CHI SONO I TERRORISTI?
La “guerra al terrorismo” è per gli Stati un’arma propagandistica formidabile per legittimare ogni aggressione militare esterna e allo stesso tempo ogni repressione del dissenso interno. In nome della “lotta ai terroristi” sono stati giustificati – ed è solo l’inizio – i massacri ai danni delle popolazioni afgana e irachena il cui scopo reale era ed è il controllo delle risorse energetiche di quelle zone. La politica è l’arte di cambiare i fatti cambiando le parole. Ecco allora che terrorismo non è uccidere più di un milione di civili (solo in Iraq). Terrorismo non è costringere milioni di persone a vivere in condizioni inaccettabili. Terrorismo non è cementare i boschi, spianare le montagne, inquinare l’aria e vendere persino l’acqua. Terrorismo non è continuare una ricerca scientifica e tecnologica che rende le nostre vite sempre più artificiali, entra nei nostri corpi, modifica irreversibilmente la natura. Terrorismo non è bastonare e torturare i manifestanti, non è rinchiudere e deportare esseri umani la cui unica colpa è quella di non avere i documenti in regola. Tutto ciò lo chiamano economia, civiltà, progresso, ordine pubblico. In questo mondo alla rovescia, terroristi isono invece i guerriglieri iracheni, terroriste sono le BR che uccidono un economista che passava le giornate a studiare come spremere di più i lavoratori per conto dei padroni. Terrorista è la gente che si oppone alla devastazione ambientale sabotando tralicci, impianti di risalita, antenne per cellulari. Terroristi sono i compagni e i migliaia di insorti nel mondo che oppongono la violenza alla violenza poliziesca. Ma cos’è davvero il terrorismo?
Se il terrorismo è – secondo la sua definizione storica – «l’uso della violenza indiscriminata al fine di conquistare, consolidare e difendere il potere politico», allora terroristi sono gli Stati, i padroni, i loro servi prezzolati e i loro laboratori di morte. Non è terrorista chi insorge, chi si ribella – anche con la violenza – per liberare se stesso e gli altri. Sono gli scopi e i mezzi a separare come un abisso la violenza rivoluzionaria da quella del potere. Quest’ultima è sempre indiscriminata.
Ecco perché quella gigantesca guerra all’intelligenza che chiamano “guerra al terrorismo” (e che in pratica significa: meno diritto di sciopero, meno possibilità di critica, più controllo, più polizia, più carceri) non deve passare. Altrimenti ogni dissenso reale diventerà “fiancheggiatore del terrorismo”, e il terrorismo dei padroni sarà senza freni.
Non ci sorprende che la settimana prossima i sindacati di Stato – il cui collaborazionismo i lavoratori hanno imparato a conoscere sulla propria pelle – scendano in piazza “contro il terrorismo”, né che con loro ci sia lo stesso governo. I dirigenti politici e sindacali hanno tutto da perdere dalle lotte che li scavalcano, per questo le infamano e le reprimono sul nascere. Sono i nemici storici di ogni emancipazione.
Ciò che ci dà la nausea, invece, è che ci siano lavoratori disposti a intrupparsi dietro di loro. Non ci terrorizzerete diceva uno striscione sindacale dopo l’omicidio di Biagi. Uno può fare tutte le critiche che vuole alle BR, al loro stalinismo, e persino criticare l’uso della violenza rivoluzionaria. Quello che è indegno e ripugnante, però, è che si affermi che le BR (per restare all’esempio) volessero e vogliano terrorizzare i lavoratori. Quali? Gli stessi lavoratori che scendono in piazza contro la “legge Biagi”, una legge che peggiorerà ulteriormente le loro condizioni di vita? Gli interessi dei lavoratori si identificano forse con quelli dei padroni e dei loro servi?
Non aspettiamo che qualcun altro denunci l’imbroglio. In un paese dove gli intellettuali sono tra i più servili del mondo, i lavoratori possono contare solo su se stessi.
Che le loro parate repressive e anti-proletarie sindacati e governo le facciano da soli. Noi abbiamo da piangere ben altri morti – sul lavoro, nelle piazze, nelle carceri – e da combattere ben altre battaglie.
Per discutere di tutto questo vi invitiamo ad una serata di video e dibattiti: giovedì 13 novembre 2003, alle ore 21, al Bocciodromo occupato di via Partelli a Roverto.
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