WriteAPrisoner.com

Lo spirito affaristico statunitense non conosce confini di pudore. Un non ben definito gruppo di aspiranti imprenditori americani, infatti, ha avuto una geniale idea per tirare su denaro sfruttando la solitudine di chi si trova prigioniero nelle galere di tutto il mondo. Di loro sappiamo solo che sono “proud member of the Better Business Bureau”, cioè orgogliosi di essere parte di quest’altro non ben definito ente che aspira a promuovere gli affari migliori.

Perché parlare ancora una volta di storie americane in un giornale di pagine salentine? Ebbene, è stato proprio un compagno salentino, ex detenuto nel carcere di Sulmona, ad essere contattato da questi brillanti affaristi (o da qualcun altro in loro nome), il che ci offre l’occasione di raccontare ai lettori di Peggio cosa i suddetti abbiano escogitato.

Innanzitutto hanno creato un sito web, WriteAPrisoner.com, e lo hanno pubblicizzato attraverso la diffusione di pieghevoli, nei quali affermano che il loro unico scopo è far si che i detenuti, di cui questi affaristi dicono di comprendere il senso di solitudine, ricevano posta dall’esterno e trovino tanti nuovi amici. Poi spiegano in cosa consiste il “servizio” che vogliono offrire. Il carcerato che decide di iscriversi al sito, deve inviare una richiesta scritta rigorosamente in inglese in cui presenta se stesso usando non più di 250 parole. La richiesta deve essere accompagnata da una foto in cui solo il detenuto deve essere visibile. Se dovesse contenere altre persone, i curatori del sito provvederanno a rimuoverle dalla foto prima di pubblicarla sul sito. Fin qui, a parte qualche stranezza (l’obbligo di inviare la foto e il limite di 250 parole), non vi è niente di particolarmente scandaloso. Se però si esamina il modulo che il prigioniero deve compilare quando presenta la sua richiesta, si può notare con un cero orrore che, oltre alla consueta serie di dati anagrafici, è anche necessario specificare a quale “razza” si appartiene (caucasica, afro-americana, ispanica, asiatica, ecc.), quale religione si professa, per quale crimine si è stati arrestati e qual è il colore dei propri occhi e capelli. Chi visita il sito sceglie poi il proprio “detenuto ideale” con cui iniziare una corrispondenza. Tuttavia, trattandosi di una vera e propria “americanata”, che segue il modello delle agenzie matrimoniali e si basa sull’incapacità delle persone a comunicare senza l’ausilio di intermediari, anche la richiesta di questi dettagli non dovrebbe suscitare meraviglia.

Il punto che ci sembra assolutamente inaccettabile è la richiesta di denaro. Ogni applicazione costa al detenuto 40 dollari, che gli affaristi spiegano possono essere pagati da amici e parenti da fuori, tramite vaglia internazionali o carte di credito. Il pagamento deve essere effettuato usando valuta americana, dollari per intenderci. Se il detenuto volesse scrivere una presentazione di sé che supera le 250 parole, ne può aggiungere ben 50 pagando ulteriori 5 dollari. Se poi vuole inserire una o più foto oltre a quella consentita, deve sborsare 10 dollari per ognuna di esse. L’iscrizione dura un anno durante il quale, se il prigioniero decide di cambiare la sua presentazione, deve pagare 30 dollari. Scaduto l’anno, l’iscrizione e tutte le sue spese devono essere rinnovate. Infine viene specificato che WriteAPrisoner.com si riserva il diritto di modificare i contributi scritti inviati dai detenuti qualora ne ritenesse inappropriato il contenuto, e che tali contributi possono essere usati per scopi pubblicitari o di ricerca. Da soldo nasce soldo, come questi bravi affaristi sanno. E per i soldi val bene vendere le storie dei detenuti, dopo averle eventualmente adattate alle esigenze del mercato. Infatti, come si può notare visitando il sito, questa società on-line sta collaborando con una rete televisiva che si appresta a lanciare uno show “alla De Filippi”, in cui persone che hanno trovato la loro anima gemella grazie a WriteAPrisoner.com interverranno a raccontare le loro storie. “Siamo impossibilitati a effettuare rimborsi”, è scritto alla fine, ma “sapremo offrirti un servizio eccellente”.

Tutto questo, com’è ovvio, non ha nulla a che fare con la solidarietà ai prigionieri, nonostante l’enfasi che questi affaristi pongono sul loro nobile interesse nei confronti dell’estrema solitudine che molti detenuti americani soffrono nel chiuso delle loro celle, specie quelli ai quali nessuno scrive mai e che trascorrono venti ore al giorno reclusi dietro le sbarre.

La solidarietà ai prigionieri, al contrario, deve essere intesa come sostegno gratuito (e come potrebbe essere altrimenti) e soprattutto come lotta affinché le galere di tutto il mondo vengano distrutte insieme a coloro che le fanno costruire e che le gestiscono.

 
 

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