"Chi la fa l'aspetti", si potrebbe dire riguardo agli aerei che lo scorso 11 settembre sono stati dirottati contro le torri gemelle di New York e un'ala del Pentagono. L'America - si sente commentare per strada - raccoglie quello che ha seminato. Qualcuno è andato a restituirle un po' del suo terrore, delle sue Hiroshima e Nagasaki, delle sue Chatila e Sabra, del suo napalm e del suo uranio impoverito. Altro che "attentato contro il mondo libero". Il pentagono, quartier generale della più grande potenza militare, è responsabile di orrori e nefandezze inenarrabili. Il World Trade Center, il più grande concentramento al ondo di banche e agenzie finanziarie, è il simbolo concreto di un'economia che schiaccia milioni di esseri umani. Qualcuno ha portato nel centro dell'America ciò che l'America esporta quotidianamente alle sue periferie.

Già, ma chi è "l'america"? questo non è Risiko, non è una battaglia raccontata sui libri di storia (l'Italia contro la Francia, l'Inghilterra contro il Giappone, il mondo arabo contro l'America...). A morire sono stati soprattutto civili, non i politici e i burocrati, i generali e i capitalisti. La logica è quella della guerra, una logica che accomuna i dirigenti e gli esecutori, gli sfruttatori e gli sfruttati, un governo e la sua popolazione. La stessa logica degli Stati.

Già, ma nel Kossovo gli aerei bombardavano i civili (gli ospedali, le fabbriche) in nome del popolo americano, e anche di quello italiano. Quello non era "terrorismo", era una "operazione umanitaria". Ciò che accade nei territori occupati dallo Stato di Israele, dove i bambini palestinesi crescono sognando non di diventare astronauti o pompieri, ma "martiri", per dare così un senso e un futuro a una vita che un senso e un futuro non ce l'hanno; ciò che accade in Palestina, tra i cadaveri e le macerie, accade anche e soprattutto in nome del popolo americano, e di quello italiano. Non è allora ipocrita parlare di fanatismo mettendo così a tacere la propria coscienza?

Cosa ha fatto ciascuno di noi, nessuno escluso, per impedire i massacri, le deportazioni, lo sfruttamento spinto fin sotto la soglia di sopravvivenza? Cosa hanno fatto gli impiegati delle torri gemelle perché gli orrori perpetrati dal denaro non fossero compiuti anche grazie a loro? Si può pretendere da altri che la loro violenza sia violenza di liberazione (diretta, cioè, contro gli Stati e non contro la gente), quando noi stessi abbiamo accettato che per "fermare" un Saddam Hussein fossero sterminati in nome nostro trecentomila irakeni?

La paura è entrata nel cuore del capitalismo, il quale non è il Moloch inattaccabile che i suoi tecnoburocrati pretendono. Gli strumenti tecnologici che ha prodotto sono incontrollabili. Un pugno di individui in grado di dirottare qualche aereo, a ben pensare, possono spuntare ovunque. Che cosa sarà la prossima volta? Una bomba atomica portatile? Le "misure di sicurezza" - il che significherà più controllo sociale e più repressione verso i dissidenti, come dimostrano le dichiarazioni ufficiali sulla contestazione al G8 quale "ispirazione del terrorismo" - sono impotenti, e gli Stati lo sanno. Finora queste scene le abbiamo viste nei film di fantascienza, con l'eroe americano che arriva all'ultimo momento. Ma gli eroi, questa volta, non ci sono. Loro non morivano mai. Noi sì, e comunque.

Quali saranno le conseguenze? Polizia ovunque? La guerra?

Sentendoci presi in ostaggio tra i grandi portatori di morte e questi minuscoli venuti da non si sa dove, cosa faremo? Ci stringeremo - sotto l'imperio della paura - attorno alle istituzioni? Oppure finalmente attaccheremo noi un sistema che fa della vita umana una merce sopprimibile ad ogni istante?

Le illusioni sul migliore dei mondi possibili hanno quattro boeing sopra. Nell'indifferenza, nessuno è innocente.

Rovereto, 12 settembre 2001


 
 

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