50 km a fermare le nubi di gas velenosi spostate dal vento…), e perché bisogna uscire dalla logica di difesa esclusivamente della propria parrocchia se si vuole incontrare la solidarietà attiva di altra gente. La lotta non deve essere dei residenti di un comune interessato contro i residenti di un altro comune che potrebbe esserlo, ma di tutti i reali oppositori contro tutti coloro - uomini e istituzioni - che ne difendono il progetto e l’utilità.

Per evitare le facili mistificazioni di chi inevitabilmente farà notare che l’emergenza dello smaltimento dei rifiuti esiste, e che in qualche modo bisogna porvi rimedio, diciamo fin d’ora che chi afferma ciò è in malafede e cerca di confondere gli effetti con le cause reali. L’enorme quantitativo di spazzatura prodotto giornalmente, infatti, altro non è che l’effetto di un modello di vita dannoso, ma la cui causa è da identificarsi nell’attuale sistema sociale e nella società mercantile e dello spreco di cui viviamo schiavi, e che ogni giorno ci spinge ad acquistare e consumare una quantità incredibile di prodotti superflui: basta dare un’occhiata ai bidoni della nostra spazzatura ogni giorno per rendersene conto. Per uscire da ciò, tuttavia, non basta opporsi alla realizzazione di un inceneritore, ma sconvolgere l’intero sistema che ci domina. Opporsi all’inceneritore, è anche una lotta parziale in questa direzione.

Ma l’opposizione, perché sia reale, concreta e totale, deve necessariamente restare nelle mani della gente, dei reali nemici di ciò che si intende ostacolare, evitando di delegarne la sorte ad altri, siano essi racket politici - che nel corso dell’ultima tornata elettorale si sono dimostrati come sempre prodighi di promesse con tutti -, sindacali, associativi o chiunque altro possa cavalcare le lotte per un proprio tornaconto personale, sia esso economico, politico o altro. Del resto, chi meglio dei diretti interessati può tutelare i propri interessi in termini di salute e difesa del territorio?

L’autoorganizzazione diretta degli interessati dal problema è il modo migliore per contrastare il problema stesso e porvi rimedio, e mai come ora questa semplice verità è sotto gli occhi di tutti. Le lotte dei ferrotranvieri e degli operai Fiat di Melfi per il rinnovo del contratto; quella della popolazione di Scanzano Jonico e di tutta la Basilicata (e non solo…) contro il deposito di scorie nucleari; quella dei cittadini napoletani contro la creazione di nuovi depositi di stoccaggio dei rifiuti, questi esempi ci parlano; essi sono la prova lampante di come si possano vincere delle lotte importanti facendo affidamento solo sulle proprie forze.

È questa la strada da seguire, è questa la strada che noi, insieme agli abitanti di Melpignano, Surbo, Giorgilorio e di tutto il Salento vogliamo provare a percorrere, per difendere la nostra salute, il nostro territorio, le nostre vite dall’ennesimo abuso che le istituzioni vogliono compiere.

Questo scritto vuole essere un primo passo per una riflessione e una discussione comune, per decidere tutti assieme i metodi per opporsi a questo nuovo, nocivo progetto.

Alcuni solidali

L’ecologista è pieno di soluzioni miracolose per salvare le specie e i paesaggi minacciati, ma senza affrontare LA CAUSA di tutte queste catastrofi. Siccome gli diviene sempre più difficile ignorare che è il capitalismo a produrre tutte queste meraviglie, adesso si è messo a fare la morale ai capitalisti. E additando gli inquinatori alla vendetta popolare, spera di scatenare un movimento di rifiuto delle pratiche nefaste. Ma queste pratiche possono cessare soltanto insieme alla loro causa.
Rifiutando la critica radicale di questo mondo, l’ecologista trova il suo sbocco nella migliore delle ipotesi in una partnership con gli inquinatori che desiderano limitare dei guasti troppo visibili. La sua perizia diviene necessaria nella gestione del disastro: sviluppo sostenibile, sistematizzazione del riciclaggio o preservazione dei paesaggi non fanno che rafforzare la logia mercantile intimandole di diventare amichevole verso la vita. Con il riciclaggio non si pone più la questione di quel che viene prodotto né quella delle ragioni di questa produzione; con lo sviluppo sostenibile non si interroga la totalità fittizia dell’economia, e con la preservazione dei paesaggi e delle specie si finisce col diventare custodi di museo.

**C. Fons, *OGM. Ordine Genetico Mondiale***

(Ed. 415, 2004)