AVVERSI

La poesia non può ridursi ad un inoffensivo gioco di immagini e parole, se vuol davvero essere una disfatta dell’intelletto. Solo cessando di spargere ghirlande di fiori sulle catene di abitudini e compromessi che legano la nostra esistenza, i suoi autori diventano allegri sabotatori intenti a deragliare ogni senso comune. Una collana di versi contrari, nemici, ostili alle sirene del commercio come ai pifferi della propaganda.

Gherasim Luca -L'inventore dell'amore - 48 pp - € 2,50

Apparso in Romania nel 1945, è un lungo monologo pieno di humour nero, un inno vampiresco alla donna amata. Una donna assente nella realtà, che non va ricercata in uno degli stereotipi femminili che ci vengono offerti, ma va inventata attraverso vie sacrileghe, attraverso la distruzione. Negli aspetti più sconvolgenti dell’amore, perseguiti alla luce di Sade e Freud, Gherasim Luca intravede la possibilità di rovesciare ininterrottamente gli ostacoli sociali e psichici. Senza accontentarsi di scorgere nell’amore il grande perturbatore capace a volte di spezzare la noia dell’esistente, punta sull’erotizzazione senza limiti come stimolo sovversivo, sulla potenza distruttiva dell’amore scagliata contro ogni ordine stabilito. Ecco perché in un mondo in cui «tutto deve essere reinventato» — giacché nulla ci appartiene, essendo prodotto e risultato del dominio dell’economia — è necessario essere «sempre più sprezzanti, crudeli, irriconciliabili». Alle soglie del suo definitivo recupero istituzionale, uno degli ultimi fulmini lanciati dal surrealismo per sollevare la radicale questione della liberazione totale dell’individuo.

Joyce Mansour - Grida - 40 pp - € 2,50

Pubblicato mezzo secolo fa, Grida costituì l’esordio di J. Mansour e non passò inosservato. Mai fino ad allora una donna, con versi la cui violenza toglieva il respiro, aveva pubblica-mente celebrato la provocazione, la perversione più nera, il senso della dismisura carnale reso incandescente, la frenesia del desiderio amplificata, fino a un caos dove tutto geme, graffia, morde e sanguina. La sua opera si caratterizza per un’assenza di pudore che denota una sorta di rivolta, femminile e non femminista, contro il dispotismo dell’uomo, che spesso fa dell’erotismo una sua esclusiva creazione. Si potrebbe dire che avesse lo scopo di esprimere il desiderio in quanto tale, senza farlo decantare dal sentimento e dall’intelletto. Per questo motivo le sue parole sono torbide ed oscure come la feccia. Nelle sue poesie ruoli e identità si invertono, si modificano di continuo, fino ad annullarsi, a sciogliersi, a scomparire sotto l’assalto dei sensi. Ecco perché «Citare Joyce Mansour in un panorama sull’amore è citare uno dei gironi dell’inferno».

 
 

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