Ogni forma di Potere costituito si poggia necessariamente su meccanismi di reperimento del consenso e di repressione di pratiche devianti, qualora risulti inutile o insufficiente l’opera di recupero finalizzata a renderle innocue. Nell’uno come nell’altro caso il Potere non può fare a meno di un costante monitoraggio dei suoi sudditi, dei loro rapporti e delle loro attività.

Se un tempo per esercitare questa indispensabile funzione di controllo esso si serviva fondamentalmente dei suoi cani da guardia in carne ed ossa, con annessa una vastissima cerchia di spioni e confidenti, oggi, nell’era della tecnologia ­– figlia di quella scienza che in molti si ostinano ancora a giudicare neutra – dispone di un ventaglio smisurato di nuovi e certamente più efficaci strumenti. Tra questi un posto di rilievo lo occupa sicuramente la videosorveglianza, seconda in ordine di efficienza forse solo al cellulare, la cui sterminata diffusione ha rappresentato, a mio avviso, in termini di controllo sociale, la mossa più azzeccata del secolo, riuscendo ad indurci di fatto a portare sempre in tasca un potenziale sbirro in miniatura. Così, svariati anni or sono, in qualche angolo di strada generalmente delle grandi città, fanno la loro comparsa le prime telecamere, fino ad allora utilizzate per lo più per proteggere i forzieri delle banche e di alcuni esercizi commerciali, riuscendo così un po’ per volta a renderci familiare la loro vista. Come sempre in questi casi, dall’introduzione di un nuovo strumento di controllo alla sua capillare ed incontrastata diffusione il passo è in fin dei conti breve e sostanzialmente indolore, soprattutto grazie all’opera infame dei manipolatori dell’informazione che periodicamente, sia a livello nazionale che locale, imbastiscono emergenze ed allarmi sociali funzionali a crearne l’accettazione e a scongiurare eventuali resistenze nella collettività. È così, per esempio, che veniamo a sapere che la cittadina di Casarano, come Lecce del resto, vive afflitta dalla piaga dei furti e della cosiddetta microcriminalità, e che i residenti esasperati chiedono a gran voce l’installazione dell’infallibile ed infaticabile occhio elettronico… salvo poi scoprire, nelle ultime righe dello stesso articolo, che, per la verità, i suddetti residenti altro non sono che uno sparuto gruppetto di bottegai in un paese popoloso; ancora nello stesso modo ci avvertono che capoluogo e provincia tutta sono letteralmente in balia dei temutissimi vandali, i quali con qualche scritta sui muri e alcuni estintori svuotati nelle scuole, turbano a tal punto il sonno degli amministratori che la sindaca di Galatina, ad esempio, dichiara loro pubblicamente guerra e promette di disseminare una serie di telecamere per ogni dove. Obiettivo questo di già ampiamente raggiunto a Lecce invece, dove per conseguirlo i governanti si sono serviti del problema dello smog causato dal traffico cittadino e quindi della necessaria tutela dell’aria respirata dai residenti nel salotto-vetrina del centro storico (i soli, per censo, ad averne diritto). Il progetto, che prevedeva otto telecamere a presidiare altrettanti accessi alle zone a traffico limitato del centro, non ha incontrato opposizioni ed è stato dunque realizzato.

Senonchè, a cose fatte, il numero degli spioni meccanici è quasi raddoppiato e alcuni di essi sono stati installati ben al di là dei siti previsti. Così l’Autorità cittadina in un colpo solo ha ottenuto il duplice vantaggio di sorvegliare costantemente buona parte della città e al contempo di battere cassa con le multe. Non è tutto. A questo scenario inquietante vanno aggiunte le rassicuranti dichiarazioni del nuovo Questore, rilasciate il giorno stesso del suo insediamento, a testimonianza del suo ordine di priorità. Successore del temerario Manari (indimenticabili i suoi occhi di ghiaccio quando, chiappe strette e petto in fuori, tenendo tra le mani il libretto di Sherlock Holmes, scrutava impavido l’orizzonte) il neo-Questore non vuole essere da meno e rilancia subito: “Più telecamere più sicurezza”. Stando così le cose perchè mai dovremmo stupirci se anche l’assessore alla Pubblica Istruzione della Provincia, Loredana Capone, vuole servirsi del potente mezzo per controllare che i ragazzi si comportino come si deve nelle scuole leccesi. Come dargli torto? E poi, se è vero che la scuola deve preparare alla vita del mondo fuori, quale modo migliore per abituare i giovani a vivere una vita che è essa stessa ad essere sorvegliata speciale? In un mondo in cui per giunta spiare non è più ormai prerogativa solo della sbirraglia, con o senza divisa, ma è uno specie di sport nazionale.

Disponendo un poliziotto elettronico ad ogni angolo di strada il Potere mira ad utilizzare l’incertezza psicologica, la paranoia di essere sorvegliati come strumento di disciplina e auto-repressione del comportamento. La sola presenza delle telecamere falsa i rapporti rendendo le relazioni umane artificiali, obbliga a mantenere un’apparenza conforme ai dettami del regime, rafforzando in noi il senso di alienazione e spingendoci ad assumere comportamenti omologati ed al tempo stesso omologanti, perché via via assimilati ed introiettati fino a snaturare ogni autonomia nell’individuo, privandolo della spontaneità e spazzando via la possibilità di qualunque gesto difforme dal modello unico imposto.

Assieme alle altre numerose ed in continua evoluzione tecniche di controllo, la videosorveglianza è parte dello stesso progetto di addomesticamento della vita e di reclusione sociale generalizzata.

Chi non è disposto a vivere un’esistenza costantemente guardata a vista non ha altra scelta che quella di dichiarare guerra al Grande Fratello e ai suoi difensori!

 
 

Il sito guerrasociale.org non è più attivo da molto tempo. In queste pagine sono stati raccolti e archiviati in maniera pressoché automatica tutti i testi pubblicati. Attenzione: gli indirizzi (caselle postali, spazi occupati, centri di documentazione, email, ecc.) sono quelli riportati nella pubblicazione originale. Non se ne garantisce quindi in nessun modo l'accuratezza.