Gentile Signora,

sono trascorsi più di due anni da quel 20 luglio 2001, giorno in cui lei ha vissuto il dramma della perdita di un figlio, Carlo, rimasto steso sul selciato di una piazza a Genova, ucciso con un colpo in testa sparato da un servitore dello Stato (poco importa se giovane ed inesperto carabiniere, o cos’altro). Possiamo solo immaginare il dolore da lei provato, dolore che - ne siamo certi - non l’ha ancora abbandonata. La tragedia che l’ha travolta, lei come suo marito, è di natura tale che può suscitare solo rispetto e comprensione.

Detto questo, non possiamo fare a meno di osservare che lei, signora Giuliani, ci sembra stia davvero abusando e del rispetto e della comprensione che le è dovuta. Da quel giorno, lei è diventata un’icona, un simbolo, una bandiera. Ma di cosa, ci chiediamo e le chiediamo, e a favore di chi? Passato il primo periodo, durante il quale era suo marito ad esprimere le proprie idee in nome, per conto, e con l’avallo morale del cadavere di suo figlio, è poi toccato a lei andare (venire portata?) in giro a concedere la sua benedizione laddove era richiesta. In Italia, si sa, la mamma è sempre la Mamma: dolce, affettuosa, amata da tutti (e di sicuro più presentabile di un padre sindacalista). E’ questa oggi la sua missione, signora Giuliani? E’ questa la sua ragione di vita? Per quanto le possano apparire sgradevoli, ci permetta di farle notare alcune cose.

In primo luogo troviamo quanto meno singolare che lei si dedichi con devozione alla causa di coloro che hanno infangato la memoria di suo figlio. I vari affiliati della compagnia Agnoletto & Casarini — responsabili di aver mandato allo sbaraglio migliaia di manifestanti a Genova con la ridicola assicurazione che tutto si sarebbe risolto in una contestazione simulata — sono quelli che, poche ore dopo la morte di suo figlio, hanno pubblicamente definito Carlo un “punkabbestia” per allontanarlo da se stessi. Sa com’è, il sangue caldo di Carlo poteva macchiare irreparabilmente il candore delle loro Tute Bianche... Ma una volta coagulato, questo stesso sangue non costituiva più un pericolo per loro e hanno così deciso di utilizzarlo per ravvivare la propria opaca bandiera. Un martire, finalmente! Poco importa, poi, se ai loro occhi di politicanti Carlo vivo sarebbe stato solo un provocatore o un infiltrato dei carabinieri. Per loro fortuna, Carlo è morto. Ma la loro fortuna, evidentemente, non è la sua. Lei, signora Giuliani, come può trovarsi accanto a simili avvoltoi?

Noi rispettiamo la sua volontà di ricordare suo figlio, Carlo Giuliani, ragazzo. Comprendiamo il suo desiderio di non dimenticare la sua vita. Per realizzare questo scopo, lei rilascia interviste, tiene conferenze, partecipa a film-documentari. Ma così facendo lei manca di rispetto a Carlo Giuliani, insorto. Lei ne dimentica la morte. Lei, signora Giuliani, assieme allo stormo di avvoltoi con cui si accompagna, si sta dando da fare per cancellare l’attimo della morte di suo figlio per poterne ricordare solo gli anni di vita. Tutto ciò è comprensibile in una madre addolorata, certo, ma non è condivisibile che simili preoccupazioni private vengano spacciate per ragioni pubbliche (ad uso e consumo dello stormo di avvoltoi).

Signora Giuliani, si tolga gli occhiali scuri del lutto e del dolore per un istante e guardi in faccia alla realtà. Non è Carlo Giuliani, ragazzo, ad essere diventato famoso in tutto il mondo. E’ Carlo Giuliani, insorto. Non è la sua vita che merita di essere ricordata da tutti, ma la sua morte. Carlo Giuliani, ragazzo, forse sarebbe morto con un fiore in mano e un sorriso sulle labbra, mentre correva sulla spiaggia. Ma Carlo Giuliani, insorto, è morto con un estintore in pugno come arma e il passamontagna calato sul viso, mentre si batteva contro la sbirraglia che in quei giorni ha massacrato e torturato centinaia di manifestanti a Genova, mentre si batteva contro i servi dello Stato che per questo lo hanno ucciso come un cane. Quel giorno di luglio è toccato a lui, come è toccato a molti altri prima di lui, come toccherà a molti altri dopo di lui. Finché esisteranno servi, finché esisterà uno Stato. E’ questo ciò che non va dimenticato. E’ questo ciò che non va strumentalizzato. Ed è proprio questo che lei, signora Giuliani, sta dimenticando e strumentalizzando. In buona fede, ne possiamo convenire, ma lo sta facendo. Non pensa che sia ora di smetterla? Non pensa che il dolore per la morte di un figlio sia e debba essere un fatto intimo, senza venire usato come neon pubblicitario nel grande baraccone della politica? Ci pensi, signora Giuliani, ci pensi bene.

E’ tutto qui quanto avevamo da dirle. Naturalmente lei continuerà a ricordare Carlo Giuliani, suo figlio, il ragazzo che conosceva così bene. Ma non si meravigli, né si indigni, se noi - e molti altri con noi - ricorderemo sempre un altro Carlo Giuliani, l’insorto che non abbiamo mai conosciuto. Non sappiamo come è vissuto, è vero, cosa faceva, cosa pensava, cosa sognava. Ma sappiamo come è morto.

E questo, ci creda, nessuna lacrima di madre, nessun battito d’ala di avvoltoio potrà mai farcelo dimenticare.


 
 

Il sito guerrasociale.org non è più attivo da molto tempo. In queste pagine sono stati raccolti e archiviati in maniera pressoché automatica tutti i testi pubblicati. Attenzione: gli indirizzi (caselle postali, spazi occupati, centri di documentazione, email, ecc.) sono quelli riportati nella pubblicazione originale. Non se ne garantisce quindi in nessun modo l'accuratezza.