La Chiesa combatte la passione

con l’estirpazione in ogni senso (…)

in ogni tempo essa ha messo l’accento sulla distruzione… Ma attaccare

le passioni alla radice

significa attaccare alla radice la vita:

la prassi della Chiesa è ostile alla vita.

Friedrich Nietzsche

Non è affatto facile parlare d’amore, neppure in un’epoca che dovrebbe semplificare l’espressione e la comunicazione; eppure sempre più si ergono muri anche nei rapporti tra gli individui, che rendono sempre più complicata un’esistenza già tutta in salita.

Lo spunto arriva da due episodi accaduti di recente in questo ridente territorio.

Si sa che dall’inizio del suo pontificato, Ratzinger ha intrapreso una crociata a favore della famiglia tradizionale e contro coloro che, a suo dire, ne costituiscono una minaccia: coppie di fatto, unioni gay e via dicendo. Così è capitato che sull’onda dell’odio sessista e “familista” lanciato dal Vaticano, anche un parroco salentino abbia organizzato nella sua parrocchia un dibattito dal tema: “L’ordine dell’amore”, riprendendo ciò che lo stesso Ratzinger ha diffuso in una sua enciclica.

Che amore e ordine siano due termini in netta contraddizione, appare subito chiaro, poiché mentre il primo richiama alla follia, alla gioia e al piacere, il secondo richiama invece alla misura e al controllo. La Chiesa abbina i due termini perché da sempre, a braccetto con gli Stati, teme ciò che le può sfuggire, ciò che non le è devoto e ubbidiente, che è diverso, che rifiuta qualsiasi gabbia, familiare, religiosa o istituzionale che sia, nella sua forma o nel suo contenuto o in tutti e due gli aspetti insieme. La cosa curiosa è che a dare queste ammonizioni siano uomini tetri e tristi, in abito talare, ai quali è impedito il godimento sessuale e quindi è impedita la gioia che ad esso è legata. Sempre pronti a porre divieti e a scongiurare ciò che probabilmente invidiano e a volte praticano usando violenza.

Non conoscono costoro il senso dell’esagerazione intriso nell’amore e dell’estasi che ad esso può essere legata, augurandosi di poterne provare una in un’altra vita, ma interessandosi morbosamente alla felicità altrui, quel disordine che vorrebbero per sempre cancellato.

Degni seguaci di questa Chiesa, così come è stato in passato, sono i gruppi di neofascisti che scorrazzano per la penisola. Alcuni di essi infatti, aderenti a Forza Nuova, hanno organizzato alcune settimane fa un dibattito dal titolo “aborto=assassinio”. Dopo il dietro front del sindaco di Casarano (Le) che gli aveva concesso una sala pubblica, hanno trovato rifugio, manco a dirlo, nell’auditorium di una parrocchia cittadina, svolgendo il dibattito alla presenza di Roberto Fiore, noto terrorista di destra e completamente blindati dalla polizia. La Chiesa condanna l’aborto, ma giustifica tranquillamente le guerre e l’odio religioso, quel conflitto di civiltà, che spesso altro non è che odio per il diverso, soprattutto quello povero. I fascisti dal canto loro, da ottusi e gretti quali sono, non esitano a definire una donna che sceglie di abortire assassina, mentre sono pronti ad accoltellare un gay o incendiare un campo Rom, rischiando di uccidere decine di persone, o a definire contro natura ciò che non appartiene alla loro gabbia mentale. In realtà entrambi disprezzano la vita come la natura, per questo non sanno distinguere le varie fasi di un’esistenza, di un embrione, di un feto, di un essere umano, di un individuo. E seppure la mercificazione che oggi si fa della vita e della donna (e di chiunque) possono essere un elemento da tenere in considerazione quando si affronta la delicata questione dell’aborto, se a parlarne sono degli autoritari, violenti e deliranti, le loro tesi non possono che essere avversate alla radice perché finalmente tacciano.

Tutto ciò non è esaustivo, ma se la felicità e il buon senso sono due metri possibili, allora al momento giusto sapranno indicare la strada… della libertà prima di tutto, lontana da abiti talari e croci celtiche.

 
 

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