Da qualche tempo, riguardo all’opposizione popolare al progetto di Alta Velocità in Val Susa, il teatrino politico di tutte le parti ha tirato fuori la carta della “necessità dello sviluppo2. Le orecchie dei fedeli spettatori-consumatori sono ormai abituate a sentir blaterale di quanto sarebbe mostruoso esser tagliati fuori dall’Europa, della necessità di collegamenti più rapidi, della possibilità di unire le genti attraverso la tecnologia. Ebbene, questa volta proprio non serve la lente per vederci chiaro.

Lo sviluppo imposto dal governo e propagandato dai media consiste, in realtà, nella costruzione di infrastrutture utili al grande mercato il cui costante e progressivo ampliamento è l’unico interesse di chi comanda; la propaganda, che è sempre fida ancella del potere, parla di benefici per tutti ma, anche qua senza la lente, si vede bene che il beneficio si conclude, al massimo, in qualche posto di lavoro, a fronte di una paurosa devastazione ambientale e all’impoverimento generale degli abitanti.

La linea TAV non unirà le genti ma le sole elitès, siccome solo quelle potranno permettersi un biglietto sul TAV; gli altri saliranno sui treni espressi affidandosi alla buona sorte. E cosa dire di ministri e presidenti che nonostante l’evidente e argomentata contrarietà dei valligiani vanno avanti facendo orecchie da mercante? Mercanti, appunto sono. Decidono di sorti che non appartengono loro e pretendono il rispetto e la riverenza. Allo stesso identico sviluppo tende il progetto del ponte sullo stretto di Messina, quello del Corridoio 8 nel Salento, lo sviluppo che l’Ilva ha già portato a Taranto e l’Enichem a Marghera… e la lista potrebbe continuare a lungo.

Si impone un ragionamento discernitore diverso e opposto al semplice parteggiare per l’una o l’altra fazione in campo, che parta dal presupposto inoppugnabile che il soggetto in gioco è la nostra esistenza in questo presente già logoro perché piegato alle esigenze della “modernità”. E’ urgente chiedersi da che parte stiamo andando, a chi e perché stiamo vendendo l’aria, la terra, il mare. Se anche i proventi di questo fantomatico sviluppo entrassero nelle tasche della gente tutta, non sarebbe comunque insensato e folle distruggere tutto ciò che abbiamo intorno per la sete di denaro (o, peggio, per la necessità di lavoro)? Di questo passo verrà presto fuori l’urgenza del nucleare per lo sviluppo, perché in Europa tutti usano il nucleare… e poi cosa ci toccherà subire?

Qui non è in questione l’essere retrogradi o progressisti, la questione è chiedersi perché questi progetti vanno sempre e solo in una direzione? Una direzione che è sempre connotata dalla forzatura, e dalla costrizione dell’ecosistema (donne e uomini ovviamente compresi) e tende verso la creazione di profitto in termini economici.

Le risorse ambientali non possono essere preda di sciacalli assetati di “sviluppo”, la terra appartiene a chi la abita, non certo all’economia di mercato. Non possono esistere gestori dell’ambiente, delegati a decidere per tutti gli altri, è necessità di tutti capire ed opporsi a queste assurdità.

L’autorganizzazione, l’autodifesa e la solidarietà sono le sole armi contro questi ingordi sciacalli.

...Quel che rimane della campagna, da cui è stato astratto tutto ciò che non si identifica economicamente e dove non restano che bistecche a quattro zampe, ettari di prati bonificati, e quote di mammelle, non merita più che di essere attraversato a gran velocità…

...Per la sola ragione del viaggio, viaggiare…**

E’ l’8 di dicembre del 2005, e siamo veramente tantissimi a voler riconquistare quello che con la brutalità poliziesca è stato strappato ai valsusini.
Dalla notte del blitz delle forze dell’ordine contro i presidianti di Venaus, altre azioni del movimento contro il TAV hanno marcato le giornate; ancora strade e altri treni sono stati bloccati, manifestazioni un po’ dappertutto hanno dimostrato che la Valsusa non è sola in questa lotta.

 
 

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