Nulla di nuovo sotto il sole: i "soliti anarchici" vengono arrestati e sbattuti in carcere, questa volta con l'accusa di avere procurato "lesioni personali" ad alcuni neonazisti nel corso di una rissa che risale all'ottobre di due anni fa.

Ma c'è un'evidente sproporzione tra il reato contestato e la misure adottate dalla Procura di Trento: i sei arrestati (Gigi, Lollo, Marco, Massimo, Mattia e Tibo) sono stati letteralmente sequestrati (sotto il pretesto menzognero di un generico "controllo") dalle forze dell'ordine all'alba di martedì 20 luglio. Nessuna risposta è stata fornita ai compagni che chiedevano spiegazioni. Solo nel tardo pomeriggio si è venuti a sapere che i sei desaparecidos non solo erano stati trasferiti nel carcere di Trento, ma
per cinque giorni non avrebbero potuto avere alcun contatto né tra di loro né con un avvocato, in base a norme speciali relative alla custodia cautelare utilizzate solitamente per reati di strage o associazione mafiosa.

Si tratta di provvedimenti eccezionali, il cui scopo non è certo quello dichiarato (evitare un improbabile "inquinamento delle prove"...per una rissa di quasi due anni fa!), ma un altro, inconfessabile in democrazia perché degno delle peggiori dittature: criminalizzare e terrorizzare chi si ostina a non rassegnarsi all'esistente ma ha ancora il coraggio di esprimere attivamente il proprio dissenso.

La posta in gioco di quel che sta succedendo in Trentino come nei "centri di permanenza temporanea" per stranieri dislocati in tutta Italia, ma anche in Iraq, nelle prigioni di Guantanamo, nei villaggi della Cisgiordania e ovunque nel mondo, è la sperimentazione su scala planetaria di uno stato di eccezione che, sospendendo legalmente ogni diritto, dà mano libera alla violenza sovrana della polizia. Come accadeva nel Terzo Reich idolatrato dai neonazisti.In questo senso gli arresti degli anarchici roveretani e il recente internamento (preludio all'espulsione) dei 37 profughi africani raccolti dalla nave Cap Anamur sono le due facce della medesima strategia di criminalizzazione perseguita dagli stati democratici. Questa strategia non è mirata a punire reati specifici, ma a controllare e gestire quel che ci accomuna in quanto esseri umani: le nostre facoltà di vivere, pensare, parlare e agire. Di che cosa sono colpevoli i profughi africani (e con loro i "clandestini" di tutto il mondo) se non di voler continuare a vivere cercando scampo altrove invece di rassegnarsi a subire miseria e massacri nei paesi da cui provengono? Di che cosa sono colpevoli gli anarchici se non di ostinarsi a pensare, a diffondere idee radicalmente critiche e ad agire di conseguenza? E dal momento che le idee non si arrestano, c'è bisogno di una "psicopolizia" che inventi sempre nuovi pretesti per imprigionare i sovversivi e proteggere così il corpo sociale dal contagio della rivolta.

Se chi soccorre 37 profughi alla deriva è accusato di "favoreggiamento della immigrazione clandestina"; se chi si difende dalle aggressioni squadriste di un manipolo di neonazisti xenofobi viene incarcerato per "lesioni personali"; se chi attacca le strutture materiali del capitale (come è accaduto a Genova nel luglio di tre anni fa) è processato per "devastazione e saccheggio", allora è chiaro che il diritto è un'arma nelle mani del potere e la legalità uno strumento di ricatto: o ti adegui, o finisci in carcere.

Perciò la repressione degli anarchici è un avvertimento per tutti. Perché siamo tutti ugualmente ricattabili. E, a pensarci bene, decidendo finalmente di agire, non abbiamo nulla da perdere se non la nostra ricattabilità.

FUORI I COMPAGNI DALLE GALERE! LIBERI TUTTI!

Anarchici

luglio 2004

Comunicato dal carcere

Noi sottoscritti comunichiamo che a partire da oggi, venerdì 23 luglio 2004, cominciamo uno sciopero dell'aria e della doccia per ottenere:
- la fine immediata dell'isolamento;
- la scarcerazione.
Ciò che si vuole colpire attraverso questi arresti è la nostra identità di anarchici. La difenderemo, solidali con chi lotta contro ogni forma di prigionia, ovunque nel mondo.

