Alex Lemun aveva soli 17 anni, ma già da tempo lottava assieme ai suoi fratelli per il recupero del proprio territorio.

Il 7 novembre lui ed altri membri della comunità Montuti Mapu occupano il fondo Santa Alicia, recuperando in tal modo una parte del territorio mapuche in mano alla multinazionale Mininco, che lucra sullo sfruttamento del legname.

Su istanza della magistratura locale, i Carabineros si recano nella zona per intimare lo sgombero. Appena giunti iniziano a sparare all’impazzata, ferendo gravemente il giovane mapuche. In un successivo comunicato tentano di giustificarsi, dicendo d’aver reagito alla vista di persone con il volto coperto e con le pietre in mano.

Ovviamente, nel loro stile, gli sbirri lasciano Alex agonizzante. Sarà trasportato in ospedale dagli altri mapuche.

Dopo 5 giorni di coma per trauma cranico aperto da ferita d’arma da fuoco, Alex muore il 12 novembre in un ospedale della città di Temuco (Cile).

A caldo suo padre afferma: "Io continuerò a lottare per la terra. Mio figlio è un eroe nella lotta per la difesa del nostro sangue"; la madre aggiunge: "Voglio che sia fatta giustizia; ma rifiuto l’aiuto dello Stato, che lo ha ammazzato".

Spontaneamente parte un corteo di circa 150 mapuche che portano la bara di Alex per le vie di Temuco, bloccando le strade. Nello stesso momento scoppiano incidenti nella città di Concepción, con 4 arresti.

Siamo certi che questo è solo l’inizio della risposta dei mapuche all’assassinio di Alex da parte dello Stato cileno.

Questa la dichiarazione di un’organizzazione mapuche alla morte di Alex:

"Siamo convinti che il sangue sparso nella lotta per il recupero del nostro territorio ancestrale sia la dignità che emerge da questi spiriti generosi e ribelli."

Fuori le multinazionali dal territorio mapuche!

Individualità della CAMPAGNA CONTRO BENETTON

 
 

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