Quelli che riportiamo sono due volantini diffusi in seguito all'attacco incendiario avvenuto l'11 giugno 2003 ai danni del portone situato sul retro del duomo di Lecce, attacco avvenuto in solidarietà con gli immigrati reclusi nei Centri di Permanenza temporanea, uno dei quali è presente a San Foca (LE) ed è gestito dalla curia.

MOLTO RUMORE PER NULLA

Da più parti si sono mosse voci di dissenso e condanna contro il gesto di protesta che ha avuto come obbiettivo il portone retrostante del Duomo di Lecce; voci che hanno solidarizzato con chi è ritenuto operatore di carità cristiana, nel centro per immigrati di San Foca, gestito dalla curia di Lecce. Evidentemente l’ipocrisia e la menzogna hanno le gambe lunghe per questi individui, i quali sentendosi persone civili danno lezioni di morale agli altri. Ma quale etica e solidarietà si possono trovare in leggi come la Turco-Napolitano, e la Bossi-Fini poi, che hanno istituito carceri, definiti eufemisticamente centri di permanenza temporanea, dove gli immigrati vi sono rinchiusi e privati della libertà senza aver commesso alcun reato? È proprio il rigore storico, che permette di definirli lager. I lager nazisti erano luoghi in cui venivano rinchiuse persone in maniera preventiva, considerate a priori pericolose per la sicurezza nazionale, perché diverse (alcune di queste erano ebrei, omosessuali, zingari, antagonisti politici), o stranieri in sovrannumero rispetto all’economia nazionale. Chi vi veniva rinchiuso era privato di tutti i diritti civili e politici. Il diritto stabiliva la propria eccezione, esempio lampante di come anche l’aberrazione maggiore possa essere legale. Così avviene nei CPT.

La misura detentiva (non di accoglienza) è applicata preventivamente, al di là di qualsiasi reato e colpisce anche i minori, che evidentemente non hanno neanche scelto di varcare la frontiera. Essi diventano così luoghi di attesa, che servono al contenimento di popolazione eccedente rispetto all’economia e al mercato di lavoro, che dettando le regole equipara gli uomini alle merci e come queste li accatasta.

Si cerca di negare l’evidenza del ruolo di istituzioni totali di centri di detenzione temporanea, ma nel momento in cui si cercano di avere informazioni o contatti con le persone che vi sono recluse all’interno, tutte le strade sono sbarrate per chiunque, istituzioni di vario genere comprese, e ciò testimonia come chi continui a chiamarli centri di accoglienza, giornalisti, politici, gestori dei centri, lo faccia con consapevole inganno per deviare l’opinione pubblica dalla loro vera natura e dai soprusi che in essi si possono perpetrare. D’altra parte le rivolte che continuamente si ripetono all’interno di essi sono solo il segno di quanto si sostiene. Si abusa del termine solidarietà, ma soltanto in maniera perversa si può credere che essa abbia a che fare con una legge, che ha trasformato la clandestinità in reato.

La mancanza di un documento non è altro che il frutto della volontà di chi promulga le leggi e impone tante e tali condizioni e requisiti, da rendere impossibile il loro rispetto. Come potrebbe avere un lavoro in regola già prima di arrivare in Italia, chi fugge dalla guerra, dalla miseria, da un territorio minato grazie alle mine “made in Italy”, che avranno messo completamente in ginocchio l’economia della sua nazione? È evidente, che la “clandestinizzazione” è un progetto preciso degli Stati. La migrazione invece è uno spostamento naturale dell’uomo e chi lo nega non può poi ergersi a difensore dell’umanità.

Guardando attentamente si può comprendere da che parte si trova il crimine, l’intolleranza, il razzismo, la colpa dei numerosi morti nel mare che circonda il Salento e quello delle varie terre di approdo. Tutto ciò si trova dalla parte di chi innalza le frontiere e pone i suoi gendarmi, bene armati, a difenderle. Dalla parte di chi innalza mura e filo spinato e vi rinchiude le persone, affermando che si tratta di accoglienza; è come se il direttore di un carcere affermasse di ospitare i suoi detenuti. Dalla parte di chi viola le sue stesse leggi, principi e convenzioni internazionali e sostiene guerre atte ad occupare militarmente dei territori per la facile estrazione delle loro risorse, mentendo ad arte sui morti, le distruzioni e le catastrofi ambientali che ciò avrà apportato. Dalla parte di chi, infine, ha indossato la divisa da carceriere sul suo abito talare. D’altronde roghi e crociate sono stati condotti da chi in passato indossava quegli stessi abiti e in nome dello stesso Dio.

Si attacca la rabbia di chi ha colpito un portone di legno e si cela la violenza di chi uccide, massacra, annega in mare, bombarda, sfrutta uomini e natura nel nome del profitto e infine nega agli individui la possibilità di fuggire, in cerca di un’altra possibilità di vita.

Se questa è la carità e l’accoglienza non potrà che trovare l’opposizione di chi crede nella libertà e dignità di tutti gli esseri viventi.

