Questo è un libro di parte. Abbiamo voluto qui raccogliere dei testi che presentassero, in merito alla questione della tecnologia, un unico aspetto: l'altro aspetto. Quello che non trova posto nei dibattiti sull'argomento, che si sprecano da molto tempo a questa parte - ed il cui oggetto è sempre e soltanto l'utilizzo dell'apparato tecnologico, il suo mero "modo d'uso". Questo genere di discussioni, lungi dal possedere la radicalità che si potrebbe di primo acchito accordargli, ha come effetto definitivo quello di dare per scontata l'esistenza della tecnologia, la sua implicita validità.

Motore del progresso, la tecnologia è esistita da sempre e dunque esisterà per sempre: è esattamente questa logica di sottomissione e di rassegnazione, la logica che il potere è riuscito ad instillare in ognuno di noi e che porta a percepire la tecnologia come vero e proprio "valore", ciò che noi vogliamo negare.

Ci è sembrato importante pubblicare questo libro non soltanto per cercare di arginare il dilagare dell'"idra tecnologica", la sua sottile intrusione in ogni sfera della nostra vita, ma anche per fare opera di iconoclastia, soprattutto dopo aver constatato come questo moderno misticismo - la tecnolatria - abbia penetrato ogni cosa, non ultima la teoria e la pratica rivoluzionarie.

In simili tempi di magra, non pensiamo sia un caso che qualcuno tenti di uscire dalla situazione di stallo in cui ci troviamo usando una protesi tecnologica. Ma il fine non giustifica i mezzi ed a furia di usare le armi del Capitale stiamo perdendo noi stessi, la nostra identità di individui, per acquisire la condizione di "clone". Ancora una volta affidiamo ad un'entità a noi esterna la capacità di risolvere le nostre cose; dopo aver giurato per anni su Marx o sul partito, più o meno armato, ora giuriamo sulla tecnologia e sul computer. Presto il manuale d'uso del computer sostituirà il "diario del Che" sul comodino di ogni bravo militante.

Questi scritti tenteranno dunque di sviluppare una critica alla natura della tecnologia, alla sua essenza profonda, che consideriamo autoritaria e parte integrante del sistema di dominio. Il mito positivista della Scienza è duro a morire, ma bisognerà pur riuscire a demolirlo se vogliamo uscire dall'incubo tecnologico di cui siamo preda.

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L'applicazione delle nuove tecnologie in tutti gli ambiti - dalla schiavitù chiamata lavoro al cosiddetto "tempo libero" - non ha lasciato nulla di inalterato. Tutto adesso è differente: i nostri atti, i sapori, i rumori, le parole, i sogni, i desideri, i ritmi, i giochi, l'aria e l'acqua; perché tutto risponde ora alle leggi della tecnologia.

Malgrado le profuse assicurazioni al riguardo, da parte de nostri padroni e dei loro fedeli servitori, una simile trasformazione non può essere "neutrale"; essa diffonde necessariamente la norma di chi l'ha voluta, l'ha preparata, l'ha attuata. Tutte le innovazioni tecnologiche prendono forma nei laboratori del potere, per l'esattezza partendo da quelli militari. Quando una data innovazione tecnologica riesce a superare tutti i test dimostrando la propria funzionalità, cioè quando dimostra di poter contribuire a migliorare la capacità offensiva dell'apparato bellico - inteso come strutture, uomini, strumenti, idee e azioni operanti in funzione di salvaguardia e di espansione dell'asservimento allo Stato - troverà un impiego anche in campo civile e nuove merci saranno introdotte sul mercato. Cosa questa risaputa, ma da tutti volutamente dimenticata: meglio credere, e pretendere, che siano proprio le applicazioni civili di queste tecnologie il vero scopo del progresso, mentre gli obiettivi militari dei tanto stimati ricercatori siano solo un "incidente di percorso" che presto o tardi verrà rimosso; lasciando naturalmente inalterato il processo tecnologico.

Le reti telematiche di comunicazione "alternativa" oggi diffuse in diversi paesi europei ci illudono circa la nostra possibilità di estendere a dismisura i rapporti coi nostri "fratelli", di fatto ci rendono ormai incapaci di intessere rapporti autentici e ci depredano della memoria. Le macchine per penetrare nella realtà virtuale, poi, danno il colpo definitivo a ciò che dovremmo difendere ad ogni costo da intrusioni esterne: i nostri sogni.

Non siamo noi ad usare la tecnologia e a "rovesciarla", perché sarà la tecnologia prima o poi a rovesciare noi e a renderci uguali al nemico. Anche i mezzi tecnologici più innocui o quelli che sembrano più utili e indispensabili hanno un preciso compito all'interno del vasto progetto di addomesticamento sociale oggi in corso.

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Il rifiuto della tecnologia costituisce oggi la moderna eresia. La vita viene reputata come "inconcepibile" senza la lavatrice, il televisore, lo stereo, il computer (dimostrando fino a che punto questi "semplici strumenti" siano determinanti del nostro modo di pensare). Un altro mondo, un'altra vita, altri rapporti sociali, non trovano più posto nemmeno nei nostri sogni. Ecco, questo libro è fatto da individui che non hanno smesso di desiderare altro, di considerare l'esistente una miseria da sopprimere, risolutamente e immediatamente. Questo non significa che viviamo - o vorremmo vivere - isolati su qualche montagna, come i tecnofili di tutte le risme vorrebbero far credere a proposito dei loro critici. Non siamo contro chi usa un computer, ma disprezziamo - e consideriamo nostro nemico - chi fa dello strumento tecnologico un mito, un valore da generalizzare ad ogni costo, chi ci costruisce sopra una ideologia per giustificare la propria impotenza, le proprie ambizioni di potere, la propria servile natura.

