Sull’occupazione e i propri desideri
Le occupazioni e le idee che spingono a riappropriarsi di spazi da autogestire sono diverse. Per quanto banale possa essere un’affermazione del genere, a molti chiara non lo è stata, non lo è, né probabilmente lo sarà in futuro.
Pensare che occupare è una pratica con finalità identiche in tutto il mondo è secondo me frutto di pregiudizio e di economia mentale di chi non vuol cercare di capire prospettive diverse dalle proprie. Forse questa convinzione è figlia di quell’immaginario fomentato dai mass-media e dai tanti squatter compiaciuti di se stessi nel presentarsi con certi lineamenti definiti… Idea che è anche di chi vive per strada e che, arrogante delle milleuno esperienze sulle spalle, pensa "quindi" di sapere senza ulteriori verifiche come gira il mondo… piacere al cazzo!!!
Occupare è pratica, ed in questa è implicito solo il desiderio di spazio. Ciò che invece si vuole venga fuori dall’incontro in quello spazio più o meno "libero" (se è di contenitore di diversità che vogliamo parlare) è un altro paio di maniche.
Come si è ripetuto in più incontri, prima e durante l’occupazione, il Capolinea è il vecchio Spazio Anarchico di Corte dei Petraroli trasferito, magari con più potenzialità dovute al maggiore spazio e alla maggiore economia. Possibilità che non devono né essere sprecate (sempre per fare economia) né allontanarci dai desideri che ci portano ad incontrarci. Perché se motivo dell’incontro è solo frequentare un ghetto per alternativi, tanto di moda ieri quanto oggi, allora c’è chi potrebbe risparmiarsi un po’ di chilometri e un po’ di inutile rischio, e stare o per strada o scegliersi il circolo più malfamato - o radical-chic - della città a godersi per i cazzi suoi il piacere dell’illegalità o extralegalità che sia.
Per finire, e non scendere troppo nel particolare delle questioni affrontate negli ultimi mesi, sono sicuro che qualcuno leggendo questo scritto e la parola "ghetto" troverà spunto per stravolgere la questione, dando degli emarginati - o degli autoemarginati - agli "occupanti arrabbiati", e affermando di essere questi i primi a voler costituire un ghetto, per aver allontanato per primi certa gentaglia, di non essere accoglienti e affabili con tutte e le tante persone che si presentano - anche se non tutte lo fanno -…
Quindi qualche precisazione.
Per ghetto intendo uno spazio delimitato in cui un gruppo di persone viene concentrato per essere allontanato \ emarginato da qualcosa \ qualcuno, ma soprattutto per essere meglio controllato. Ciò che viene trascurato è che lo spazio può essere sia materiale che mentale; che la concentrazione può essere imposta o scelta volontariamente e automaticamente come una qualsiasi servitù; che il gruppo di persone e lo spazio può coinvolgere città, regioni, nazioni,… (diventando sempre più ghetto di \ per benestanti, la fortezza Europa insegna, alla faccia degli esclusi del terzo mondo). Questo perché il controllo sociale cambia e si rafforza. Paradossalmente anche il mondo intero può essere visto come un ghetto. E lo stesso desiderio di rompere le gabbie di questo mondo può nascere in uno spazio limitato - e non delimitato - come il Capolinea. Ma se il "fuori ghettizzato" - e con ciò intendo sotto controllo sociale - deve alterare, senza desideri precisi ma con la sola insoddisfazione, i progetti di chi invece ce li ha, che vada a fare in culo…
Per farla breve : se i desideri di rivolta che abbiamo, pensiamo siano simili, troviamoci al Capolinea; se capiamo che sono diversi e abbiamo desiderio di incontrarci comunque, troviamoci al di fuori…
amore, orgoglio, rispetto
un occupante incazzato
Il sito guerrasociale.org non è più attivo da molto tempo. In queste pagine sono stati raccolti e archiviati in maniera pressoché automatica tutti i testi pubblicati. Attenzione: gli indirizzi (caselle postali, spazi occupati, centri di documentazione, email, ecc.) sono quelli riportati nella pubblicazione originale. Non se ne garantisce quindi in nessun modo l'accuratezza.