Nemici di ogni frontiera

c/o Spazio Anarchico - Corte dei Petraroli, 2 - LECCE

[16 giugno 2003]

IL BANCHETTO DEGLI SCIACALLI

Solo pochi mesi fa, dopo un atto criminale quale l’abbattimento di oltre 200 pini dal Viale dell’Università, effettuato per mano dell’Amministrazione Poli Bortone ed in seguito alle relative manifestazioni di protesta il Vescovo di Lecce, Cosmo Francesco Ruppi, affermava pubblicamente che “fa più rumore un albero che cade che un prato che cresce!”. Com’è naturale per gentaglia di tale risma, gli aguzzini e gli oppressori si riconoscono, si stimano e si proteggono, evitando di calpestarsi i piedi a vicenda. Parafrasando quanto affermato dal capo della Chiesa leccese, potremmo oggi affermare che fa più rumore un portone di legno leggermente bruciacchiato che centinaia di esseri umani ammazzati e morti nel mare! Alla luce dei fatti, ci sembra questa una affermazione che ben difficilmente può essere smentita.

Tanto chiasso e molto clamore c’è stato in seguito a quello che pare essere stato un preciso e mirato gesto di rabbia; il becero chiacchiericcio si è tramutato in urla ed anatemi, ma tutti si sono ben guardati dal dire come stanno realmente le cose e dal chiamarle col loro vero nome.

Tutti si sono affrettati ad esprimere solidarietà a Don Cesare Lodeserto ed al Vescovo Ruppi, elogiando il loro operato in favore dei più poveri, incensandoli per l’aiuto e la solidarietà che attraverso il Regina Pacis – la galera da loro gestita –, questi loschi figuri con la tonaca porterebbero a coloro che sbarcano sulle varie coste dell’assolato Bel Paese.

Attestati di solidarietà ai due aguzzini sono stati espressi dal Questore e dal neo Prefetto, cosa del resto logica in quanto essendo costoro degli sbirri non possono che gioire nel vedere la gente reclusa, ed anche perché sono essi stessi parte fondamentale dello stesso meccanismo di cui fa parte anche la Chiesa leccese.

Solidarietà è stata espressa dalla Sindaca catto-fascista, dalla sua reazionaria Amministrazione e da altri miserabili rappresentanti della destra istituzionale, che ancora una volta hanno colto la palla al balzo per invocare maggiori controlli e repressione e per spingere sempre più per l’installazione di videocamere nel centro storico, per rendere sempre più reale la società-galera da Grande Fratello verso cui corriamo a sempre maggiore velocità.

Solidarietà ai due aguzzini si sono affrettati ad esprimere anche innumerevoli personaggi della sinistra ed il Presidente della Provincia, per non perdere il treno con i voti dei cattolici e dei moderati, in previsione delle elezioni provinciali del prossimo anno. E se qualcuno di questi “sinistri” figuri solo pochi mesi fa criticava il Regina Pacis ed i CPT – cercando evidentemente voti e consensi in altri ambiti –, ora non esita a prendere le distanze da qualche suo stesso compagno di partito che solo una settimana prima del “fattaccio”, dopo una visita a sorpresa nel Regina Pacis, denunciava l’uso massiccio di psicofarmaci per prevenire nuove rivolte.

Gli scribacchini di regime, infine, hanno dato il peggio di loro stessi scrivendo quintalate di merda, che prima o poi dovremo pur restituirgli, come ordinatogli dagli sbirri e prostituendosi come da sempre sono soliti fare, per guadagnarsi così il diritto di sedere anche loro al banchetto degli sciacalli a mangiare avanzi di carne putrida; e pretendono costoro di dare lezioni di morale, affermando che chiamare il Regina Pacis “lager” è esagerato, e che bisognerebbe chiederlo a chi i lager nazisti li ha vissuti veramente.

Noi continuiamo a ribadire che è proprio il rigore storico a dimostrare che il Regina Pacis e tutti i posti come questo sono dei veri e propri lager, e non avremo pace fino a quando anche uno solo di questi posti sarà ancora in piedi.

Dalle bocche fetide come fogne di tutti questi difensori delle galere, invece, l’unico termine continuamente utilizzato – in maniera mirata e strumentale per ingannare l’opinione pubblica – è quello di “centro d’accoglienza”, perché già a chiamarli come le loro stesse leggi affermano, e cioè “centri di permanenza temporanea”, qualcuno potrebbe chiedersi cosa stia a significare quel “permanenza temporanea”, e riflettendoci solo un attimo arriverebbe a capire che significa “reclusione”, la cui degna continuazione è l’espulsione, la cacciata degli indesiderabili dall’opulento “paradiso” occidentale… Ed allora crediamo di sapere bene da che parte stia la vera violenza e chi siano realmente i terroristi: non certo chi, animato da chissà quali pulsioni e sentimenti sceglie di bruciacchiare un pezzo di legno per mettere a nudo un problema ben preciso, ma chi ogni giorno, e lo vediamo continuamente, è responsabile morale e/o materiale delle morti di centinaia di disperati che tentano di raggiungere l’Italia per sfuggire alla miseria più nera, annegandoli in mare, deportandoli, incarcerandoli e rispedendoli indietro.

Affermare che Don Cesare Lodeserto e il Vescovo Ruppi da anni siano solo “colpevoli” di praticare la solidarietà, significa avere preso un clamoroso abbaglio quando si è visto costoro portarsi la mano sul cuore sentendo parlare di sbarchi ed immigrati: le loro mani, in realtà, correvano solo al portafoglio ben custodito nel taschino della giacca!

Nemici di ogni frontiera

c/o Spazio Anarchico

Corte dei Petraroli, 2 - LECCE

[25 giugno 2003]

 
 

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