Un tempo lo scienziato veniva considerato come un solitario, un eretico, un "uomo di sapere" capace di vedere al di là del proprio naso e che, per seguire fino in fondo il proprio percorso individuale, non di rado si scontrava con le esigenze conservatrici del potere. Molte cose sono cambiate da allora. Soprattutto, il potere ha capito che il modo migliore per mantenersi in vita non è quello di rimanere ancorato al passato, ma di cambiare continuamente, di trasformarsi, di essere sempre al passo coi tempi; in altre parole, è meglio preparare il futuro - al fine di poterlo saldamente controllare - piuttosto che restare vittima delle sua impreviste evoluzioni. Ed è proprio durante questo cambiamento strategico da parte del potere che la figura dello scienziato si è trasformata: da rivoluzionario, potenziale o di fatto, ha assunto il ruolo di fedele servo del sistema di dominio. Oggi non ci possono essere dubbi, ogni scienziato è uno scagnozzo prezzolato, ogni "scoperta scientifica" è un passo avanti del progetto del Capitale.

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Alcuni testi di questo libro sono "libere" traduzioni di articoli apparsi nel corso di questi ultimi dieci anni sul giornale americano "Fifth Estate" (4632 Second Ave., Detroit MI 48201, USA), considerato negli Stati Uniti il giornale anti-tecnologico per antonomasia. Nella patria della ricerca tecnologica ha svolto un ruolo importante nello sviluppo della sua critica. Abbiamo dunque deciso di saccheggiarne alcuni articoli, li abbiamo aggiornati e adattati alla situazione italiana, modificandone la forma e lasciando (quasi) inalterati i contenuti. Proprio per via di questi cambiamenti abbiamo deciso di omettere la firma degli autori originali, cosa del resto del tutto trascurabile. A completamento di questi articoli, abbiamo poi aggiunto del materiale nostro.

L'insieme di questi scritti cerca di affrontare parecchi aspetti della questione tecnologica, dalle origini storiche al suo significato, dal problema dell'informazione a quello dei rapporti fra tecnologia e teoria rivoluzionaria, passando attraverso i luoghi più comuni della tecnofilia, il suo linguaggio, alcuni esempi storici dei suoi effetti nocivi, fino ad arrivare alla "realtà virtuale" e ad alcune indicazioni pratiche di lotta. Nessuno di questi as/saggi fornisce delle risposte definitive e comunque non era questa la nostra intenzione. Il nostro scopo è più semplice. Vogliamo solo iniziare a dar forma, ad evocare quella prospettiva anti-tecnologica che oggi sembra non trovare spazio nel generale coro di lodi sperticate all'idolo moderno: la tecnologia.

Va da sé che a qualcuno non piaceranno i contenuti di questo libro, qualcun altro forse si offenderà sentendosi tirato in causa, qualcun altro ancora si limiterà a sorridere con sicumera, forte della propria certezza tecnofila, che poi è quella che regge il mondo; chi tiene il coltello dalla parte del manico ha sempre ragione, così si dice.

Sappiamo bene che i nostri detrattori - i tecnofili - ci stanno aspettando al varco: "con che cosa sostituirete la tecnologia?" - ennesima versione dell'antico "Che fare?". Non cadremo in questo tranello. Non intendiamo fornire nessuna "soluzione anti-tecnologica quotidiana", cosa non sol ridicola ma anche impossibile, quanto meno in questo mondo. Certo, il minor utilizzo dei mezzi tecnologici ci permetterebbe di avere più tempo da dedicare a noi stessi, avremmo più tempo per "ascoltare" ciò che ci comunica no la carne e il sangue, una possibilità oggi impedita dal frastuono della macchina. Ma limitandoci a questo rimarremmo sempre intrappolati nell'ambito della "cura degli effetti".

Non esiste soluzione al problema della tecnologia come ad ogni altro problema, al di fuori di un progetto rivoluzionario, al di fuori della distruzione dell'esistente. E non sosteniamo questo per fornire una facile risposta. Si tratta solo di risalire per l'appunto alla causa della nostra schiavitù. La rivoluzione non è la "chiave magica" capace di risolvere tutti i nostri problemi e di aprire le porte del Paradiso, ma è la possibilità, la sola capace di rimettere tutto in gioco. Ecco perché è importante che il progetto rivoluzionario sgretoli ogni illusione riguardante un utilizzo "alternativo" degli strumenti tecnologici e la cieca fiducia nel progresso e nella scienza. I mezzi dello sfruttamento e dell'oppressione sono responsabili della nostra oppressione quanto i padroni che li detengono.

Come i luddisti presero a mazzate il telaio che rappresentava per loro una umiliazione, così noi dobbiamo distruggere gli strumenti che regolano la nostra vita, che la controllano e la sminuiscono. Non si tratta di una lotta impossibile.

L'"idra tecnologica" è inattaccabile solo quando noi ce la immaginiamo tale. In realtà, se il suo cuore è difficile da avvicinare, i suoi piccoli e molteplici tentacoli sono alla portata di tutti. La sua onnipresenza, se da un lato è un segno della sua forza, dall'altro facilita la nostra azione. Più un apparato è grande e più punti deboli presenta. Basta con la mitizzazione dell'invincibilità del nemico che serve solo per dare un alibi alla nostra inazione. Basta con la mitizzazione del "computer democratico".

È la rivolta contro tutte le strutture del dominio - quindi anche quelle tecnologiche - l'unica possibilità che abbiamo per liquidare definitivamente questo vecchio mondo, per scatenare la tempesta rivoluzionaria che ci permetterà infine di affrontare l'ignoto, semplicemente, senza garanzie né certezze.

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**a cura degli «Amici di Ned Ludd», *All'attacco della civiltà tecnologica***

pp. 120 - Esaurito

 
 

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