Carcere di Trento, 23 luglio 2004

Luigi Keller, Stefano Tiberi, Lorenzo Jorg, Massimo Passamani, Mattia Dossi, Marco Beaco.

Appuntamenti in solidarieta' con i sei anarchici roveretani detenuti a Trento

Martedì 20 luglio, ore 20.30 - Assemblea in Piazza Fiera, a Rovereto.

Mercoledì 21 luglio - Nel pomeriggio presidio non autorizzato sotto il carcere di Trento (via Pilati, 7)

Venerdì 23 luglio, ore 20.00 - A Trento (giardini di piazza Garzetti) presidio con aperitivi e musica contro gli arresti e la repressione.

Domenica 25 luglio, ore 17.00 - Incontro sotto il tendone dietro l'Auditorium Santa Chiara di Trento (in corso 3 novembre) per discutere su prossime iniziative.

Martedì 27 luglio, ore 10.00 - In occasione del pronunciamento del Tribunale della Libertà, presidio in piazza Garzetti, Trento.

L'INQUISIZIONE DEMOCRATICA

La natura e le modalità dei nostri arresti ci sembrano degni di qualche riflessione.

Come è emerso dall'udienza del riesame di martedì 27 luglio, il motivo per cui, pur in isolamento, eravamo due per cella e avevamo il televisore è fin troppo semplice: vi avevano nascosto una microspia e una microcamera. Il pubblico ministero Storari, spalleggiato persino in aula dal procuratore Dragone e dal locale capo del Ros, cercava così, maldestramente, di trovare qualche prova per tenerci in galera. Cosa vuol dire? Vuol dire che ci hanno messo in carcere al solo scopo di acquisire gli elementi per farci rimanere.

Quello di cui siamo accusati non è dunque un fatto specifico - rispetto al quale le dichiarazioni dei fascisti, oltre che false, sono pietosamente contraddittorie -, bensì la nostra individualità di anarchici. Infatti, quella del P.M. era una requisitoria tipica dei processi per "associazione sovversiva": note di polizia, materiale di propaganda sequestrato, precedenti condanne, riunioni, ecc. Si trattava di creare una certa immagine per ottenere questo effetto: "Non sappiamo bene cosa abbiano fatto questi
anarchici, però sono pericolosi".

Tuttavia lo Stato non ci chiude in galera perché siamo anarchici - come sarebbe in fondo più "onesto", o almeno più chiaro. Ci incarcera per un fatto di cui non ha le prove, e utilizza il nostro essere anarchici come conferma della nostra pericolosità. In senso stretto, una situazione orwelliana: il Grande Fratello spia come reagiamo alla notizia di un carabiniere ucciso (nessuno di noi ha pianto, lo ammettiamo) cercando di dimostrare così che abbiamo pestato dei fascisti due anni fa. Non male.

Aggiungiamo un altro elemento, odioso ma non sorprendente: dalle loro deposizioni emerge chiaramente che i fascisti, falsi e infami, sono stati istruiti dalla Digos e dal Ros. Nonostante tutto ciò la manovra fa acqua da tutte le parti. In un esempio sopraffino di logica gesuitica, il P.M. spiega che la contraddittorietà delle deposizioni non fa altro che confermare la loro autenticità (già sentita questa, da un certo giudice Marini.).

Rendendosi conto, poi, che le intercettazione non gli servono a niente, nuova virata: gli arrestati sono talmente pericolosi che non si fidano mai a parlare, oppure scrivono sui bigliettini. I repressori non sanno che pesci pigliare. Occorrono aggiustamenti. La stessa sentenza con cui il tribunale del riesame ci ha scarcerato cerca di avallare - con grossolane contraddizioni - il quadro accusatorio basato sulla parola di fascisti e Ros.

Insomma, il clima è decisamente inquisitoriale, come confermano i continui arresti di anarchici e rivoluzionari in tutta Italia. Comunque, attraverso la figuraccia di P.M. e soci, e attraverso la costante solidarietà di compagni e amici, ne usciamo più forti. Perché la nostra forza è di tutt'altra natura, non si può sequestrare né spiare con le telecamere.

gli arrestati

 
 

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