Progetti di più facile e più veloce sterminio; trasmissione dati alla velocità della luce; micro-robot grandi quanto atomi che portano farmaci direttamente alle cellule; armi di distruzione di massa che si auto-replicano, come fanno i virus e le cellule cancerose, oltre ad armi convenzionali più distruttive prodotte ad un costo ridotto; robot nanomeccanici che, se lasciati liberi di autoreplicarsi, possono consumare l’intero pianeta nella loro ricerca di materie prime e cancellare le forme di vita naturali per accaparrarsi l’energia disponibile; possibilità di controllare la mente umana attraverso la manipolazione dei geni e dei neuroni; microscopici robot capaci di cambiare la propria forma e proprietà per formare oggetti macroscopici diversi (applicazione denominata utility fog). In altre parole: progetti di morte e di repressione, studiati nei laboratori di nanotecnologie, ai quali collaborano Università e alcune multinazionali che si occupano di sviluppo di alte tecnologie, microelettroniche e nanotecnologiche, nei settori dell’aeronautica, dell’industria automobilistica, delle telecomunicazioni e della ricerca militare.

Esistono in Italia sei laboratori di nanotecnologie che collaborano sinergicamente al progetto di sviluppo di nanodispositivi biomolecolari, il cui coordinatore scientifico è Roberto Cingolani, dell’Istituto Nazionale di Fisica della Materia e direttore del Laboratorio Nazionale di Nanotecnologia – UDR di Lecce:

1. INFM (Istituto Nazionale di Fisica della Materia) – UDR di Parma;

2. INFM – unità di Modena;

3. Scuola Normale Superiore di Pisa – Dip. Classe di Scienze;

4. CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) – ISM Bologna;

5. Consorzio OPTEL – sede di Brindisi;

6. Laboratorio di Nanotecnologia di Lecce, diretto dal sopracitato Roberto Cingolani.

Cingolani è anche coordinatore europeo di due progetti comunitari nell’area delle nanotecnologie: del Quinto programma quadro per le azioni “Research and technology development”(Sviluppo della Ricerca e della Tecnologia), e “Future Emergine technology” (Emergente Futuro della tecnologia), e membro della Commissione Europea per il “Sesto programma quadro per la priorità anotecnologica, nuovi materiali e nuovi sistemi produttivi”.

Il laboratorio di Lecce è secondo all’Istituto Mit di Boston e al “Weizmann Institute” di Israele; consta di 170 ricercatori, 15 brevetti e progetti per 65 milioni di euro, e delle multinazionali ST-Microelectronics, Agilent Technologies, TechInt, Alenia Marconi, quali suoi partnership.

Dopo aver militarizzato le coste salentine, si vuole rendere la terra d’Otranto base di sperimentazioni delle nuove tecnologie. Lecce è, infatti, spesso luogo di incontro tra scienziati, aziende che investono nelle nuove tecnologie, istituzioni politiche e Università, oltre che salotto per elargire premi agli inventori di nuovi progetti orientati verso la nanotecnologia, come è accaduto nel febbraio 2006, in occasione della conferenza dell’AISEM (Associazione Italiana Sensori E Microsistemi), che ha premiato una ricercatrice leccese ed un bolognese, per due importanti progetti, applicati al campo alimentare ed al controllo della qualità dell’aria.

Nel settembre 2003 si è tenuta a Lecce l’ottava conferenza internazionale dell’OECS (Stimolazioni Ottiche in Sistemi Ristretti), sponsorizzata dalla Regione Puglia e dalla Camera di Commercio di Lecce, che ha visto la partecipazione di scienziati di tutto il mondo impegnati nell’area delle nanostrutture. Alcune multinazionali operanti nel settore delle nanotecnologie, hanno già aperto delle loro sedi nel Salento e altre se ne vogliono aprire.

Nel gennaio 2006 si è svolto un convegno a Sannicola (LE), dove il direttore scientifico della ACOM (Advanced Center Oncology spa) di Macerata, Gianluca Valentini, e l’amministratore delegato dell’azienda romana “Mediatica”, Grilli, che si occupa di gestione di sistemi e sicurezza informatica, hanno presentato i loro progetti in presenza di alcuni rappresentanti della Regione Puglia e della Provincia di Lecce, del progettista del Pit 9 Umberto Vitali, del presidente dell’ARTI Puglia (Agenzia Regionale Ricerca e Trasferimento Tecnologico), Luigi Nicolais, e dei responsabili aziendali delle multinazionali ST-Microelectronics, e Union Ky. Valentini ha descritto il progetto di produzione di “radio-farmaci”, medicinali capaci di interagire direttamente con il sistema biologico (nella loro struttura è inserito un atomo di un nuclide radioattivo). Grilli ha spiegato il perché della scelta di investire nel Salento, dove “Mediatica” ha già una sede (a San Cassiano), citando le succulenti agevolazioni concesse dalle leggi di finanziamento, la disponibilità di risorse umane e delle istituzioni locali, oltre che per l’ambiente tranquillo che permette di svolgere l’attività “senza pressioni da parte di criminali”.

Già in precedenza la Regione Puglia, aveva presentato un altro progetto a cui ha destinato ingenti risorse: il “Distretto Tecnologico Hi-Tech”, costituito nel dicembre 2005 e contenuto nell’accordo di programma regionale 2007 – 2013 sulla ricerca scientifica, firmato tra la Regione Puglia e il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, il cui obiettivo è attrarre nuovi investimenti, specie di grandi imprese, per far nascere nuove aziende nei settori dell’alta tecnologia. Alla presentazione del progetto erano presenti il Rettore dell’Università di Lecce, e il presidente del Distretto Tecnologico, Aldo Romano. Del Distretto fanno già parte imprese quali Avio e ST-Microelectronics, le quali, in Puglia, intendono avviare proprie strutture nei settori dell’aeronautica, della micro-elettronica e della nanotecnologia.

Gli stessi scienziati temono che non sia possibile un controllo dell’uomo sull’auto-replicazione dei nanorobot e prospettano la possibilità di mutazioni che rimuovano ogni controllo e che favoriscano lo sviluppo di trasformazioni patogenetiche. Che sia o meno controllata la ricerca nanotecnologica, poco importa se questa viene commissionata per scopi repressivi e militaristici. Che si creino robot-farmaci in grado di curare persino un cancro, importa ancora meno se la possibilità è quella che la storia del progresso, in nome del profitto, ottenuto con il brutale sfruttamento delle risorse naturali, da anni, anzi da secoli, evidenzia, e cioè che il progresso ha sempre portato nuove malattie e nuove forme di distruzione del pianeta e dell’uomo. La prospettiva dell’era nanotecnologica è una vita artificiale dove persino il cibo viene prodotto dai nanorobot e dove gli uomini sembrano usciti da un film di fantascienza. Spesso gli uomini hanno immaginato, anche nella rappresentazione di film, o semplicemente nelle loro fantasie, la venuta di alieni dallo spazio che invadono il nostro pianeta, per rubare le nostre risorse naturali o sterminare il genere umano (ma per gli stermini, non c’è bisogno che vengano gli alieni, gli uomini ci pensano già per conto loro, e le nuove armi inventate nei laboratori di nanotecnologie non faranno altro che ridurre tempo e costi per le nuove forme di distruzione).

Io, invece, immagino degli alieni che stanno a guardare divertiti l’idiozia e la scelleratezza degli esseri umani.

 
 

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