E’ sempre più chiaro se ce ne fosse bisogno… La repressione non si abbatte solo su chi se la va a cercare, non solo sugli anarchici o sui “cattivi”. Da anarchici infatti non parliamo di repressione solo ora che i nostri compagni sono “custoditi” nelle patrie galere, abbiamo parlato di repressione quando il controllo sbirresco in città si faceva più soffocante, quando centinaia di migranti venivano rinchiusi nel Regina Pacis, quando la possibilità della costruzione di un inceneritore è venuta a bussare alle nostre porte, promettendoci di sottrarci l’aria.

Oggi non abbiamo ragione di essere più allarmati di ieri, forse più arrabbiati per ciò che stanno subendo i nostri compagni, ora dopo ora, ma sappiamo qual’è il senso del carcere, qual’è la sua funzione; sappiamo il perché della sua impenetrabilità sia materiale che cognitiva. Sappiamo che il carcere è un tentativo di isolare i “cattivi della società”, di punire i dissenzienti e di intimorire quelli ancora liberi. Sappiamo che esisterà carcere finchè esisterà il dominio del denaro, anzi più questo dominio si estende , più la carcerazione diventa un fatto sociale, ed è proprio qui che viene il bello, è proprio ora che non basta più fare i bravi per non essere puniti. La repressione ora penetra più a fondo, chi non è sfruttato è sfruttatore, chi non è carceriere è carcerato.

C’è aria di recessione per i soliti, studenti, pensionati, dipendenti e operai sono tutti un po’ arrabbiati; il paese dei balocchi in cui si credeva di vivere ora presenta il conto e di fronte alla terribile possibilità che i “contribuenti”, possano perdere la pazienza e prendere l’iniziativa, il padrone rincara loro la dose di zuccherini e ottimismo a buon mercato… E’ infatti indispensabile che gli asini continuino a far girare la macchina dell’economia, ed è urgente tappare la bocca a chi si ribella. A cosa serve infatti, la tanta propaganda filo-tecnologica se non creare un’illusione di progresso, se non a far affezionare la gente ad oggettini luccicanti, a giocattoli costosi e inutili da pagare a comode rate? A cosa serve questo “mito del telefonino” se non a calamitare l’attenzione di inebetiti branchi di giovani dietro l’ultima suoneria, per evitare che possano alzare lo sguardo verso il fosco orizzonte del loro stesso futuro prossimo? Questa , chiamatela come vi pare, ma è repressione. Repressione della spontaneità creativa, dell’autocoscienza, dell’iniziativa individuale e collettiva. Il gas narcotizzante di un benessere sempre più grottescamente fasullo pervade vie e vicoli delle nostre città, ma sappiamo che non ci incontrerà già cadaveri; ogni attacco del resto, incontra sempre una difesa, ogni tentativo di abbattimento incontrerà una resistenza.

Come anarchici non scendiamo in piazza per denunciare le ingiustizie né per creare scandali mediatici, ma siamo in piazza e in strada perché soffriamo il chiuso dei “covi” come dei “salotti”. La strada è il nostro luogo più congeniale, solo qui troviamo il gusto della complicità, della collaborazione e dello scambio con altri come noi, ma anche diversi da noi.

Sappiamo che lo Stato e i suoi servitori vogliono isolarci da questo contesto sociale facendoci passare per sparuti sovversivi, per militanti di qualche ordine gerarchizzato, per pericolosi cospiratori. La loro aberrante logica ci vuole così. Invece gli anarchici non si nascondono, e questa è la loro pericolosità; parlano, si muovono, dichiarano senza pudore il loro gusto per la libertà…di tutti. Ci auguriamo in questi termini, di essere sempre più pericolosi, anzi ci auguriamo che pericolosa lo possa essere tutta la gente che si sente sfruttata, esausta, calpestata, non più plaudente e fiduciosa, ma arrabbiata e stanca di subire; non più divisa in litigi di quartiere , non più delegante a battibecchi di partito, ma unita contro coloro che per ingrassare i loro banchetti sottraggono ogni risorsa a chi per vivere è costretto a lavorare. Il carcere e la repressione non possono spegnere il nostro amore per la libertà, la solidarietà è un’arma!

 
 

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