Torino, 16 giugno 2006

Egregio Signor De Luca,
ho letto recentemente la premessa che Lei ha scritto per Lager italiani, il libro di Marco Rovelli pubblicato dalla Bur. Ho letto anche il libro.
Conosco bene, di persona, una delle storie contenute nel testo e sono tra quelli che gioiscono tutte le volte che degli stranieri riescono a fuggire da un Cpt o quando - caso più unico che raro - un Cpt chiude. Quella Sua premessa, insomma, la condivido in buona parte, anche se non del tutto. Ma c'è qualcosa che non torna.
Se Lei non appartiene alla schiera sempre più folta dei violentatori del linguaggio - quelli che chiamano «missioni di pace» la guerra, «centri di accoglienza» i lager per stranieri, ecc. -; se Lei pensa che le parole possano ancora definire delle cose, precise e concrete; ecco, se è così, quella sua premessa ha bisogno di una precisazione.
Oggi, ci sono due persone che sono in carcere - da più di tredici mesi - accusati di aver fatto quello che Lei, nella Sua premessa, dice che bisogna fare: aiutare gli internati a fuggire dai Cpt e tentare di abbattere queste strutture infami. Si chiamano Salvatore Signore e Saverio Pellegrino, e sono di Lecce. Anarchici, e per questo nemici delle frontiere e poco propensi a tentennamenti quando in gioco c'è la libertà, anche quella altrui. Ad essere sotto processo insieme a loro sono in undici, molti liberi, due agli arresti domiciliari, uno in libertà vigilata.
Allora, tra i «pochi nomi di italiani da salvare dal macero» - uso le sue parole - debbono esserci intanto i loro, senza nulla togliere all'avvocato Ballerini. E insieme ai loro quello del loro coimputato che recentemente ha «sputato in faccia a un persecutore di oppressi»: si chiama Sandro, è stato denunciato per "vilipendio alla religione di Stato" e crocifisso dai giornali per aver sputato sul bavero di Don Cesare Lodeserto, l'aguzzino del Cpt di San Foca.
Invece, quei nomi, adesso come adesso, sono sepolti dal silenzio vergognoso della loro città e, peggio ancora, di tutto il movimento contro i Cpt, di tutto il movimento che da una parte grida «chiudiamo i lager», oppure «facciamo fuggire gli internati», e dall'altro non ha trovato il modo per farlo. Di un movimento che urla parole d'ordine e poi abbandona chi è accusato di averle messe in pratica. Il libro stesso di Rovelli, così preciso e ben documentato, dedica a quei nomi una sola, striminzita, nota.
Ecco, la mitighi, allora, quella sua premessa. La riscriva meno precisa e tagliente: c'è il rischio altrimenti che qualcuno la prenda troppo sul serio, e faccia seguire la pratica alle affermazioni di principio.
Potrà tacere, allora, signor De Luca? Potranno tutti quanti continuare a tacere?
Distinti saluti,


Ps. Le invio qui in allegato un poco di documentazione su questa vicenda, documentazione raccolta da Internet. Alcune cose sono un poco vecchie; andrebbero aggiornate, in sintesi, così: «Gli arrestati sono ancora in carcere, a sei mesi dall'inizio del processo. I giornali del posto e la sinistra locale continuano ad ignorare il caso. Intanto Don Cesare Lodeserto è stato quasi del tutto riabilitato. In città gira con la scorta, ma tutti gli portano di nuovo rispetto, diessini e margheritini per primi. Il vescovo Ruppi, il padrone del lager ormai chiuso, ha ricevuto dalle mani del cardinal Sodano un messaggio in cui il Papa tedesco loda la Curia leccese per la carità dimostrata nell'accoglienza dei migranti: a gridar loro "stronzi" c'erano in piazza soltanto i soliti pregiudicati anarchici, amici degli arrestati. Il resto della città era troppo impegnata a battere le mani a un vescovo aguzzino, a un cardinale bugiardo e ad un vecchio inquisitore tedesco.»

 
 

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