Gli accoltellamenti, le aggressioni e gli incendi di spazi sociali da parte di gruppi neofascisti, con evidenti coperture istituzionali, non sono un fenomeno da sottovalutare. Il diffuso sentimento di precarietà e di sradicamento, la timida ripresa di lotte che rompono l’argine partitico e sindacale, la sfacciata arroganza delle forze al governo, l’acuirsi della repressione offrono condizioni favorevoli agli squadristi e ai loro amici in doppiopetto. Anche sul piano culturale costoro stanno guadagnando non pochi spazi (pensiamo solo alla questione delle foibe), ben aiutati dalla complicità della sinistra istituzionale e dalla sua falsa coscienza. Detto questo, una delle peggiori trappole in cui potremmo cadere è quella del fronte unico antifascista in accordo più o meno esplicito con le forze istituzionali, ben liete di spostare la lotta contro lo Stato e il capitale verso un obiettivo a loro più funzionale: quello di contrastare l’estrema destra in nome della legalità costituzionale.

Opporsi ai fascisti, certo, ma senza mai retrocedere da una più ampia ostilità verso quel dominio di cui i nostalgici del duce sono una diretta manifestazione. A tal fine ci sembra importante riflettere sulla lotta partigiana, sulle sue diverse anime, sui giochi di potere che l’hanno caratterizzata almeno fin dal ’43, sulla liquidazione delle prospettive sociali e di classe che pur conteneva, sulle responsabilità di partiti e sindacati, sulla continuità dello Stato dal fascio littorio al tricolore repubblicano. La retorica sulla Resistenza in quanto secondo Risorgimento, in quanto lotta di liberazione nazionale è stata un’arma formidabile per far ingoiare ai proletari la ristrutturazione capitalista del dopoguerra. Una variante di tale retorica è stata quella della “Resistenza tradita”. In realtà, l’amnistia ai fascisti, la mancata epurazione, eccetera, sono state ben in linea con la politica perseguita dal Pci già molto prima del ’45. La storiografia resistenziale egemonizzata dagli stalinisti ha servito da giustificazione a una nuova nazionalizzazione delle masse: basta notare come gli storici togliattiani abbiano fatto sparire per anni la nozione stessa di guerra civile.

La storia ci insegna che nessuna collaborazione con le istituzioni ha mai impedito che il potere gettasse la maschera della democrazia per indossare la camicia nera. Se la società in cui viviamo diventa ogni giorno più totalitaria (dall’apparato tecnoscientifico a quello culturale, dal lavoro salariato alle aggressioni militari), gruppi come Forza Nuova vi giocano il ruolo di miseri, per quanto pericolosi, valletti. Più decisa sarà la risposta ai neosquadristi e meno spazio lasceremo agli avvoltoi dell’antifascismo legalitario e democratico. Al dominio fa comodo che le nostre energie si incanalino in quella che mediaticamente può presentare come una lotta fra bande giovanili rivali… con qualche vuota dichiarazione antirazzista dei consiglieri di sinistra.

E’ in base a queste considerazioni piuttosto banali che abbiamo deciso di organizzare alcuni incontri a Rovereto per il mese di marzo. Uno studio del fascismo – visto come espressione del capitale – e delle diverse anime della Resistenza ha molto da offrire alle lotte del presente, per riflettere sugli errori da evitare, sull’audacia da riscoprire.

E’ sempre su queste basi che stiamo organizzato per sabato 12 marzo una manifestazione contro ogni fascismo, in solidarietà con due compagni che verranno processati il 17 marzo per un pugno al consigliere di Alleanza Nazionale Pappola. Un’occasione per riprenderci le strade, un’occasione per riattivare, fuori dalle mummificazioni istituzionali e contro odiosi revisionismi, la memoria di lontani lutti e di lontane rivolte. Un’occasione per denunciare la continuità nelle pratiche e nei dispositivi della repressione (codice Rocco, reati associativi, diffide, fogli di via, espulsioni, eccetera). Un’occasione per parlare, senza partiti né sindacati, delle nuove oppressioni e per solidarizzare con le nuove resistenze.

L’invito che rivolgiamo ai compagni, al di là di queste iniziative roveretane, è di unire la risposta e l’attacco contro i fascisti alla riflessione sull’esperienza proletaria tra dittatura e democrazia reale, tra fascismo ed antifascismo di Stato. Insomma, se dobbiamo occuparci anche dei fascisti (visto che in alcune zone è ormai una questione immediata di autodifesa), cerchiamo di non dimenticare i nemici di sempre: lo Stato, il capitale e i loro collaboratori.

anarchici roveretani

 
 

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