LA QUESTURA DI TRENTO CERCA DISPERATAMENTE QUALCUNO CHE SI POSSA INVENTARE (O SIA DISPOSTO AD AVALLARE LA VERSIONE DI FASCISTI E POLIZIA) DEI FATTI ACCADUTI IN S.SEVERINO PER POTER ARRESTARE GLI ANARCHICI.

È quanto sta accadendo in questi giorni nelle città di Trento e Rovereto. La polizia sta minacciando delle persone (tre di cui abbiamo notizia, ma il numero potrebbe rapidamente salire), perché si prestino a testimoniare in favore dei fascisti e contro gli anarchici al processo per la rissa di S. Severino.

Per chi non ricordasse o non sapesse cos’è accaduto, lo ripetiamo brevemente: la notte fra il 3 e il 4 ottobre 2002, a seguito di un’assemblea pubblica contro le espulsioni e contro l’omicida legge Bossi-Fini, i fascisti tesero un agguato ai partecipanti all’iniziativa. Armati di cinghie e tirapugni, i fascisti ebbero comunque la peggio, ma solo sulla strada, poiché trovarono subito comprensive braccia fra le quali consolarsi: quelle della polizia.

Questi figuri ci misero un mese e sedici interrogatori per trovare una versione unanime dei fatti, e alla fine raccontarono di essere stati aggrediti da quaranta anarchici, e che in particolare uno di loro sarebbe stato investito da un’auto. I fascisti si dicono sicuri che l’auto fosse di uno degli anarchici, ma non seppero mai riportare né il modello, né chi era alla guida, mentre “riconobbero” altre sette persone secondo loro presenti quella sera.

Così, a quasi due anni di distanza, sei anarchici vennero arrestati per quei fatti con l’accusa di concorso in lesioni gravi, scoprendo che difenersi da un agguato fascista, per il PM Paolo Storari che ordinò l’arresto, è un reato.

Non avendo prove per sostenere l’arresto (a parte le dichiarazioni dei fascisti infami), il PM pensò bene di piazzare telecamere e microfoni nascosti nelle celle degli anarchici, e raccogliere le prove dopo e non prima di arrestarli! Anche questa sporca manovra però gli andò storta, poiché non c’era nessuna verità da scoprire che già non fosse nota: i fascisti avevano tentato un’aggressione e avevano fallito.

Così, con l’acqua alla gola, le forze dell’ordine e il PM Storari, sostenuto dalla procura, non si arrendono: sono disposti a qualunque cosa pur di incarcerare i sovversivi, anche minacciare la gente comune purché qualcuno si inventi di conoscere auto e autista responsabili dell’investimento.

Quest’ennesima porcheria conferma solo il fatto che lorsignori stanno ricorrendo ad ogni mezzo per incastrare chi lotta per la propria e altrui liberazione.

Quest’indagine puzza di carogna fin da quando è partita, e chi non molla l’osso, finirà avvelenato.

anarchici

Rovereto, 15 settembre 2004

 
 

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