Estate calda nel Salento.

Le settimane appena trascorse e ancora nei giorni in cui scriviamo, hanno visto il verificarsi di alcune proteste contro la costruzione di un inceneritore in un paese del Salento non ancora stabilito definitivamente. La gente di alcuni comuni è scesa in piazza a manifestare contro questa ennesima nocività che andrebbe ad aggiungersi alle numerose già esistenti. Purtroppo la mentalità della delega è dura da far morire, e si preferisce fare il minimo indispensabile per tutelare esclusivamente il proprio orto. Da parte nostra, daremo il nostro contributo e faremo tutto quanto sarà nelle nostre possibilità per evitare che questo mostro ecologico venga realizzato, tentando di coinvolgere la rabbia e la passione di chiunque, così come è avvenuto in Campania, dove padri, madri, hanno cercato di impedire il passaggio dei camion carichi di rifiuti, mettendo a rischio la propria incolumità e libertà. Senza fidarci naturalmente di nessun tecnico o politico che tenti di valorizzare questo strumento di morte. Il potere e i suoi uomini, si sa, cercano sempre di mistificare la realtà o addolcirla prima di passare alle maniere forti.

La nostra terra, come del resto ogni altro posto del mondo, non ha bisogno di essere ulteriormente martoriata, né di subire la prepotenza di chi intende calare le sue decisioni dall’alto. Tanto meno accettiamo che tale prepotenza venga rivolta direttamente sugli uomini.

In questi mesi i torturatori del lager per immigrati di San Foca sono impegnati in un processo con l’accusa di violenze e abusi a danno di alcuni maghrebini. Tra i torturatori vi sono don Cesare Lodeserto, gestore del centro, alcuni suoi collaboratori e alcuni sbirri. Non ci affidiamo certo alla giustizia di Stato o pretendiamo di vedere dispensate pene detentive per i responsabili, né desideriamo dei gestori e degli sbirri meno violenti e più democratici; ciò che vogliamo è che il lager di San Foca chiuda per sempre e che questo sia l’inizio per la chiusura di tutti i lager. Per farlo, non servirà certo la sentenza di un giudice illuminato, ma la lotta di chi voglia mettersi in gioco.

La lotta, si diceva. Nell’ultimo mese questa non ha certo mancato di manifestarsi all’interno e all’esterno del lager in questione, in varie forme. Dal 27 giugno al 21 luglio ci sono stati tre tentativi di evasione, di cui uno accompagnato da una rivolta. Nei due tentativi di fuga notturni, che hanno coinvolto svariate decine di reclusi, sono riusciti a prendere il largo e sono tuttora uccel di bosco sette uomini, cinque nella prima occasione e due nella seconda. Il pomeriggio di domenica 11 luglio, invece, in seguito ad un presidio sotto le sue mura, all’interno di questo posto infame gli internati davano vita ad una ampia rivolta, sfasciando le finestre, devastando ampiamente gli interni e lanciando tutto di sotto. Uno dei reclusi ha anche tentato di fuggire, venendo purtroppo riacciuffato sull’ultima cancellata; a questo tentativo di evasione, è seguita una carica dei carabinieri contro i manifestanti, con conseguente pestaggio, in particolare di un ragazzo e una ragazza - che si è anche rotto un ginocchio -, l’arresto di un compagno e l’identificazione di altri due.

La lotta continua, e che il caldo torrido continui ad infiammare i cuori e le idee.


 
 

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