Lunedì sera una nube nera ha coperto il cielo sopra Rovereto, una nube sprigionatasi dall'incendio di alcuni fusti di resine stoccati a centinaia nei magazzini della Siric. Un incendio che, stranamente, bruciando sostanze tossiche, ha liberato una nube "atossica". Per gli esperti, non c'è motivo di allarmarsi. D'altronde, non c'era nemmeno dopo Seveso o Chernobyl.

Questa nube non è solo una minaccia immediata, è anche un simbolo - quello del disastro che il capitalismo sta costruendo giorno dopo giorno, con la fredda e irresponsabile logica del profitto.


Nel frattempo il cielo è tornato azzurro, perché le fiamme sono state spente dai pompieri e perché toluene e xilene sono incolori; al clamore dei giornali potrebbe seguire qualche stanca lamentela e poi più nulla.

Ma il rogo della Siric non si spegne né con l'acqua né con gli estintori, né tantomeno con le chiacchiere da bar. Non esistono rimedi parziali, che non siano a loro volta cause di futuri disastri. Il modo industriale di produzione non sa gestire le stesse nocività che fabbrica in serie. Dove le metteranno le centinaia di fusti tossici immagazzinati alla Siric? In Africa, come hanno fatto con l'amianto? In qualche "luogo sicuro" come stanno facendo con le scorie nucleari? Esiste davvero, questo altrove?


Quella nube sembra anonima, proprio come i mille gesti quotidiani che fanno funzionare la macchina tecnologica e burocratica in cui siamo imprigionati. In realtà, anche se la tossicità è democratica, non tutti hanno le stesse responsabilità nel produrla. Da quel merdone di Zadra, professione inquinatore, agli enti pubblici che hanno immagazinato il problema, ai vari marpioni politici che faranno della nube una bega fra amministrazioni concorrenti, le cause di questa catastrofe sfiorata hanno nome e indirizzo. L'origine dolosa dell'incendio è, in tal senso, un fatto del tutto secondario. La Siric, del resto, è in buona compagnia (basta pensare alla Biochemie e all'inceneritore della Marangoni, tanto per rimanere in quella cloaca di veleni che è la zona di Lizzana)


L'unica soluzione è lo smantellamento di tutte le fabbriche di veleno e di morte. Con la lotta di chi le subisce, con la diserzione di chi ci lavora, senza deleghe, senza aspettare il parere dei tecnici. Poco realista, si dirà, poco concreto. Dove finiranno gli operai di queste fabbriche (e di quelle che producono armi, energia nucleare, pesticidi, eccetera)? Quali produzioni alternative bisognerà inventare? Non saremo noi a dare le risposte, perché la menzogna è nelle domande stesse. Solo in un mondo alla rovescia pur di avere il denaro per sopravvivere si compiono attività inutili e dannose. In una vita altra, libera dal profitto e dai suoi controsensi, gli individui controllerebbero gli strumenti e le conseguenze delle loro attività.


Se non siamo capaci di inventarci un'altra esistenza e di batterci per realizzarla, prepariamoci a morire in quella che una Siric qualsiasi ha preparato per noi. E a morire in silenzio, così come abbiamo sempre vissuto.

Anarchici

Per una lotta di tutti gli avvelenati senza potere, al di fuori dei partiti e dei sindacati, uno spazio è aperto in via Bezzi 36 a Rovereto ogni lunedì, martedì e mercoledì dalle 21 alle 23.

 
 

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