Il 20 aprile presso il tribunale di Rovereto

…verrò processato per “rapina aggravata” e “violenza privata”. Un pomeriggio del novembre scorso fummo rapinati di un’esperienza di autogestione aperta a tutta la città. Questo grazie alla violenza dello Stato e dei suoi soldatini. Una rapina aggravata dalla costante collaborazione di giornalisti e fotografi. L’arrogante provocazione di uno di loro, Fiorini Fulvio, fotografo servo del quotidiano

Il Trentino, servì da pretesto al noto questore del G8 Colucci e al suo collega D’Agostino per tracciare una lunga scia di repressione: sgomberi, arresti, fogli di via, diffide; tutto ciò accompagnato dall'ennesimo linciaggio mediatico da parte dei quotidiani locali.

È chiaro che le accuse che oggi mi muovono (rapina e violenza per aver allontanato un fotografo arrogante, furto aggravato per aver consumato un euro e cinquanta di energia elettrica) sono ridicole, ed è evidente che le condanne richieste (sei mesi per furto e vari anni per rapina) sono condanne esemplari per mettere a tacere “la situazione roveretana”, come la definiscono.

Ma la questione reale è ben altra: attraverso la repressione si difendono dovunque i privilegi dei ricchi e si rinforza un sistema basato sulla sottomissione e sull’ubbidienza. Tutelare ciò che chiamano Ordine, Benessere, Pace e che invece è solo la legge distruttiva dell’economia.

Una legge che fa i suoi morti tutti i giorni, tra la complicità e l’indifferenza generali, e che diffonde l’illusione che accumulare soldi sia la risposta a tutti i problemi. Una legge di cui i giornalisti sono servi zelanti, e per questo non graditi da chi, come me, è teso alla conquista di rapporti veri e diretti, lontani dalla distorsione mediatica. Per questo trovo giusto il fatto di non collaborare con i mass media e di tenere alla larga i loro avvoltoi.

Oggi mi convocheranno di fronte ad un tribunale per venirmi a dire che sono colpevole, di fronte ad una istituzione che non riconosco e ad un sistema che disprezzo. Non riconoscendo l’istituzione giudiziaria, è chiaro che non do nessun valore al patteggiamento, che vedo come uno strumento che sono costretto ad adottare; visto che è "inevitabile" difendermi (anche) con gli stessi mezzi con cui vengo colpito.

La giustizia, io continuerò a cercarla da un’altra parte, in tutte le esperienze di autogestione, nelle rivolte dal basso, nella riconquista dei propri spazi e della propria dignità, nella costruzione di un mondo libero.

Bogu