Dal mese di marzo abbiamo occupato gli uffici dell'ex "Secco sistemi" di Preganziol, per avere un posto dove dormire, visto che non ci è "consentito" abitare in una casa normale. Pare infatti che la nostra presenza nella zona venga notata solamente quando serviamo alle varie aziende per sfruttare il nostro lavoro (a pessime condizioni e senza alcuna tutela, ovviamente) o a qualche politico per farsi pubblicità in campagna elettorale.

Quando invece proviamo ad avanzare delle "assurde pretese" come quella di poter vivere in una casa, la nostra presenza viene ignorata o, peggio, considerata "un problema di igiene e di ordine pubblico" che deve essere liquidato il più velocemente possibile.

Come esempio della situazione vorremmo spiegare in questo breve scritto il comportamento del potente proprietario dell'ex "Secco", la Fondazione Cassamarca.

Secondo i progetti della suddetta Fondazione, lo stabile dovrebbe essere trasformato in un campus universitario per il supermaster di economia voluto da Dino de Poli, presidente della Fondazione. Nei giorni successivi all'occupazione, il presidente dichiarò sui giornali che questa era una chiara dimostrazione del problema della casa per gli immigrati, problema da lui più volte sollevato per sollecitare le autorità a risolverlo.

Quante belle parole! Quanta disponibilità!

In queste ultime due settimane, però, i lavori di bonifica dello stabile sono frettolosamente e senza alcun preavviso iniziati con la scusa di dover togliere la copertura d'amianto ed abbattere l'edificio altamente inquinato.

Questa urgenza ci è parsa subito strana, visto che la "Secco", dopo avere inquinato la zona e seriamente minato la salute degli operai che vi lavoravano, è rimasta per molti anni chiusa senza alcuna bonifica.

Abbiamo allora deciso di bloccare i lavori, perché ai nostri occhi non erano che un subdolo espediente per mandarci via, distruggendo tutto l'edificio. In questo modo avrebbero potuto risolvere il problema della nostra presenza senza dover ricorrere all'intervento diretto della polizia, scelta che, viste le precedenti dichiarazioni del presidente e dei sindaci, potrebbe avere dei risvolti poco piacevoli per l'immagine pubblica sia della Fondazione che delle amministrazioni dei comuni interessati.

La minaccia dell'intervento delle forze dell'ordine, però, è stato immediatamente usato per contrastare il blocco dei lavori, che in questi giorni sono ricominciati. Anche in questo caso, quindi, è ben chiaro che la disponibilità al "dialogo" era solo apparente e la risoluzione del nostro problema non può essere compatibile con il miliardario progetto di Cassamarca, che sta estendendo i suoi tentacoli a molti immobili trevigiani per trasformarli in redditizi investimenti. Nonostante le belle parole, gli interessi di Cassamarca non favoriranno mai chi, immigrato e non, ha bisogno di una casa e non può permettersi affitti costosissimi. Siamo convinti che il nostro problema non debba più essere nascosto o strumentalizzato e siamo decisi a fare in modo che il nostro bisogno di una casa venga soddisfatto.

Immigrati seccati

 
 

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